Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15177 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 15177 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Lazzarini Alain, nato in Belfort (Francia) il 16/10/1961
avverso la sentenza del 26/06/2013 della Corte di appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Angelo
Di Popolo, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente
all’applicazione dell’indulto;
udito per l’imputato l’avv. Marcello Melandri che ha concluso per l’accoglimento
di ricorso;

Data Udienza: 06/02/2014

RITENUTO IN FATTO
t

1. La Corte di appello di Genova, con sentenza emessa in data 26 giugno
2013, confermava la decisione resa dal Tribunale della medesima città con la
quale Alain Lazzarini veniva condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di
mesi otto di reclusione per il reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 10 del d.lgs.
10 marzo 2000 n. 74 perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso, nella sua qualità di titolare della ditta individuale denominata

di cui è obbligatoria la conservazione (almeno una fattura, la n. 5 del 1999;
cinque fatture rispettivamente n. 69,70, 75, 80 e 83 del 2001; dodici fatture
rispettivamente n. 98, 99, 100, 101, 102, 103, 114, 115, 117, 118, 127 del
2002) in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di
affari.
Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale osservava come, al fine
di valutare la rilevanza dei documenti occultati, non fosse significativo il numero
delle fatture, ma il valore economico delle stesse, con la conseguenza che era
emerso come il totale imponibile incorporato in esse fosse di C 185.653,00
(calcolato per difetto), quasi per intero riferibile all’anno 2002 (14 fatture),
risultando così evidente che la carenza di tale documentazione rendeva
impossibile ricostruire il volume degli affari e neppure per approssimazione,
soprattutto per il 2002, a nulla rilevando che, a seguito dei controlli incrociati
(attraverso le dichiarazioni rese dai vari condomìni committenti), l’organo
accertatore fosse riuscito ad evidenziare le operazioni economiche.
Dal punto di vista soggettivo poi la scelta dell’imputato di non affidarsi ad un
professionista, pur essendo consapevole della propria incapacità a gestire
correttamente gli adempimenti fiscali e contabili, accompagnata alla scelta di
rendesi evasore totale per lunghi anni, non valeva certo ad escludere il dolo della
condotta, dovendosi, piuttosto, ritenere tale decisione funzionale alla
programmata evasione totale delle imposte dirette e indirette.
L’occultamento infine delle fatture più redditizie e peraltro relative allo
stesso oggetto (lavori commissionati da amministrazioni condominiali) rendeva
maggiormente integrato il dolo del reato contestato, la cui consumazione,
essendo perdurata oltre il maggio 2006, rendeva inapplicabile l’indulto.

2. Per l’annullamento della sentenza ricorre per cassazione Alain Lazzarini, a
mezzo del proprio difensore, affidando il gravame ai seguenti quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamenta la mancanza di motivazione risultante
dal testo del provvedimento impugnato in relazione alla sussistenza
dell’elemento oggettivo del reato, in particolare il ricorrente si duole del difetto di

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Edilcasa, al fine di evadere le imposte sui redditi e l’I.V.A., occultava documenti

argomentazione circa la rilevanza della condotta collaborativa prestata e che
avrebbe consentito di ricostruire il volume d’affari.
2.2. Con il secondo motivo di gravame, si lamenta la manifesta illogicità
della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato in relazione
alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, con particolare riferimento
all’idoneità del presunto occultamento a non consentire la ricostruzione dei
redditi o del volume d’affari.
2.3. Con il terzo motivo di gravame si lamenta la manifesta contraddittorietà

Guardia di Finanza e prodotti in primo grado, in particolare con riferimento alla
sussistenza dell’elemento soggettivo del reato nelle sue due componenti di dolo
(generico) di occultamento e dolo (specifico) di evasione delle imposte.
2.4. Con il quarto motivo di gravame si lamenta l’erronea applicazione della
legge penale e la manifesta contraddittorietà della motivazione risultante dal
testo del verbale dell’udienza del 24 maggio 2012, in particolare con riferimento
al “tempus commissi delicti” ed alla conseguente applicabilità del beneficio
dell’indulto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato in accoglimento del quarto motivo di gravame,
conseguendo da ciò statuizioni più favorevoli rispetto a quelle pronosticate con il
motivo di ricorso e che devono essere rilevate di ufficio dalla Corte di cassazione
per effetto della maturazione di una causa estintiva del reato.

