Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15171 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 15171 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

Data Udienza: 08/01/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
Da Campo Salvatore, nato il 18 luglio 1962
Da Campo Maria Teresa, nata l’il gennaio 1960
avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina del 27 febbraio 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Nicola
Lettieri, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

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RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 27 febbraio 2013, la Corte d’appello di Messina ha
• confermato la sentenza del Tribunale di Messina – sezione distaccata di Taormina, con
la quale: gli imputati Da Campo Salvatore e Da Campo Maria Teresa erano stati
condannati per il reato di cui agli artt. 110, 56, 500 – qualificato dalla stessa Corte
d’appello ai sensi del primo comma – cod. pen., perché, in concorso tra loro, nella
qualità di responsabili di un allevamento, detenendo in condizione di promiscuità

pascolo tali capi in condizioni di promiscuità, compivano atti idonei e diretti in modo
non equivoco a cagionare la diffusione di malattie degli animali (brucellosi), pericolose
per il patrimonio zootecnico nazionale, con evento non verificatosi per cause
indipendenti dalla volontà degli agenti (capo C); il solo Da Campo Salvatore anche per
il reato di cui agli artt. 40 e 335 cod. pen., perché, per colpa consistita nell’omettere
la sorveglianza sul proprio allevamento, sottraeva al sequestro sanitario disposto
dall’autorità amministrativa un capo ovino, che era rinvenuto presso un altro
allevamento (capo D dell’imputazione).
2. – Avverso la sentenza gli imputati hanno proposto, tramite il difensore, un
unico ricorso per cassazione, deducendo, in primo luogo, l’erronea applicazione della
disposizione incriminatrice e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, sul rilievo che non si sarebbe considerato che Da Campo Maria Teresa
non aveva mai ricevuto copia dell’ordinanza sindacale n. 24 del 28 novembre 2006,
notificata al solo Da Campo Salvatore. La Corte distrettuale avrebbe sul punto
affermato che la Da Campo aveva avuto conoscenza di detta ordinanza in
conseguenza del fatto di essere la sorella del destinatario della notificazione. Si
lamenta, altresì, che la Corte d’appello avrebbe ritenuto sussistente l’ipotesi dolosa di
cui all’art. 500, primo comma, cod. pen. e non l’ipotesi colposa che – secondo la
difesa – sarebbe stata originariamente configurata.
Con un secondo motivo di doglianza, riferito al capo D), la difesa lamenta che la
Corte d’appello non avrebbe preso in considerazione il rilievo secondo cui non vi era
prova del fatto che l’ovino oggetto dell’imputazione si trovasse nell’allevamento
limitrofo di proprietà di altro soggetto al momento del sequestro sanitario del 7 e 9
febbraio 2007; e ciò perché al momento del sopralluogo non erano stati controllati
tutti gli animali presenti, ma erano stati eseguiti sono dei test a campione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è infondato.

animali sani e animali infetti e provenienti da altri allevamenti limitrofi, avviando al

3.1. – Il primo motivo di doglianza – con cui si lamenta, in sostanza, che Da
Campo Maria Teresa non avrebbe ricevuto la notificazione dell’ordinanza di sequestro
emessa dal sindaco il 28 novembre 2006 contenente l’ordine di tenere separati i capi
sani da quelli infetti da brucellosi – è infondato.
Risulta pacificamente dagli atti e dalla stessa imputazione che i due imputati
erano i responsabili di uno stesso allevamento, con la conseguenza che, al fine di
metterli a conoscenza dell’ordinanza sindacale, era sufficiente un’unica notificazione

notificazione – come correttamente ritenuto dalla Corte d’appello – aveva dunque
fatto nascere in capo ad entrambi i rappresentanti legali dell’allevamento l’obbligo di
rispettarlo. Né, del resto, l’imputata Da Campo Maria Teresa ha contestato di essere la
legale rappresentante dell’allevamento unitamente con il fratello. Quanto al
riferimento fatto dalla Corte d’appello allo stretto rapporto di parentela fra gli imputati
al fine di ritenere conosciuta anche da Da Campo Maria Teresa l’ordinanza sindacale in
questione, questo non riveste rilievo decisivo nell’ambito della motivazione, perché la
sussistenza dell’obbligo di adempiere al provvedimento in capo a Da Campo Maria
Teresa deriva, come appena visto, direttamente dalla sua posizione di legale
rappresentante.
In relazione, poi, al rilievo difensivo secondo cui la Corte d’appello avrebbe
illegittimamente riqualificato la fattispecie colposa di cui all’art. 500, secondo comma,
cod. pen., ritenuta dal giudice di primo grado, in quella dolosa di cui al primo comma
dello stesso articolo, deve rilevarsi che la sentenza impugnata reca una motivazione
pienamente sufficiente e logicamente coerente, laddove evidenzia che gli imputati,
spostando illecitamente i propri animali infetti e consentendo la loro confusione con
altri capi sani, hanno accettato il rischio del propagarsi dell’epidemia, cofigurandosi
così un’ipotesi di dolo eventuale. L’ipotesi ritenuta in sentenza coincide, del resto, con
quella di cui all’imputazione, nella quale si contesta il tentativo proprio in riferimento
alla fattispecie dolosa e rispetto alla quale gli imputati hanno fin dall’inizio potuto
esercitare pienamente il diritto di difesa.
3.2. – Inammissibile, per genericità, è il secondo motivo di doglianza, perché
con esso non si contesta l’assunto fatto proprio dalla Corte d’appello secondo cui
l’imputato aveva con sé un ovino al momento degli accertamenti e dei sequestri
eseguiti per il 7 e il 9 febbraio 2007; ovino che, in violazione dell’obbligo di custodia
incombente sull’imputato era stato poi ritrovato, in data 27 febbraio 2007, presso un
altro allevamento. La difesa si limita, infatti, ad asserire non vi era prova del fatto che

presso la comune impresa, effettuata nel caso di specie a Da Campo Salvatore. Tale

l’ovino oggetto dell’imputazione si trovasse nell’allevamento limitrofo di proprietà di
altro soggetto al momento del sequestro sanitario del 7 e 9 febbraio 2007; circostanza
già esclusa dalla sentenza impugnata e comunque irrilevante.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2014.

processuali.

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