Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15017 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 15017 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sui ricorsi proposto rispettivamente da:
1.

HAMIDOVIC OSMAN, N. IL 24.7.1971,

2.

SIMONI GILBERTO, N. IL 29.10.1957,

3.

OSMANOVIC SACIR, N. 18.6.1981,

4.

HAMODOVIC PLANIKA, N. IL 3.8.1982,

5.

OSMANOVIC PASAGA, N. IL 10.11.1979,

6.

SEJDIC HAIK1A, N. IL 1.1.1974,

7.

HAMIDOVIC JADRANKA, N. IL 10.9.1973,

8.

BARISAN ASLAN, N. IL 25.5.1958,

9.

OMEROVIC MENSOUR, N. IL 9.10.1974,

10. HAMIDOVIC HALIL, N. IL 14.2.1982,
11. OSMANOVIC SAFET, N. IL 15.5.1985,
12. SEJDIC RENATA, N. IL 18.12.1974,
13. HRUSTIC ADEM, N. IL 10.6.1980,
14. OSMANOVIC ALEN, N. IL 13.12.1969,
15. HAMIDOVIC ZAJKO, N. IL 18.9.1950,
avverso la sentenza n. 8880/2011 pronunciata dalla Corte di Appello di Roma
il 19/4/2012;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;

Data Udienza: 13/12/2013

udite le conclusioni del P.G. Dott. Oscar Cedrangolo, che ha chiesto la
declaratoria di inammissibilità dei ricorsi proposti rispettivamente nell’interesse
di Hamedovic Osman (per rinuncia al medesimo), Berisan Aslan, Omerovic
Mensour, Haidovic Zajko ed il rigetto di tutti i restanti ricorsi;
uditi il difensore di Hrustic Adem, avv. Federica Brancaccio, in sostituzione
dell’avv. Marco Lucentini; di Berisan Aslan e Hamidovic Halil, avv. Piergiorgio
Manca, nonché, ancora per l’Hamidovic, avv. Dario Masini; di Simoni Gilberto,
Osmanovic Sacir, Hamidovic Planika, Osmanovic Pasaga, Sejdic Harija, e

Safet, avv. Massimo Mercurelli, i quali hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi
ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. Il presente procedimento ha visto promuovere l’azione penale per la
ritenuta sussistenza di tre associazioni per delinquere finalizzate al compimento
di una serie indeterminata di importazioni nel territorio italiano di sostanza
stupefacente del tipo cocaina e alla relativa vendita. Stupefacente che il primo
tra i sodalizi individuati (quello facente capo a Sejdic Zlatan e ad Hamidovic
Mersida e avente quali partecipi, per quel che qui interessa, altri componenti
della famiglia Hamidovic) importava dalla Spagna [capo A) e connessi capi da
B1) a B4), concernenti le vendite sul suolo nazionale], laddove il secondo
(incentrato sui componenti della famiglia Osmanovic) ed il terzo la importavano
dall’Olanda [capo C) e connessi capi da D1) a D45), nonché capo E) e connessi
capi da E1) a E5)].
Una quarta qualificata associazione (costituita da Del Genio Domenico,
Omerovic Mensur e Olivieri Nicola) veniva identificata dalla contestazione al capo
P) [e connessi capi da P1) a P3)] e descritta come diretta alla
commercializzazione di quantitativi di cocaina nella provincia di Roma e nella
capitale. Infine, una serie ulteriore di imputazioni venivano elevate per reati non
concernenti il traffico di stupefacenti ma variamente collegati alle vicende
portate alla luce dalle indagini espletate. Il tutto in un arco temporale
complessivamente compreso tra il luglio 2004 e l’anno 2008.
In via di prima esplicazione si può riferire che, in parziale riforma della
sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma, con il provvedimento indicato in
epigrafe la Corte di Appello di Roma ha ritenuto insussistenti l’associazione
descritta al capo A) e molteplici fatti di spaccio, ed ha confermato nel resto il
provvedimento impugnato, pervenendo ad una generalizzata riduzione delle
pene inflitte dal primo giudice.

