Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15034 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 15034 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTO PASQUALE N. IL 29/06/1968
avverso la sentenza n. 1469/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
12/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. fl ‘e-1 1 t (m- e,
che ha concluso per
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Data Udienza: 11/02/2014

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Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, con sentenza in data
17.03.2010, dichiarava Santo Pasquale responsabile dei reati di cui agli artt. 4,
comma 2 e 89, d.lgs. n. 626/1994, come sostituiti dagli artt. 17, comma 1, lett. a)
e 55, lett. a), d.lgs. n. 81/2008, di cui al capo A) e di lesioni colpose di cui al capo
B), condannando l’imputato alla pena di giorni quindici di reclusione per il reato di
cui al capo B) e di € 2.000,00 di ammenda per il reato contravvenzionale di cui al
capo A), oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, da
liquidarsi in separata sede.

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Al prevenuto si contesta, nella veste di titolare della omonima ditta, avente
ad oggetto l’attività di realizzazione ed installazione di impianti elettrici ed idrici, di
aver cagionato lesioni personali al lavoratore Waskilescki Patrik consistite in trauma
facciale complesso con vasta ferita lacero contusa dell’emivolto sinistro, con trauma
cranico commotivo; per colpa consistita anche nella omessa valutazione dei rischi
per la sicurezza e la salute dei lavoratori e in particolare per non aver valutato
adeguatamente il rischio connesso alle operazioni di sostituzione del vaso di
espansione presso la centrale idrica del complesso turistico Le Nuove Dune; per
aver deciso di adottare una soluzione di fortuna, montando impropriamente, in
sostituzione del vaso lesionato, due vasi di dimensioni inferiori e per aver ordinato
al predetto dipendente di attivare il circuito elettrico di azionamento dell’impianto,
operazione che provocava la rottura di uno dei due nuovi vasi, che si scomponeva
in due parti, una delle quali colpiva il volto del dipendente. La rottura dei vasi,
secondo l’assunto accusatorio, si era verificata perché i dispositivi di controllo della
pressione, detti pressostati, erano stati tarati per vasi di diversa dimensione
rispetto a quello scompostosi, che neppure era adatto a resistere a forti pressioni.
2.

La Corte di Appello di Lecce, con sentenza in data 12.07.2012,

confermava la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata
di Nardò.
La Corte territoriale rilevava che, in riferimento al delitto di lesioni colpose di
cui al capo B), all’imputato si contestano profili di colpa generica, per imprudenza,
imperizia e negligenza, e la specifica violazione delle norme dettate per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro, per non aver valutato, nel documento di
valutazione dei rischi, il pericolo insito nella operazione di sostituzione dei vasi di
espansione degli apparecchi autoclave, evento per nulla irrituale nell’ambito della
attività professionalmente esercitata e meritevole di essere considerato nell’ambito
delle misure precauzionali.
3. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Lecce ha proposto
ricorso per cassazione Santo Pasquale, a mezzo del difensore.

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Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’erronea applicazione della legge
processuale, attesa la palese nullità della notificazione della sentenza impugnata,
nei confronti del difensore di fiducia Avv. Giuseppe Romano. Osserva che la
motivazione della sentenza è stata depositata oltre il termine di 90 giorni indicato
nel dispositivo, di talché doveva essere notificato avviso di deposito a tutte le parti
processuali. Rileva che la notifica dell’avviso di deposito è stata fatta in Lecce, via
Campania 14, laddove l’elezione di domicilio era stata effettuata in Lecce, Via