2. Il primo motivo è infondato.
Questa Sezione ha chiarito che, in tema di reati tributari, l’impossibilità di
ricostruire il reddito od il volume d’affari derivante dalla distruzione o
dall’occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso
assoluto e sussiste anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso
terzi della documentazione mancante (Sez. 3, 18/07/2012, n. 36624, Rv.
253365).
Nel caso di specie, è incontroverso che l’organo accertatore abbia acquisito
la documentazione presso diverse amministrazioni condominiali, con la
conseguenza che l’attività collaborativa dell’interessato, se valutabile come
comportamento post delictum ai sensi dell’art. 133 cod. pen., non è idoneo a
determinare l’inoffensività della condotta.

3. Anche il secondo motivo è infondato, risolvendosi la censura in una
doglianza di mero fatto e pertanto insuscettibile di radicare il sindacato di

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della motivazione risultante dal testo degli “Elenchi Fatture Attive” redatti dalla

legittimità restando inammissibili, nel giudizio di cassazione, le censure che siano
nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato
probatorio.
La Corte territoriale, con logica ed adeguata motivazione, ha infatti ritenuto
che la documentazione fiscale occultata dal ricorrente comportasse una oggettiva
difficoltà a consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari con
particolare riferimento all’anno 2002.

la sussistenza del dolo sul fondamentale rilievo, non scalfito dalla sollevata
doglianza,

che l’attività di occultamento aveva consentito al ricorrente di

rendersi evasore totale per lunghi anni sicché, essendo incontroverso l’esercizio
di attività professionale produttiva di reddito e del conseguente volume d’affari,
l’accertamento del dolo è stato correttamente desunto sulla base di una
direzione della volontà diretta alla programmata evasione totale delle imposte
dirette ed indirette.

4. E’ fondato invece il quarto motivo di gravame con riferimento al tempo
del commesso reato.
La Corte territoriale ha ritenuto cessata la permanenza del delitto contestato
alla data di 9 maggio 2006, allorquando si è conclusa la verifica fiscale.
La giurisprudenza di questa Corte è nel senso che la condotta del reato di
cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000 consiste nella distruzione o nell’occultamento
delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in
modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari. A
differenza della distruzione, che realizza un’ipotesi di reato istantaneo, il quale si
consuma al momento della soppressione della documentazione, l’occultamento che consiste nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione
da parte degli organi verificatori – costituisce un reato permanente che si
consuma nel momento dell’ispezione, e cioè nel momento in cui gli agenti
chiedono di esaminare detta documentazione (Sez. 3, 07/03/2006, n. 13716,
Cesarini, Rv. 23423), perché è da questo momento, ossia nel momento in cui
non si adempie l’obbligo di esibirla o di allegarla alla dichiarazione, che cessa la
situazione antigiuridica (anche formale) che si è protratta nel tempo in virtù della
condotta dell’autore del reato ed è da questo momento che decorre pertanto il
“dies a quo” per il computo del termine di prescrizione.
Nel caso di specie, l’attività ispettiva ha avuto inizio in data 16 febbraio
2006 allorquando il ricorrente, su richiesta dell’organo accertatore, fu richiesto di
esibire la documentazione, in parte fornendola.

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3. Il terzo motivo è parimenti infondato, avendo la Corte territoriale ritenuto

Ne deriva che, computati gli eventi sospensivi (mesi tre e giorni quindici), la
prescrizione massima è maturata in data 1 dicembre 2013 sicché, in presenza di
un rapporto processuale regolarmente instaurato, deve essere rilevata di ufficio
una causa estintiva del reato, dalla cui declaratoria consegue all’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata, essendo il reato estinto per intervenuta
prescrizione.

Annulla senza rinvio la impugnata sentenza perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso il 6/02/2014

P.Q.M.

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