Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15021 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 15021 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE ANGELIS EMILIANO N. IL 12/02/1971
nei confronti di:
TOMASSETTI DINO N. IL 09/04/1940
avverso la sentenza n. 87/2009 GIUDICE DI PACE di OSIMO, del
29/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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i2-e.e< 4, 141 1■k 504P A f7 Data Udienza: 29/01/2014 RITENUTO IN FATTO 1. Il Giudice di pace di Osimo, con sentenza del 29 gennaio 2013, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Tomassetti Dino in ordine al reato di lesioni colpose in danno di De Angelis Emiliano; lesioni cagionate in esito ad un incidente stradale verificatosi in Osimo il 20 luglio 2008. Il giudice, dopo aver preso atto della già avvenuta erogazione della somma di euro 12.000,00 da parte del Responsabile Civile Toro Assicurazioni, a titolo di disposto una perizia, acquisendo il relativo elaborato, circa l'entità delle lesioni subite dal De Angelis. Sulla scorta delle indicazioni fornite dal perito, il giudicante ha ritenuto l'esistenza di condotte riparatorie, essendo intervenuto il risarcimento del danno per un importo valutato dal giudice come congruo, ed ha dichiarato pertanto estinto il reato in base all'art. 35 d. Igs. 28 agosto 2000 n. 274. 2. Contro detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la parte civile lamentando la violazione dell'art. 35 già indicato (per essersi il giudice limitato, all'esito della disposta perizia medico-legale, a raccogliere le conclusioni del P.M. e del difensore dell'imputato, ignorando le richieste del difensore di parte civile ed omettendo di sentire personalmente quest'ultima pur avendone l'obbligo ai sensi dell'art. 35 del D. L.vo n. 274/2000), nonché la mancanza di motivazione sulla idoneità della condotta a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione, e sulla congruità della somma offerta a titolo di risarcimento, sottolineando, a tale ultimo riguardo, che in sentenza non è stata data contezza delle osservazioni del perito: ad avviso della ricorrente parte civile il danno conseguente alla lesioni subite ammonterebbe ad una somma pari ad euro 20.282,75. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Rileva il Collegio che preliminarmente deve essere esaminato il tema dell'impugnazione consentita avverso la pronunzia in esame. Nel valutare il mezzo di impugnazione che può essere utilizzato nei confronti della sentenza di proscioglimento pronunciata dal giudice di pace bisogna, invero, avere riguardo alla natura della sentenza stessa, vale a dire se trattasi di sentenza dibattimentale, resa cioè all'esito dell'istruttoria dibattimentale, ovvero di sentenza predibattimentale, resa cioè senza procedere al dibattimento. 1.1. Nel primo caso è pacifico il principio secondo cui la sentenza è appellabile ai soli effetti civili dalla parte civile in base alla regola generale dettata dall'art. 576 c.p.p., applicabile in virtù del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 2, anche nel processo davanti al giudice di pace. Al riguardo occorre considerare, infatti, che le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno enunciato il principio che, anche dopo le modificazioni introdotte dalla L. 20 febbraio 2006, i risarcimento del danno, a favore di De Angelis Emiliano, costituitosi parte civile, aveva n. 46, art. 6 e all'art. 576 c.p.p., la parte civile ha facoltà di proporre appello, agli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio di primo grado. La sentenza reca un'ampia analisi del sistema anche alla luce della giurisprudenza costituzionale e dei lavori preparatori della richiamata L. n. 46 del 2006; ed evidenzia, altresì, che la riforma dell'art. 576 del codice di rito è finalizzata a garantire, quanto all'aspetto civilistico della regiudicanda, "quel doppio grado di giudizio a cui il danneggiato dal reato avrebbe diritto se avesse esercitato l'azione in sede propria": la Corte sentenze pronunciate nel giudizio abbreviato o nel procedimento davanti al Giudice di pace: anche la giurisprudenza successiva si è attenuta alle indicate enunciazioni ("ex plurimis", Sez. 5, 31/03/2010 Rv. 247509). 1.2. La natura predibattimentale della sentenza porta invece alla configurazione del ricorso per cassazione quale unico mezzo di impugnazione, trattandosi di ipotesi rapportabile all'art. 469 c.p.p., che regola la sentenza di proscioglimento prima del dibattimento, così come più volte precisato nella giurisprudenza di questa Corte. 2. Orbene, nel caso di specie l'impugnata sentenza, pur pronunciata senza procedere formalmente alla "dichiarazione di apertura del dibattimento" (per quanto è dato rilevare dagli atti), non presenta, ad avviso del Collegio, le connotazioni proprie di una sentenza predibattimentale, posto che, come risulta dal suo stesso testo, è stata adottata solo dopo l'espletamento di una perizia, dal giudice ritenuta evidentemente indispensabile ai fini della valutazione della congruità della somma che era stata offerta alla parte offesa (costituitasi parte civile) a titolo risarcitorio. A ciò aggiungasi che dai verbali delle (numerose) udienze, in atti, si rileva che l'imputato è stato costantemente considerato "contumace"; il che significa che, pur mancando una formale dichiarazione di "contumacia", il giudice ha emesso la sentenza evidentemente dopo il controllo della costituzione delle parti. Mette conto ricordare al riguardo il principio enunciato da questa Corte secondo cui "la formale omissione della dichiarazione di contumacia non è causa di nullità della sentenza, in quanto non è prevista dall'ordinamento processuale, né rientra nell'ambito delle nullità di ordine generale, non comportando alcun pregiudizio al diritto di intervento e assistenza dell'imputato, cui competono comunque i diritti processuali connessi alla situazione di contumacia" (in termini, "ex plurimis", Sez. 6, n. 19273 del 21/04/2006 Ud. - dep. 01/06/2006 - Rv. 233973); trattasi di situazione processuale che rileva anche in relazione alla tematica qui in esame, con riferimento alla sentenza predibattimentale prevista dall'art. 469 c.p.p. cui sopra si è fatto cenno, posto che questa Corte ha avuto modo di precisare quanto segue: «la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, resa in udienza pubblica, dopo il controllo della costituzione delle parti e prima dell'apertura del dibattimento, non è qualificabile come sentenza predibattimentale, ed è pertanto appellabile dal P.M. e, ove ricorrano le condizioni ha pure affermato che il principio enunciato è applicabile anche per l'impugnazione delle di cui all'art. 593 cod. proc. pen., anche dall'imputato; ne deriva che, in caso di appellabilità della sentenza, il ricorso immediato in cassazione per violazione di legge costituisce ricorso "per saltum", con la conseguenza che, se il suo accoglimento comporti l'annullamento con rinvio, il giudice di rinvio è individuato in quello che sarebbe stato competente per l'appello>> (Sez. 4, n. 48310 del 28/11/2008, dep. 29/12/2008; nello stesso senso, Sez.
2, n. 48340 del 17/11/2004 Cc., dep. 15/12/2004. Rv. 230535).
2.1. A prescindere da quanto fin qui argomentato, circostanza decisiva, ai fini della