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Hamodovic Jadranka, avv. Antonio Greco; di Omerovic Mensour ed Osmanovic

2. L’esplicazione dei contenuti dell’accertamento condotto nei gradi di merito
deve essere operato trattando unitariamente le statuizioni della Corte di Appello
concernenti i singoli ricorrenti e le censure ad esse mosse, in modo da evitare
faticose ripetizioni o richiami non agevolmente intellegibili. Dal novero degli
originari ricorrenti è stato escluso Risdon Paolo, la cui posizione processuale è
stata separata all’odierna udienza, con provvedimento dettato a verbale, stante
l’impedimento assoluto del difensore del medesimo.
2.1. HAMIDOVIC OSMAN

che lo voleva partecipe dell’associazione qualificata importatrice di cocaina dalla
Spagna [capo B)] ma ha confermato il giudizio di responsabilità per il reato sub
B1), ovvero per l’illegale importazione in Italia, dalla Spagna, di 2,050
chilogrammi di cocaina, che veniva sequestrata a Roma il 29.5.2005 ai corrieri
Bajaramovic Resid e Sejdic Jasmin.
Per la Corte territoriale gli elementi di prova a carico si deducono dalle
telefonate intercettate sul RIT 1260/05, progressivo 790 e seguenti, correnti
sull’utenza in uso al Sejdic, in quanto dal tenore delle conversazioni in lingua
Rom emerge che sin dal 12 maggio 2005 erano in corso i preparativi del viaggio
programmato per l’importazione dello stupefacente e che nell’ambito dei contatti
mantenuti tra il Sejdic e i diversi componenti della famiglia Hamidovic anche
l’Osman discusse con lo Jasmin dei corrieri da utilizzare e degli accompagnatori
(40-41). Inoltre, il collaboratore Zahirovic Ahmed aveva indicato lo Osman come
quello tra i membri della famiglia Hamidovic svolgente compiti di spaccio della
droga e di reinvestimento dei proventi nell’acquisto di partite di stupefacenti.
Il ricorrente ha lamentato la violazione di legge ed il vizio motivazionale
perché la Corte di Appello non avrebbe spiegato come sia pervenuta al
convincimento della responsabilità di Hamidovic Osman sulla base delle
telefonate in questione e non ha risposto al motivo di appello che censurava
l’insufficienza degli elementi disponibili al giudizio a dare dimostrazione del
preciso ruolo svolto dal prevenuto. Si afferma, al proposito, che “gli stessi
elementi accusatori avrebbero potuto configurare un diverso e minore ruolo
dell’Hamidovic” con la possibilità di ritenere eventualmente integrato il
favoreggiamento reale. Si rileva che il riferimento fatto alle dichiarazioni dello
Zahirovic non ne prende in considerazione la genericità, atteso che esse non
specificavano se i predetti compiti fossero svolti dall’Osman o dal fratello Halil.
Con un secondo motivo si sono lamentati analoghi vizi in relazione alla
conferma del giudizio di equivalenza operato dal primo giudice nonostante che
l’assoluzione per il reato associativo facesse residuare una sola, delle più
aggravanti in origine contestate.

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La Corte di Appello ha mandato assolto Hadimovic Osman dall’imputazione

2.2. SIMONI GILBERTO, OSMANOVIC SACIR, HAMIDOVIC PLANIKA,
OSMANOVIC PASAGA, SEJDIC HARIJA, HAMIDOVIC JADRANKA
Osmanovic Sacir, Hadamovic Planika, Osmanovic Pasaga, Sejdic Hariria e Simoni
Gilberto sono stati ritenuti dalla Corte di Appello partecipi dell’associazione
qualificata costituita per l’importazione di cocaina dall’Olanda [capo C)], nonché
di taluni delitti di spaccio della droga.
Più precisamente, il Simoni del reato di cui al capo D12),

relativo

all’importazione illecita di cocaina in Italia tra il 20 e il 27 maggio 2005;