Al secondo motivo di ricorso sono affidate le doglianze afferenti al vizio
motivazionale.
Con specifico riferimento al capo A) della rubrica, l’esponente osserva quanto
segue.
La parte osserva che Santo ha sempre valutato i rischi per la sicurezza dei
lavoratori, in osservanza dell’art. 4, d.lgs. n. 626/1994 e successive modificazioni.
Al riguardo, il ricorrente si sofferma sul contenuto della deposizione resa dal
Waskilescki e sulle dichiarazioni rese in corso di dibattimento dall’odierno imputato.
La parte ribadisce che il documento di valutazione dei rischi non può prevedere ogni
rischio derivante dalle operazioni in concreto effettuate. E rileva che il documento
della ditta del ricorrente riporta puntualmente i rischi connessi alla tipologia di
intervento.
Sotto altro aspetto, la parte censura la sentenza impugnata, laddove è stata
esclusa la sussistenza del caso fortuito. Sul punto, osserva che lo stesso imputato
ha riportato lesioni a seguito del sinistro; e considera che ove vi fosse stato il
benché minimo rischio nella sostituzione dei vasi, Santo si sarebbe astenuto dal
procedere. L’esponente osserva poi che nelle sentenze dei giudici di merito non
viene individuata la causa del sinistro; e rileva che la rottura del vaso di espansione
è stata determinata da caso fortuito. Considera, in particolare, che la dimensione
del vaso di espansione risulta irrilevante rispetto all’inceppamento dell’impianto; e

Ribezzo, 4.

che l’Ispettore della Spesai non ebbe a realizzare alcuna verifica sui pressostati.
In riferimento al capo B) della rubrica, la parte ribadisce che il profilo di
colpa afferente al malfunzionamento del pressostato, già ritenuto sussistente dal
primo giudice, non era stato contestato all’imputato e ritiene che si sia verificata
una violazione del disposto di cui all’art. 521 cod. proc. pen.
Con l’ultimo motivo l’esponente deduca il vizio di motivazione in riferimento
alla entità della pena ed al giudizio di bilanciamento delle attenuanti generiche,
ritenute in rapporto di equivalenza rispetto alle contestate aggravanti. La parte
rileva che Santo è soggetto incensurato, che ha tenuto un comportamento
processuale collaborativo e ribadisce che non sussiste la violazione della normativa
antinfortunistica.
3

(2,7

4.

L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro

(INAIL), costituito parte civile, ha depositato memoria chiedendo il rigetto del
ricorso proposto nell’interesse dell’imputato.
Considerato in diritto
5. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.
5.1 n primo di motivo di censura è manifestamente infondato, ponendosi in
contraddizione, del tutto immotivata, rispetto ad un orientamento interpretativo

mancata o irregolare notificazione dell’avviso di deposito previsto dall’art. 548
comma 2 e 3 cod. proc. pen. ad una parte processuale ha il solo effetto di non far
decorrere il relativo termine per l’impugnazione. Ciò in quanto, stante il principio
della unicità del diritto di impugnazione, l’avvenuta proposizione dell’impugnazione
da parte di uno dei soggetti che ne sono titolari vale a consumare il diritto degli altri
aventi diritto a proporla, essendo stato conseguito l’effetto dell’impugnazione (cfr.
Cass. Sez. 6, Sentenza n. 1173 del 17/11/1998, dep. 28/01/1999, Rv. 213441;
Cass. Sez. 4, Sentenza n. 46540 del 29/09/2004, dep. 01/12/2004, Rv. 230572).
Orbene, atteso che, nel caso di specie, l’imputato, a ministero dell’avv.
Gigante, ha proposto tempestiva impugnazione avverso la sentenza della Corte di
Appello di Lecce, non sussiste la dedotta causa di nullità.
5.2 L’esame del secondo motivo di ricorso impone i seguenti rilievi.
Le doglianze che riguardano il capo A) della rubrica sono inammissibili.
L’esponente, invero, deduce motivi di censura estranei dall’ambito dello
scrutino di legittimità. Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il
vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal
testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni
inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle
risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità “deve
essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni,
utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro
rispondenza alle acquisizioni processuali” (in tal senso, “ex plurimis”, Cass. Sez. 3,
n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato
altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali, hanno precisato che esula dai
poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti
a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997,
4

consolidato. Invero, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che la

dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la
modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio
2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può
esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di
legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o
valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006,
dep. 23.05.2006, Rv. 234109).

Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si
risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del
23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in
data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
5.2.1 Così delineato l’orizzonte dello scrutinio di legittimità, deve osservarsi
che la Corte di Appello di Lecce ha sviluppato un conferente percorso
argomentativo, privo di fratture logiche od incongruenze rilevabili in questa sede. Il
Collegio ha evidenziato che l’evento lesivo sarebbe stato sicuramente evitato, ove
fosse stata prevista ed effettuata una procedura di verifica preventiva, rispetto alla
messa in funzione dell’impianto, del corretto funzionamento dei pressostati. Ed ha
pure sottolineato che tale attività rientrava nelle necessaria diligenza, prudenza e
perizia, prodromica alla attività di sostituzione dei vasi. Preme poi sottolineare che
la Corte distrettuale ha precisato: che la tesi difensiva, volta a ritenere
l’imprevedibilità dell’evento che aveva dato causa all’infortunio, non poggiava su
alcun ragionamento controfattuale; e che il fattore di rischio specifico risultava del
tutto prevedibile, secondo le caratteristiche della macchina e le relative ordinarie
modalità di funzionamento.
5.2.2 Del pari manifestamente infondate risultano le censure dedotte in
riferimento al reato di cui al capo B).
Giova, al riguardo, ribadire che le norme di cui agli artt. 521 e 522 cod. proc.
pen., avendo lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e,
quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato, non possono ritenersi
violate da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto da una
modificazione dell’imputazione che pregiudichi le possibilità di difesa dell’imputato.
La nozione strutturale di “fatto”, contenuta nelle disposizioni in questione, va
coniugata con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive
lesioni del diritto di difesa. Il principio di necessaria correlazione tra accusa
contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale
(oggetto del potere del giudice) risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia
condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale
5

/1,

non abbia potuto difendersi (Cass. Sez. 4, sentenza n. 41663 del 25/10/2005, Rv.
232423). Si ha mutamento del fatto quando la fattispecie concreta nella quale si
riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge subisca una radicale trasformazione
nei suoi tratti essenziali, tanto da realizzare un’incertezza sull’oggetto
dell’imputazione da cui scaturisce un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Cass.
Sez. 6, sentenza n. 36003 del 14/06/2004, Rv. 229756). Ebbene, si tratta di
evenienza che non si è verificata nel caso in esame. La Corte territoriale, come

lesioni colpose di cui al capo B), all’imputato si contestano profili di colpa generica,
per imprudenza, imperizia e negligenza, oltre alla specifica violazione delle norme
dettate per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. E la Corte di merito ha chiarito
che la contestazione relativa all’omessa valutazione dei rischi insiti nell’operazione
di sostituzione dei vasi di espansione degli apparecchi autoclave, risultava
ricompresa nei profili di diligenza, prudenza e perizia, che si riconnettono alla
attività tecnica di sostituzione di cui si tratta, secondo regole di comune esperienza.
Deve allora conclusivamente osservarsi che, del tutto legittimamente, la Corte di
Appello ha affermato che vi era piena correlazione tra imputazione e sentenza,
poiché il pilastro della contestazione era da cogliersi nella imprudenza e nella
imperizia, con le quali era stato dato ordine di mettere in pressione l’impianto.
5.3 II terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Si osserva che la decisione impugnata risulta sorretta da conferente
apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per
quanto concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio. E’ appena il caso
di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n.
9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano
frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n.
26908, Rv. 229298). Orbene, nel caso di specie la Corte di Appello ha
specificamente considerato che il trattamento sanzionatorio applicato dal primo
giudice non era ulteriormente mitigabile. Al riguardo, il Collegio ha in particolare
sottolineto che proprio la positiva personalità dell’indagato aveva giustificato il
riconoscimento delle attenuanti generiche in rapporto di equivalenza sulle
contestate aggravanti, pure a fronte della gravità della colpa.
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sopra si è evidenziato, ha espressamente rilevato che, in riferimento al delitto di

6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla
parte civile INAIL, liquidate come da dispositivo, per il presente giudizio di
Cassazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile INAIL per questo
giudizio di Cassazione, liquidate in C 2.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma in data 11 febbraio 2014.

processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende,

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