comunque l’avvenuto svolgimento di attività istruttoria consistita nell’espletamento di una
perizia e, presumibilmente, anche nell’acquisizione di documentazione ai fini della perizia
stessa: la procedura (di definizione alternativa) ex art. 35 D.Lgs. n. 274 del 2000, è, invero,
procedura che si instaura e si esaurisce allo stato degli atti, di talché il giudicante, che ha
l’obbligo di sentire le parti, ma non di acquisire il consenso della parte offesa (a differenza di
quanto previsto, ad esempio, dall’art. 34, terzo comma), decide sulla base della
contestazione, come cristallizzata nel capo di imputazione (cfr. 5 Sez.,n. 11623/2008).

3. Dunque, nel caso in esame (in cui l’azione penale è stata esercitata dal P.M. e non
direttamente dalla parte offesa ai sensi dell’art. 21 della legge istitutiva della competenza
del Giudice di pace), avuto riguardo alla natura dibattimentale dell’impugnata sentenza,
deve trovare applicazione la regola generale sopra esposta, concernente l’appellabilità delle
sentenze del Giudice di pace ad opera della parte civile, in relazione alle sole statuizioni civili
(sul punto – in relazione ad analoga fattispecie di impugnazione con ricorso per cassazione
della parte civile avverso sentenza dibattimentale del Giudice di pace ex art. 35 D. Lgs.
n. 274/2000 – conf. Sez. 4, n. 41578 del 03/11/2010, dep. 24/11/2010, P.C. in proc.
Principi).

4. Il ricorso deve essere quindi qualificato come appello ai sensi dell’art. 568, quinto
comma, c.p.p.: gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Ancona per l’appello.
P.Q.M.
Qualifica come appello il proposto ricorso per Cassazione e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Ancona per il giudizio d’appello.
Roma, 29 gennaio 2014

Il Presidente

Il Consigli 9e estensore

(Gaetanino Zecca)

(Vincen o Romis)

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