di circa 2 chili di cocaina avvenuta tra il 10 ed il 14 giugno 2005, del reato di cui
al capo D34), relativo all’importazione illecita di 1,856 chili di cocaina
dall’Olanda tra il 25 ottobre e il 1 novembre 2005, del reato di cui al capo D41),
costituito dall’importazione illecita di 1,286 di cocaina dall’Olanda, tra il 20 e il
21.2.2006, del reato di cui al capo 3), ovvero usura; Hamidovic Planika del reato
di cui al capo D10), rappresentato dal tentativo di importazione di circa 2 chili di
cocaina dall’Olanda tra il 3 e il maggio 2005; Osmanovic Pasaga del reato di cui
al capo D1), relativo all’importazione dall’Olanda di circa 2 chili di cocaina
avvenuta tra il 10 ed il 14 giugno 2005, del reato di cui al capo D2), ovvero
fornitura di documenti falsi, del reato di cui al capo D31), costituito dalla vendita
a Ridolfi Roberto di ingenti quantitativi di cocaina tra il 2 maggio ed il 26 ottobre
2005; Sejdic Harjia del reato di cui al capo D1), ovvero la già menzionata
importazione dall’Olanda di circa 2 chili di cocaina avvenuta tra il 10 ed il 14
giugno 2005; Hamidovic Jadranka del reato di cui al capo B1), consistito nel
concorso nell’importazione di 2,050 chili di cocaina dalla Spagna e del reato di
cui al capo B3), ovvero la detenzione di un quantitativo imprecisato di cocaina
commessa il 26.5.2005.
L’associazione in parola è stata ritenuta imperniata sui componenti delle
famiglie Osmanovic (Zinad, Samija, Sacir, Alen, Pasaga) e Sejdic, titolari di
relazioni illecite nell’area di Roma sud e del litorale. E’ in rapporto ad essa che
vengono richiamati l’arresto del Simoni, di Sejdic Hairia e di Osmanovic Pasaga
avvenuto il 1.11.2005 perché trovati in possesso di cocaina e quello di Ridson
Paolo nonché il fermo di Osmanovic Samija, Zinad e Safet avvenuti il 26.2.2006
ancora una volta in concomitanza ad un sequestro di droga. Più in dettaglio, la
Corte di Appello ha giudicato che il quadro probatorio rappresentato dalle
dichiarazioni, dalla documentazione e dai contenuti delle conversazioni captate
dia conferma dell’esistenza di un gruppo consolidatosi intorno alla famiglia
Osmanovic, stabilmente dedito al reperimento dei fondi necessari all’acquisto di
partite di droga in Olanda, alla pianificazione dei viaggi, all’importazione e allo
smercio dello stupefacente. In tale contesto il ruolo del Simoni e di Sejdic Harija

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Osmanovic Sacir del reato di cui al capo D1), relativo all’importazione dall’Olanda

era stato quello di trasportare la droga dall’Olanda all’Italia; quello di Osmanovic
Sacir, figlio di Zinad, e di Pasaga, ritenuto in origine di natura dirigenziale, è
stato ricondotto alla mera partecipazione; quello della Planika, moglie di Sacir, di
corriere, di supporto logistico e di reperimento fondi per le importazioni.
Hadimovic Jadranka è stata invece ritenuta colpevole di aver partecipato
all’importazione di 2,050 chili di cocaina dalla Spagna e di aver detenuto
illecitamente un quantitativo imprecisato di cocaina.
Con il ricorso gli imputati parola propongono in primo luogo alcune censure a

