Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1503 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1503 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: ESPOSITO LUCIA

Data Udienza: 22/10/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONSOLI MASSIMO N. IL 27/02/1976
avverso la sentenza n. 399/2009 CORTE APPELLO di CATANIA, del
10/06/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. crtqc”-Q-00tAzofta
che ha concluso per \ c\I vAD QAA (k) vì.D i

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Ritenuto in fatto

Il Tribunale di Catania, con sentenza del 21/11/2008, dichiarava Consoli Massimo
responsabile dei delitti di detenzione di un grammo di sostanza stupefacente del
tipo cocaina, rinvenuta nella sua abitazione, nonché di quello di detenzione di
analoga sostanza del peso di 30 grammi, rinvenuta in un cespuglio posto nelle
adiacenze di un garage usato dal predetto imputato (ipotesi unificate per
continuazione).

sentenza di primo grado, assolveva l’imputato dal reato di detenzione di 30 grammi
di cocaina per non aver commesso il fatto e, riconosciuta l’ipotesi attenuata di cui al
V comma dell’art. 73 D.P.R. 309/90, confermava la sentenza del giudice di primo
grado in punto di affermazione della responsabilità dell’imputato per la detenzione
di un grammo di sostanza stupefacente; rideterminava, altresì, la pena
complessivamente inflitta.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo
violazione di legge e vizio motivazionale per illogicità e contraddittorietà. Osserva
che la Corte territoriale aveva travisato gli elementi acquisiti in dibattimento e
attribuito agli stessi una valenza probatoria incongrua, oltre ad essersi allontanata
dalle corrette premesse argomentative in ordine ai criteri da seguire al fine di
verificare se la detenzione di droga fosse penalmente irrilevante, in ragione della
destinazione all’uso personale, o costituisse reato.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato. Con esso il ricorrente si duole che non sia stata riconosciuta
la destinazione dello stupefacente in suo possesso all’uso personale.
Al riguardo è da premettere che le svolte censure devono essere valutate con
riferimento alle argomentazioni contenute nelle sentenze di primo e secondo grado,
conformi in punto di affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 73
D.P.R. 309/90, le quali, integrandosi a vicenda (in proposito va richiamato il
principio enunciato da Cass. n. 13926 del 1/12/2011: “Le sentenze di primo e di
secondo grado si saldano tra loro e formano un unico complesso motivazionale,
qualora i giudici di appello abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante
con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle
determinazioni ivi prese ed ai fondamentali passaggi logico-giuridici della decisione
e, a maggior ragione, quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi
nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente
chiarite nella decisione impugnata”), hanno adeguatamente interpretato il quadro
2

Con sentenza in data 10.6.2011, la Corte d’Appello di Catania, in riforma della

probatorio, deducendone la destinazione dello stupefacente ad uso diverso da
quello personale dell’imputato.
Specificamente, nella sentenza di primo grado si rinviene l’indicazione delle
plausibili ragioni in forza delle quali la detenzione dello stupefacente è stata
ricondotta ad uso di terzi. Si dà atto, in particolare, delle modalità di
confezionamento della sostanza sequestrata, effettuato mediante l’utilizzo di lembi
di plastica termosaldati, nonché della circostanza che altri lembi dello stesso tipo,

quantitativi di sostanza stupefacente, sono stati ritrovati nel vano cucina
dell’abitazione occupata dal ricorrente. Tali circostanze denotano la strumentalità
della detenzione alla diffusione nel mercato degli stupefacenti della sostanza, oltre a
risultare significative di una certa organizzazione dell’imputato in funzione
dell’attività di spaccio.
Sulla scorta dei rilievi evidenziati la motivazione della sentenza in punto di diniego
del riconoscimento della destinazione dello stupefacente in contestazione all’uso
personale dell’imputato non può ritenersi manifestamente illogica.
Per tutte le ragioni indicate il ricorso va rigettato. Ne consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 22/10/ 2013
Il Consigliere relatore

Il Presidente

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