Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15037 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 15037 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Pascarella Vito n. il 19.11.1975
avverso la sentenza n. 1146/2011 pronunciata dalla Corte d’appello di
Salerno il 8.3.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 7.3.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. V. Geraci, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv.to A. Ferrari del foro di Salerno che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 07/03/2014

Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in data 8.3.2013, la corte d’appello di Salerno ha integralmente confermato la sentenza in data 15.10.2010 con la
quale il tribunale di Salerno ha condannato Vito Pascarella alla pena di
nove mesi di reclusione in relazione ai reati di fuga e di omissione di
soccorso stradale (di cui all’art. 189, commi 6 e 7, c.d.s.), commessi in
Salerno il 14.12.2008.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha
proposto ricorso per cassazione l’imputato censurando la decisione della
corte territoriale per vizio di motivazione, avendo la corte d’appello salernitana erroneamente accertato la riconducibilità al Pascarella delle
condotte criminose di cui alle imputazioni sollevate nei relativi confronti, unicamente sulla base della sottoscrizione (apparentemente riferibile
all’imputato) comparente sui verbali di contestazione relativi alle vicende oggetto di giudizio, redatti dalla polizia giudiziaria due giorni dopo la
verificazione dei fatti e, pertanto, in forza di elementi probatori di per sé
insufficienti ad accertare oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità
penale dell’imputato.
Con memoria pervenuta in data 18.2.2014, il ricorrente ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso proposti.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è infondato.
Osserva il collegio come la corte territoriale sia pervenuta all’identificazione dell’imputato quale autore delle condotte contestate nei
capi d’imputazione oggetto dell’odierno giudizio sulla base di una valutazione critica correttamente condotta e adeguatamente argomentata
del dato documentale costituito dalla sottoscrizione, da parte dell’imputato, dei verbali di contestazione relativi all’incidente in cui l’autore dei
reati de quibus fu coinvolto.
In particolare, la corte territoriale ha correttamente sottolineato
come detta sottoscrizione, da parte dell’imputato, costituisca un dato
oggettivo, immediatamente riferibile al Pascarella e certamente utilizzabile in via autonoma rispetto alla deposizione dell’agente di polizia giudiziaria ch’ebbe a raccoglierne le dichiarazioni in maniera informale e
inutilizzabile sul piano processuale.
Vale evidenziare, sul piano della lettura critica del dato documentale nella specie condotta dalla corte territoriale, come in nessun luogo

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(così come neppure in questa sede di legittimità) l’imputato abbia mai
formalmente ed espressamente provveduto a disconoscere la riferibilità
a sé della ridetta sottoscrizione, in tal senso fornendo un implicito,
obiettivo e significativo contesto di riscontro del ragionamento probatorio sul punto articolato dai giudici del merito.
A tale riguardo, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento di questa corte di cassazione, secondo il quale deve ritenersi non sindacabile, in sede di legittimità, la valutazione del giudice di
merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di
prova, salvo il controllo su eventuali vizi di congruità e logicità della motivazione: vizi, nella specie – come appena indicato – del tutto insussistenti (Cass., Sez. 2, n. 20806/2011, Rv. 250362; Cass., Sez. 4, n.
8090/1981, Rv. 150282).
L’accertamento dell’infondatezza dei motivi di doglianza avanzati
dal ricorrente impone il rigetto del ricorso e la condanna dello stesso al
pagamento delle spese processuali.

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.3.2014.

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