Deducono, infatti, l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da Zahirovic Ahmet
allorquando era ristretto presso il carcere di Piacenza per tentato omicidio, non
essendo state esse documentate integralmente con mezzi di riproduzione
fonografica e audiovisiva secondo quanto previsto dall’art. 141bis cod. proc. pen.
Secondo la prospettazione difensiva, il fatto che nell’interrogatorio del
17.5.2006, reso al PM, lo Zahirovic avesse confermato le precedenti dichiarazioni
non può sanare la nullità determinatasi perché esse non furono previamente
lette in forma integrale.
Un secondo motivo censura la motivazione con la quale la Corte di Appello ha
confermato l’acquisizione agli atti delle dichiarazioni dello Zahirovic ai sensi
dell’art. 512 cod. proc. pen. Assumono gli esponenti che le argomentazioni
utilizzate dalla Corte di Appello per respingere la richiesta effettuata dalla difesa
di espunzione di tali dichiarazioni dal fascicolo per il dibattimento sono
assolutamente illogiche.
Un terzo motivo investe la utilizzabilità delle dichiarazioni di Budeci Ekrem,
acquisite ai sensi dell’art. 500, co. 4 cod. proc. pen. sul presupposto dell’esser
stato il medesimo destinatario di minacce, violenza, offerta o promessa di denaro
o altra utilità, laddove dagli elementi valutati dalla Corte di Appello emerge che il
Budeci si avvalse della facoltà di non rispondere per il fatto di non aver ricevuto
dall’autorità statuale quanto si attendeva. Si rappresenta, quindi, ‘travisamento
del fatto’ e carenza di motivazione. Quest’ultima anche in relazione all’omessa
valutazione di specifiche osservazioni difensive poste a sostegno del motivo di
appello (pg. 7), le quali concernevano le circostanze fattuali valorizzate dalla
Corte distrettuale.
Un quarto motivo attiene alla motivazione con la quale la Corte di Appello ha
respinto le censure concernenti l’identificazione dei colloquianti mediante
riconoscimento della voce operato dal maresciallo Di Lorenzo. Si assume che non
sono rintracciabili gli atti irripetibili ai quali la Corte distrettuale ha fatto
riferimento per convalidare il giudizio secondo il quale i riconoscimenti eseguiti
dal Di Lorenzo sono attendibili.

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tutti loro comuni.

Un quinto motivo concerne la motivazione in ordine alle prove dichiarative,
che erano state investite da specifiche censure con i motivi di appello; la Corte di
Appello non avrebbe dato alcuna risposta. Laddove ha affermato che le
dichiarazioni accusatorie dei coimputati possono costituire reciproco riscontro
non ha specificato quale fosse tale riscontro; più in generale i ricorrenti
lamentano la mancata indicazione dei ritenuti riscontri.
Un sesto motivo non concerne Hamidovic Jadranka e denuncia vizio
motivazionale in relazione alla sussistenza dell’associazione ex art. 74 T.U. Stup.

sodalizio dei ricorrenti senza però indicare quale sia stato il contributo da
ciascuno reso, quali elementi dimostrino la consapevolezza dei medesimi di far
parte del sodalizio, quali prove permettano di affermare il vincolo permanente
tra tutti. In particolare, si rileva che l’arresto del Simoni fu svincolato dalle
indagini relative all’esistenza dell’associazione; i due fatti di importazione che
sono stati ritenuti coinvolgono persone diverse; sussisterebbe non già
un’associazione per delinquere bensì un concorso di persone nel reato.
Un settimo motivo attiene al solo Simoni e concerne la partecipazione del
medesimo all’associazione in parola. Si assume la manifesta illogicità della
motivazione.
L’ottavo ed il nono motivo attengono alla sola Hamidovic Jadranka; il primo
concerne la responsabilità per il reato sub B1). Con i motivi di gravame si era
contestato il riconoscimento vocale operato dal Di Lorenzo, posto che l’imputata
non era mai stata fermata, arrestata o controllata dall’operante e si era rilevato
che i collaboratori Budeci e Sgrò non l’avevano mai chiamata in causa. Ciò
nonostante la Corte di Appello non avrebbe dato alcuna risposta a tali
osservazioni critiche alla sentenza di primo grado.
Il secondo concerne l’omessa motivazione in merito al giudizio di
responsabilità per il capo B3) che si deduce dall’aver la Corte di Appello previsto
un aumento di pena in continuazione.
L’ultimo motivo, nuovamente comune a tutti i ricorrenti, attiene al vizio
motivazionale nel quale sarebbe incorsa la Corte di Appello nella determinazione
della pena e nel giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche. Con l’appello
si era lamentata la sproporzione delle pene tenuto conto che non si era accertata
natura, quantità e purezza della droga; la Corte distrettuale avrebbe omesso
ogni risposta sul punto. Infine, si ritiene meramente apparente la motivazione
resa dalla Corte di Appello sul giudizio di equivalenza delle concorrenti
circostanze eterogenee.
2.3. BERISA ASLAN

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In sostanza, si critica che la Corte di Appello abbia ritenuto l’affiliazione al

