Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1514 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1514 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EL MANSSOURI HICAM N. IL 20/03/1980
JARMOUNI ABDERRAHIM N. IL 01/01/1976
avverso la sentenza n. 1840/2008 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
29/09/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. a a -0 2.
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Data Udienza: 03/12/2013

Ritenuto in fatto
1.

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 29.09.2010, in

riferimento alle posizioni che oggi vengono in rilievo, in parziale riforma della
sentenza di condanna resa dal G.i.p. presso il Tribunale di Lucca il 21.11.2007,
all’esito di giudizio abbreviato, rispetto alle violazioni dell’art. 73, d.P.R. n.
309/1990, rideterminava la pena inflitta nei confronti di El Manssouri Hicham e
confermava nel resto.

intercettate, i sequestri di sostanza stupefacente, sostanze da taglio, denaro
contante e buoni postali, nonché le dichiarazioni ammissive rese da taluni imputati,
non lasciavano dubbi sulla responsabilità di tutti gli imputati riguardo ai fatti loro
rispettivamente ascritti. Di converso, il Collegio riteneva mitigabile il trattamento
sanzionatorio applicato dal primo giudice, in riferimento alla posizione di El
Manssouri.
2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Firenze ha
proposto ricorso per cassazione El Manssouri.
La parte, con il primo motivo, denuncia violazione di legge e vizio
motivazionale, in riferimento alla affermazione di penale responsabilità.
L’esponente rileva che le accuse si basano sul contenuto di intercettazioni
telefoniche; osserva che sino al momento dell’arresto svolgeva attività lavorativa
ed era in possesso di permesso di soggiorno.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’eccessività della pena inflitta.
Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Firenze ha proposto
ricorso per cassazione il coimputato Jarmouni Abderrahim, a mezzo del difensore.
Con il primo motivo la parte denuncia violazione di legge e carenza di
motivazione laddove la sentenza impugnata ha confermato l’affermazione di penale
responsabilità del prevenuto. L’esponente assume che la Corte di Appello abbia
errato nella valutazione del compendio indiziario; ed osserva che le condotte
criminose sono state ricostruite sulla base di intercettazioni telefoniche e
sporadiche attività della polizia giudiziaria. Il ricorrente sottolinea che nel corso
delle indagini non è stata sequestrata sostanza stupefacente a lui riferibile; rileva
che dalle dichiarazioni rese dal coimputato Ciocia Giovanni emerge che Jarmouni
Abderrahinn è uno dei possibili fornitori di sostanze stupefacenti; e considera che il
coimputato Ciocia Pasquale ha riferito di aver acquistato droga dai fratelli
Jarmouni, ma in particolare da Jarmouni Ahmed.
Con il secondo motivo l’esponente deduce il vizio di motivazione e la
violazione dell’artt. 133 cod. pen., rispetto alla mancata concessione delle
attenuanti generiche nella massima estensione.

2

La Corte territoriale considerava che i pedinamenti, le conversazioni

Considerato in diritto
3. I ricorsi in esame, che è dato esaminare congiuntamente, muovono alle
considerazioni che seguono.
3.1 I motivi di doglianza con i quali gli esponenti si dolgono della
intervenuta affermazione di penale responsabilità si pongono ai limiti della
inammissibilità. Le parti, infatti, propongono censure non consentite nel giudizio di
legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, come

esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu ocu/i,

in quanto l’indagine di legittimità sul discorso

giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
Tanto chiarito, deve pure osservarsi che El Manssouri deduce doglianze del
tutto generiche, assertive ed aspecifiche, rispetto al percorso argomentativo
sviluppato dalla Corte territoriale.
Con specifico riguardo alle censure dedotte dal coimputato Jarmouni deve
poi rilevarsi che la Corte regolatrice ha da tempo chiarito che non è consentito alle
parti dedurre censure che riguardano la selezione delle prove effettuata da parte
del giudice di merito. A tale approdo si perviene considerando che, nel momento
del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione
di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né
deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa
3

pure l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla

giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile
opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente
(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1004 del 30/11/1999, dep. 31/01/2000, Rv. 215745;
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 21/12/1993, dep. 25/02/1994, Rv. 196955).
Come già sopra si è considerato, secondo la comune interpretazione
giurisprudenziale, l’art. 606 cod. proc. pen. non consente alla Corte di Cassazione
una diversa “lettura” dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove,

motivazione in rapporto ai dati processuali. Deve, altresì, osservarsi che questa
interpretazione non risulta superata in ragione delle modifiche apportate all’art.
606, comma primo lett. e) cod. proc. pen. ad opera della Legge n. 46 del 2006; ciò
in quanto la selezione delle prove resta attribuita in via esclusiva al giudice del
merito e permane il divieto di accesso agli atti istruttori, quale conseguenza dei
limiti posti all’ambito di cognizione della Corte di Cassazione.
Ebbene, deve in questa sede ribadirsi l’insegnamento espresso dalla
giurisprudenza di legittimità, per condivise ragioni, in base al quale si è rilevato che
nessuna prova, in realtà, ha un significato isolato, slegato dal contesto in cui è
inserita; che occorre necessariamente procedere ad una valutazione complessiva di
tutto il materiale probatorio disponibile; che il significato delle prove lo deve
stabilire il giudice del merito e che il giudice di legittimità non può ad esso sostituirsi
sulla base della lettura necessariamente parziale suggeritagli dal ricorso per
cassazione (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16959 del 12/04/2006, dep. 17/05/2006, Rv.
233464).
Applicando i richiamati principi al caso di specie, deve allora osservarsi che il
complessivo apprezzamento del compendio probatorio effettuato dal G.i.p. presso il
Tribunale di Lucca e confermato dalla Corte di Appello di Firenze non risulta
censurabile in questa sede di legittimità. I giudici del merito hanno, infatti,
considerato che il contenuto delle conversazioni intercettate trovava riscontro nei
pedinamenti e nel sequestro di sostanza stupefacente, di sostanze da taglio, denaro
contante e buoni postali per complessivi € 10.000,00, valori questi ultimi nella
disponibilità di soggetti privi di lecite e stabili fonti di guadagno. Oltre a ciò, i giudici
del merito hanno valorizzato le dichiarazioni ammissive rese da taluni coimputati.
4. I motivi afferenti alla dosimetria della pena sono del pari infondati.
Si osserva che la decisione impugnata risulta sorretta da conferente
apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per
quanto concerne la dosimetria della pena. E’ appena il caso di considerare che in
tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche,
ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria
della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di
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perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della

questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. sez.
VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene
congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche
che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed
attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento
illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298). Si tratta di

infatti ridotto la pena di anni cinque di reclusione oltre la multa, originariamente
inflitta nei confronti di El Manssouri, ad anni 3 e mesi quattro di reclusione oltre la
multa, evidenziando la necessità di parametrare il trattamento sanzionatorio alla
cornice edittale relativa alla fattispecie attenuata di cui al V comma dell’art. 73
d.P.R. n. 309/1990. Di converso, la Corte territoriale ha espressamente rilevato che
non vi erano ragioni per ridurre l’entità della pena inflitta a Jarmouni, trattandosi di
sanzione adeguata alla personalità dell’imputato, come emergente dai precedenti
penali a carico.
5. Al rigetto dei ricorsi, che si impone, segue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 3 dicembre 2013.

evenienza che certamente non sussiste nel caso di specie. La Corte territoriale ha

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