Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15166 del 15/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15166 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze nel processo nei confronti di
Martinez Concettina, nata a Messina il 12/12/1973 e Profenna Anna, nata a Rimini il
07/05/1968,
avverso la sentenza del 12/10/2011 del Giudice di pace di Firenze

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Giuseppe
Corasaniti, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata il Giudice di pace di Firenze dichiarava non doversi procedere nei
confronti di Martinez Concettina e Profenna Anna in relazione al reato di cui agli artt. 110, 582
cod. pen. – per aver cagionato, in concorso tra loro, con pugni, schiaffi e calci, lesioni personali

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Data Udienza: 15/02/2016

dichiarate guaribili in gg. 4 a Tartagli Monica; in Firenze, il 19/11/2009 – per difetto della
condizione di procedibilità.
2. Con ricorso del 28/06/2013 il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze
ricorre ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen., per violazione di legge, in relazione agli artt. 120 e
segg., cod. pen., 336 e segg., 129 cod. proc. pen., in quanto il problema circa la verifica della
manifestazione della volontà di procedere può porsi in tutti i casi in cui l’atto non venga
espressamente qualificato come querela, cosa che, nel caso di specie, non si era verificata, in

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non appare fondato e va, pertanto, rigettato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 5, sentenza n. 1710 del 05/12/2013, Rv.
258682), ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di punizione è
univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto depositato dalla persona offesa
come denuncia – querela, in quanto assume rilievo decisivo il significato tecnico
dell’espressione adoperata.

Detto principio è pacificamente ispirato al favor querelae più volte ribadito da questa Corte;
esso, tuttavia, è stato affermato e ribadito nei casi in cui ci si trovi in presenza di un atto
proveniente direttamente dalla parte, ossia confezionato dalla parte stessa, o da un difensore,
e sottoscritto dal querelante.

Nel diverso caso in cui l’atto venga redatto dalla polizia giudiziaria che raccoglie le dichiarazioni
della parte, la volontà della persona offesa deve essere esplicita, ancorché non ritualizzata in
forme sacramentali, ovvero desumibile da espressioni interpretabili quali manifestazioni di
volontà di perseguire l’autore del fatto.

In tal senso, ad esempio, è stato affermato che la dichiarazione con la quale la persona offesa,
all’atto della denuncia, si costituisce o si riserva di costituirsi parte civile, deve essere
qualificata come valida manifestazione del diritto di querela (Sez. 5, sentenza n. 15691 del
06/12/2013, Rv. 260557); analogamente la sollecitazione rivolta all’Autorità Giudiziaria di
“voler prendere provvedimenti al più presto”, contenuta nella integrazione ad una precedente
denuncia, costituisce manifestazione di volontà diretta a richiedere la punizione dell’autore del
reato e conferisce all’atto valore di querela (Sez. 5, sentenza n. 6333 del 18/10/2013, Rv.
258876).
2

quanto l’atto di polizia giudiziaria era qualificato come querela.

Deve quindi ritenersi che il favor querelae, nel caso di atti redatti dalla polizia giudiziaria, pur
non venendo meno, richieda comunque una manifestazione di volontà proveniente dalla
persona offesa, che deve essere riportata da colui che redige l’atto senza alcuna autonoma
interpretazione, pur non richiedendo forme particolari, potendo comunque essere riconosciuta
dal giudice; quindi anche manifestazioni non esplicite, in situazioni di incertezza, devono
comunque essere interpretati alla luce del predetto favor querelae, ma occorre, tuttavia, che ci
si trovi in presenza di una manifestazione lessicale proveniente inequivocabilmente dalla parte.

dagli stessi come querela, ma del tutto privo di ogni manifestazione di volontà della parte, che
non ha, in alcuna locuzione rinvenibile dall’atto sottoscritto, palesato la propria volontà
punitiva, neanche con espressioni di dubbia interpretazione, né ha posto in essere fatti in tal
senso concludenti.
Deve quindi ritenersi che, indipendentemente dalla qualifica assegnata alla dichiarazione orale
dalla polizia giudiziaria che la ha ricevuta, l’intenzione di voler perseguire l’autore dei fatti ivi
denunciati deve emergere chiaramente dalla dichiarazione stessa ovvero da altri fatti
dimostrativi del medesimo intento (Sez. 3, sentenza n. 10254 del 12/02/2014, Rv. 258384).

Nel caso in esame ciò non risulta essersi verificato, non rinvenendosi nell’atto – al di là della
qualificazione “querela” indicata in intestazione – alcuna manifestazione espressa proveniente
dalla persona offesa, né alcuna locuzione alla stessa attribuibile dalla quale fosse stato
possibile per il giudice ricavare una implicita volontà di perseguire le autrici del fatto
denunciato.
Ne deriva, pertanto, il rigetto del ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di
Firenze.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso del P.G.

Così deciso in Roma, il 15/02/2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Nel caso in esame, invece, ci si trova in presenza di un atto redatto dai Carabinieri, intestato

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