Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15030 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 15030 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 11/02/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GARAVENTA GIOVANNI N. IL 15/10/1962
ROLLERI ANNAMARIA N. IL 19/08/1965
SIMONETTI ADELINA N. IL 16/07/1937
GARAVENTA DANIELA N. IL 06/08/1961
nei confronti di:
MONTANARI ROBERTO N. IL 20/09/1957
CHIOGGIA STEFANO N. IL 19/07/1956
avverso la sentenza n. 1217/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
30/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Genova, con sentenza in data 30.01.2013,
confermava la sentenza assolutoria resa dal Tribunale di Chiavari il 2.11.2009,
appellata dal Procuratore della Repubblica di Chiavari nei confronti di Montanari
Roberto e delle parti civili nei confronti di Montanari Roberto e Chioggia Stefano,
condannando le parti civili in solido alla rifusione delle spese processuali sostenute
dall’imputato Chioggia Stefano. Ai prevenuti si contesta, nelle rispettive qualità di

lesioni colpose in danno del dipendente del predetto Comune, Garaventa Giovanni.
In particolare, agli imputati si addebita di non aver allestito adeguate protezioni
dell’apertura circolare prodotta dai lavori di rimozione della custodia esistente nel
pavimento dell’ex archivio, di talché il Garaventa, intento a coadiuvare l’addetto
allo smaltimento di alcune porte nei locali interessati dalla ristrutturazione, cadeva
all’interno della predetta apertura circolare, riportando politrauma con prognosi
riservata.
La Corte di Appello ha rilevato che la vicenda in questione non può
qualificarsi come infortunio sul lavoro, poiché l’infortunato non era precipitato
mentre stava eseguendo una propria mansione. La Corte distrettuale ha riferito che
l’accesso al locale teatro dell’infortunio era fisicamente inibito da un bancale e che,
sul posto, era stato pure affisso un avviso, così da rendere noto il divieto di
accesso.
La Corte distrettuale osservava, poi, che l’impugnazione delle parti civili,
estesa anche alla posizione del Chioggia, risultava destituita di fondamento, atteso
che Chioggia non si era mai occupato della realizzazione dei lavori di
ristrutturazione all’interno del Comune. Ritenendo temeraria l’impugnazione della
sentenza assolutoria, nei confronti del predetto imputato, la Corte territoriale
sanzionava le parti civili nei termini previsti dall’art. 541, comma 2, cod. proc. pen.
2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Genova hanno
proposto ricorso per cassazione Garaventa Giovanni, Rolleri Annamaria, Simonetti
Adelina e Garaventa Daniela, parti civili costituite.
Gli esponenti, con il primo motivo, deducono il vizio di motivazione, in
riferimento alla assoluzione dell’imputato Montanari. Osservano che, a norma
dell’art. 68, d.P.R. n. 164/1956 vigente all’epoca dei fatti, le aperture lasciate nei
solai devono essere circondate da parapetto ovvero essere coperte con tavolato;
sottolineano che Montanari era responsabile per la sicurezza; e rilevano che qualora
le protezioni fossero state presenti, l’evento lesivo non si sarebbe verificato.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione di legge,
osservando che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il comportamento
imprudente del lavoratore vale ad escludere il nesso di causalità tra la condotta
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direttore dei lavori e di Dirigente Area 1 del Comune di Sestri Levante, il reato di

omissiva del garante e l’evento, se del tutto estraneo alle finalità produttive.
Osservano che Garaventa, nel caso di specie, agì perseguendo le finalità delle
lavorazioni sulla cui sicurezza avrebbe dovuto vigilare il Montanari. Rilevano che il
comportamento posto in essere dal lavoratore non risulta abnorme e che l’evento in
concreto verificatosi non era imprevedibile.
Con il terzo motivo, i ricorrenti deducono il vizio di motivazione, in
riferimento alla condanna delle parti civili alla rifusione delle spese processuali

