Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15028 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 15028 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 04/02/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PATTI PIERPAOLO N. IL 19/01/1970
avverso la sentenza n. 3387/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 18/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Udito il Procuratore Ge erale in per ona del Dott.
che ha concluso per

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Ritenuto in fatto
1.Ricorrono per cassazione i difensori di fiducia di Patti Pierpaolo avverso la sentenza
emessa in data 18.3.2013 che, in parziale riforma di quella del Tribunale di Sciacca, in
composizione monocratica, del 13.12.2011, dichiarava l’improcedibilità per estinzione
del reato per prescrizione in ordine alla contravvenzione di cui agli artt. 89 co. 2 lett.
a) e 35 D.Ivo 626/94 e rideterminava la pena inflitta per il residuo delitto di lesioni
colpose aggravate dalla violazione delle norme a tutela degl’infortuni sul lavoro in
danno di Gennaro Giuseppe (veniva consentito a tale lavoratore di prestare la propria

Carabinieri di Sc45cca, su ponteggi privi di parapetto: fatto del 9.3.2007) in mesi
quattro di reclusione convertita il C 4.560,00 di multa.
2. Articolano i motivi di seguito sinteticamente riportati:
– la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza sia del
delitto di lesioni personali colpose sia del reato contravvenzionale in tema di
violazione delle norme antinfortunistiche: richiamano, a tal riguardo, taluni atti
processuali allegati al ricorso con cui la sentenza impugnata si poneva in costante
contraddizione e ciò con particolare riferimento alla mancata valutazione
dell’attendibilità della persona offesa e all’orientamento più recente di questa Corte di
legittimità (Sez. IV, n. 44650 del 2011) in relazione all’altezza dal suolo alla quale si
svolgeva l’attività lavorativa (inferiore a mt. 2);
– la violazione di legge ed il difetto di motivazione e ciò in relazione all’asserita
inutilizzabilità della nomina del Responsabile per la sicurezza e della delega di
funzioni, documento acquisito nel corso del giudizio di appello, solo perché ritenuto
non genuino benché ritenuto “potenzialmente di grande rilevo”, nonché in relazione
alla responsabilità del ricorrente alla luce dell’articolato organigramma aziendale da
cui emergeva la figura del R.S.P.P. cioè del Responsabile della sicurezza e del servizio
di prevenzione e protezione del cantiere (geom. Sutera, secondo l’assunto difensivo)
e del capocantiere (tale La Porta, presente in cantiere al momento dell’incidente);
rilevando, infine, che per dichiarazione del teste Sutera e di quanto riportato nel
verbale di ispezione del 24.5.2007 risultava l’esistenza sia del POS sia del PIMUS,
ossia il piano di montaggio, uso e smontaggio del ponteggio.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
3.1. Le censure dedotte in ricorso sono sostanzialmente di fatto, pretendendo di
sovrapporre una diversa valutazione delle risultanze processuali rispetto a quella
compiuta, con congrua e corretta motivazione (del tutto travisata dal ricorso che non
ne coglie il nucleo essenziale), dai Giudici di merito e, pertanto, già per questo
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&e sarebbero improponibili nel presente giudizio di legittimità.
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opera, all’interno di un cantiere allestito per la costruzione della Caserma dei

Invero, “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali” (Cass. Pen. Sez. Un. 30.4.1997, Dessimone).
Nella concreta fattispecie, la decisione impugnata si presenta formalmente e
sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono, con
argomentazioni basate su di una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze

del processo.
3.2. Ad ogni modo, giova rilevare, anzitutto, che talune circostanze di fatto sono
pacifiche:
– il ponteggio era costituito da due cavalletti della misura di mt. 1,80×1.80 su cui era
poggiata una sola trave della lunghezza di soli cm. 50;
– il parapetto predisposto per il ponteggio, in occasione dei lavori in esame, non era
stato montato, né vi erano altre forme di protezione;
– il ponteggio era posto ad un’altezza inferiore a mt. 2 (per l’esattezza, secondo
quanto si apprende dalla sentenza di primo grado, a mt. 1,80 da terra);
– il Gennaro si trovava sul ponteggio intento a disarmare una tavola del solaio
mediante l’utilizzo di un piede di porco;
– la persona offesa era caduta dal ponteggio.
Orbene, “La disposizione dell’art. 16 del d.P.R. n. 164 del 1956 – che impone
l’allestimento di impalcature, ponteggi ed altre opere precauzionali per qualsiasi
lavoro edilizio da eseguire ad altezza superiore a due metri dal suolo – va intesa in
riferimento alla altezza alla quale il lavoro viene eseguito e non a quella nella quale si
trova il lavoratore” (Cass. pen. Sez. IV, n. 8978 del 20.5.1987, Rv. 176530).
Tale interpretazione, prevalentemente seguita da questa Corte, non può essere
superata da qualsivoglia altra che non tenga conto del dato letterale della norma,
secondo il quale le opere provvisionali per i ponteggi sono prescritte per qualsiasi
lavoro che venga “eseguito ad un’altezza superiore a 2 mt.” (art. 16 dPR 164/56) e,
cioè, a prescindere all’altezza dell’impalcato, sicchè deve essere prevista e computata,
ai fini della predisposizione dell’opera provvisionale del parapetto, oltre all’altezza alla
quale è posto l’impalcato dall’eventuale piano di appoggio e all’altezza di quest’ultimo
dal piano di terra o di calpestio, finanche la statura dell’operatore e, comunque,
considerata l’effettiva altezza alla quale viene eseguito il lavoro in quota, che, nel caso
di specie, trattandosi di disarmo del solaio, si svolgeva a ben mt. 3,60 dal suolo (v.
sentenza di primo grado).