Appello abbia pronunciato la condanna di cui si tratta in assenza di richiesta, da
parte dello stesso imputato. E rilevano che la richiesta di condanna della parte civile
per lite temeraria, avanzata in sede di conclusioni dal difensore del Chioggia, è
distinta rispetto a quella di rimborso alle spese di lite, che non risulta formulata.
Considerato in diritto
3. Si osserva, primieramente, che i ricorsi in esame risultano ammissibili.
Invero, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’impugnazione della
parte civile avverso la sentenza di proscioglimento, che non abbia accolto le sue
conclusioni, è ammissibile anche quando non contenga l’espressa indicazione che
l’atto è proposto ai soli effetti civili (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6509 del
20/12/2012, dep. 08/02/2013, Rv. 254130).
4. Tanto premesso, si osserva che tutte le doglianze risultano infondate, per
le ragioni di seguito esposte.
4.1 Procedendo all’esame del primo motivo di ricorso, si osserva che lo
stesso risulta in realtà aspecifico, poiché non attinge l’apparato motivazionale posto
a fondamento della decisione assolutoria, nei confronti dell’imputato Montanari. Gli
esponenti, infatti, si soffermano sulla dedotta mancanza di protezioni, rispetto alla
apertura presente nel solaio, questione che non viene altrimenti in rilievo nel caso
di specie, atteso che la Corte di Appello, con apprezzamento di ordine dirimente, ha
considerato che l’incidente neppure poteva inquadrarsi nell’ambito della disciplina
antinfortunistica, giacché Garaventa ebbe ad agire al di fuori delle proprie mansioni,
facendo accesso ad una zona a lui specificamente interdetta. Sul punto, il Collegio
ha evidenziato che Garaventa lavorava al piano terra con il compito di dare
informazioni e rispondere al telefono, che non aveva alcuna mansione di
collaborazione nei lavori di ristrutturazione e che non era autorizzato ad entrare nei
cantieri. E’ poi appena il caso di osservare che la Corte di Appello ha comunque
precisato che l’accesso al locale ove ebbe a verificarsi l’infortunio era fisicamente
inibito da un bancale; e che sul posto era pure stato affisso un avviso, allo scopo di
rendere noto il divieto di accesso.
4.2 In tali termini si introduce l’esame del secondo motivo di ricorso.
La doglianza non ha pregio.
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sostenute dall’imputato Chioggia. Le parti assumono che nel caso la Corte di

La Corte di Appello ha correttamente considerato, confermando la
valutazione effettuata dal primo giudice, che, nel caso di specie, la caduta fu la
conseguenza della condotta autonoma ed incauta posta in essere dallo stesso
infortunato.
La Corte regolatrice ha da tempo chiarito che nessuna efficacia causale, per
escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al
comportamento negligente del medesimo lavoratore infortunato, che abbia dato

di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio
derivante dal richiamato comportamento imprudente. E si è pure precisato che le
norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di
lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori
effettuano le prestazioni.
Questa Suprema Corte ha affermato che, nel campo della sicurezza del
lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali
anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente
verso la propria incolumità, precisando che può escludersi l’esistenza del rapporto
di causalità proprio nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del
lavoratore infortunato e sia provato che questa abnormità ha dato causa all’evento.
Nella materia che occupa deve, cioè, considerarsi abnorme il comportamento che,
per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di
controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di
prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e non rientri nelle attribuzioni
specificamente attribuitegli (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007,
dep. 9.03.2007, Rv. 236109).
Ebbene, le considerazioni svolte in sede di merito si collocano nell’alveo
dell’orientamento interpretativo ora richiamato espresso dalla Corte regolatrice, in
riferimento alla valenza esimente da assegnare alla condotta colposa posta in
essere dal lavoratore, rispetto al soggetto che versa in posizione di garanzia. La
Corte di Appello ha infatti sottolineato che non era compito del Garaventa occuparsi
dei lavori di ristrutturazione e che costui non era neppure autorizzato ad entrare nei
cantieri. Ed il Collegio ha considerato che, a fronte della sconsiderata condotta
posta in essere dal dipendente, la caduta come in concreto verificatasi non poteva
in alcun modo essere prevista od evitata dal Montanari.
4.3 D terzo motivo di ricorso è infondato.
La Corte di Appello ha condannato le parti civili alla rifusione delle spese
processuali sostenute dall’imputato Chioggia, richiamando il disposto di cui all’art.
541, comma 2, cod. proc. pen. La norma ora citata prevede che, con la sentenza
assolutoria, il giudice, se ne è fatto richiesta, condanna la parte civile alla rifusione
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occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque alla insufficienza

delle spese processuali. La disposizione prevede altresì che, in caso di colpa grave,
la parte civile venga condannata anche al risarcimento dei danni.
Orbene, nel caso di specie la condanna concerne unicamente la rifusione
delle spese processuali – e non il risarcimento del danno – condanna che la Corte
territoriale ha giustificato, con motivazione immune da censure rilevabili in sede di
legittimità, con l’accanimento mostrato dalle parti civili nei confronti del Chioggia; e
la lettura del verbale di udienza, pure prodotto dalle parti ricorrenti, evidenzia che

condanna delle parti civili per lite temeraria “ex art. 541 cod. proc. pen.” Come si
vede, risulta allora soddisfatta anche la condizione richiesta dall’art. 541, comma 2,
cod. proc. pen., relativa alla necessità che sia la stessa difesa dell’imputato a
richiedere la condanna delle parti civili alla rifusione delle spese processuali.
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma in data 11 febbraio 2014.

la difesa del Chioggia ebbe espressamente a richiedere, in sede di conclusioni, la

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