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probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti la vicenda oggetto

Anche tale ultimo dato consegue ad un accertamento in fatto che non risulta essere
stato oggetto di impugnazione e, quindi, ormai s’intende ormai acquisito
incontestabilmente nella ricostruzione degli accadimenti.
Deve, pertanto, ritenersi pienamente integrata la violazione della norma
antinfortunistica sopra richiamata e corretto il collegamento eziologico con essa della
caduta dal ponteggio del lavoratore e delle dipendenti lesioni da quello riportate
nonchè, al contempo, l’insussistenza di alcuna evidenza della prova (ex art. 129
comma 2° c.p.p.) che imponga l’assoluzione nel merito dal reato contravvenzionale
contestato ed estinto per prescrizione.
3.3. Quanto al documento attestante il conferimento della delega per la sicurezza, si
osserva innanzitutto che la delega di funzioni -ora disciplinata precipuamente dall’art.
16 T.U. sulla sicurezza (D.Lgs. n. 81/2008)- non esclude l’obbligo di vigilanza del
datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni
trasferite, benché tale obbligo di vigilanza riguardi precipuamente la correttezza della
complessiva gestione del rischio da parte del delegato medesimo (Cass. pen. Sez. IV,
n. 10702 dell’1.2.2012, Rv. 252675). Inoltre, il conferimento a terzi di una delega in
materia di sicurezza non esonera del tutto il datore di lavoro dall’obbligo di adeguata
informazione dei rischi connessi ai lavori in esecuzione (Cass. pen. Sez. IV, n. 44977
del 12.6.2013, Rv. 257168).
Ad ogni modo, il documento prodotto dalla difesa non è idoneo a provare il
conferimento di una “valida” delega: tale documento, asseritamente di nomina del
Responsabile della sicurezza e del servizio di prevenzione e protezione del cantiere,
risulta privo di data certa che non è stata nemmeno apposta assieme alla firma per
accettazione da parte del geom. Sutera. Invero, l’atto di delega, come poi
espressamente sancito dall’art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008 (che ha recepito buona arte
degli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte di legittimità), deve risultare da
atto scritto avente data certa onde poter verificare l’effettività della nomina e dello
svolgimento delle funzioni conferite anteriormente al verificarsi dell’infortunio e deve
essere necessariamente riscontrato dall’accettazione manifestata, per iscritto, da

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parte del delegato che, se interviene in un momento successivo a quello della
predisposizione dell’atto di delega, comporta lo spostamento alla data
dell’accettazione (che deve quindi essere contestualmente indicata) della validità della
delega stessa.
Né risultano rispettate le ulteriori rigorose formalità previste dalla giurisprudenza di
legittimità (Cass. pen. Sez. IV, n. 1760 del 17.12.1992, Rv. 193062; Sez. IV, n. 6079
del 19.2.1998; Sez. IV, n. 7402 del 26.4.2000 ed altre non massimate) per il
conferimento della valida delega predetta e cioè la dimostrazione che il delegato fosse
soggetto in possesso delle necessarie conoscenze tecnico-scientifiche in materia di
sicurezza del lavoro e dotato di particolare esperienza nell’organizzazione dei c.d.
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presidi antinfortunistici nei luoghi di lavoro, anche in relazione alla specifica attività
produttiva esercitata dall’impresa.
Ancora, dal documento prodotto non emerge nemmeno quanto previsto
dall’orientamento consolidato (ed anch’esso sostanzialmente poi trasfuso nel vigente
T.U. per la sicurezza) di questa Corte in ordine ai contenuti specifici della delega,
secondo il quale: “In tema di infortuni sul lavoro, in ipotesi di delega di funzioni
spettanti al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia
effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell’ambiente

fattispecie la Corte non ha ritenuto il datore di lavoro esonerato dalla responsabilità
per l’infortunio del lavoratore poichè al funzionario formalmente delegato non erano
stati concretamente conferiti reali poteri di intervento)” (Cass. pen. Sez. IV, n. 47136
del 24 settembre 2007, Rv. 238350).
Quindi, anche a voler ritenere che sussistesse il POS in data anteriore all’infortunio e
che il documento di delega al Geom. Sutera prodotto nel corso del giudizio di appello
sia genuino ed anteriore, unitamente all’accettazione del delegato, all’infortunio, non
risulta fornita alcuna prova sia che egli fosse possesso delle necessarie conoscenze
tecnico-scientifiche in materia di sicurezza del lavoro e dotato di particolare
esperienza nell’organizzazione dei c.d. presidi antinfortunistici nei luoghi di lavoro,
anche in relazione alla specifica attività produttiva esercitata dall’impresa sia del
conferimento al medesimo di reali poteri d’intervento e dell’estensione degli stessi e
quindi della giuridica validità e concreta efficacia della delega.

O.

ad

e à.

4. Consegue il rigetto del ricorso e, con esso, ai sensi dell’art. b16 c.p.p?, la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4.2.2014

C

di lavoro: e ciò anche indipendentemente dal contenuto formale della nomina. (Nella

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