Il ricorrente, ritenuto colpevole dell’importazione dall’Olanda di 1,700
chilogrammi di cocaina tra il 20 ed il 27.5.2006 [D12)], lamenta vizio
motivazionale per aver la Corte di Appello fondato il proprio giudizio su due sole
conversazioni telefoniche dal contenuto generico, dando per scontato l’esistenza
di un accordo tra il Berisa e Osmanovic Alen avente ad oggetto l’acquisto da
parte del primo di un quantitativo di droga importato dal secondo dall’Olanda,
senza che ciò sia desumibile dagli atti. Né la Corte distrettuale si è posta il
problema se l’accordo ipotizzato non si fosse perfezionato, alla luce del fatto che

parlato il Berisa) non si fa mai riferimento a quest’ultimo.
Si censura, poi, che il capo D12) non riporti la condotta ascritta al Berisa; si
rileva che tale doglianza non è stata avanzata in precedenza solo perché
contestata anche la partecipazione al sodalizio criminoso. Se ne deduce la nullità
del capo di imputazione.
Con un terzo motivo si deduce vizio motivazionale in relazione alla sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 73, co. 6 T.U. Stup., per omessa esplicazione della
condotta ascritta al Berisa.
2.4. OMEROVIC MENSOUR
L’Omerovic è stato mandato assolto dal delitto di cui all’art. 74 T.U. Stup. per
aver partecipato all’associazione qualificata di cui al capo P) unitamente a Del
Genio Domenico e a Olivieri Nicola, e giudicato responsabile di cessione illecita a
terzi di cocaina [P3)].
Con unico motivo deduce violazione di legge processuale [606 lett. c) cod.
proc. pen.], per aver la Corte di Appello fondato l’affermazione di responsabilità
su conversazioni telefoniche ricondotte all’Omerovic sulla base del
riconoscimento vocale operato dal Di Lorenzo, che tuttavia non aveva potuto
ascoltare “con sufficiente continuità e per un tempo apprezzabile” la voce del
prevenuto il quale, con la moglie, era stato rinvenuto in possesso di utenze
cellulari diverse da quelle utilizzate per le comunicazioni con il Del Genio. Quanto
alle foto che lo ritraggono con il Del Genio, rileva il ricorrente che esse
dimostrano solo la reciproca conoscenza tra i due. Né risulta provato che
l’Omerovic fosse noto come Sandro’, nome utilizzato nelle conversazioni ed
attribuito dai giudici al ricorrente in parola.
2.5. HAMIDOVIC HALIL
Hamidovic Halil è stato giudicato concorrente nell’importazione di kg. 2,050 di
cocaina dalla Spagna, commessa il 29.5.2005.
Egli articola un primo motivo, che lamenta violazione di legge, in relazione alla
acquisizione agli atti delle dichiarazioni dello Zahirovic ai sensi dell’art. 512 cod.
proc. pen. Assume l’esponente che le argomentazioni utilizzate dalla Corte di

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nelle successive telefonate tra l’Osmanovic e la moglie (con la quale aveva

Appello per respingere la richiesta di espunzione dagli atti del fascicolo per il
dibattimento sono assolutamente illogiche, laddove argomenta circa la
imprevedibilità della indisponibilità del dichiarante al tempo del giudizio. Inoltre
la Corte di Appello ha trascurato di valutare il rilievo difensivo che richiamava
alla necessità che l’assenza dello Zahirovic fosse dovuta a ragioni oggettive.
Un secondo motivo investe la utilizzabilità delle dichiarazioni di Budeci Ekrem,
acquisite ai sensi dell’art. 500, co. 4 cod. proc. pen. sul presupposto dell’esser
stato il medesimo destinatario di minacce, violenza, offerta o promessa di denaro

Budeci si avvalse della facoltà di non rispondere in base ad una scelta di natura
processuale. Si aggiunge, rispetto alle argomentazioni sviluppate da altri
ricorrenti, che la Corte di Appello ha violato l’art. 238bis cod. proc. pen. perché
ha disatteso il giudizio che il Gip del Tribunale di Roma aveva espresso
pronunciando sentenza che escludeva la responsabilità di taluni tra gli imputati
del presente procedimento per le minacce subite dal Budeci.
Con un terzo motivo si deduce vizio motivazionale per aver la Corte di Appello
fondato l’affermazione di responsabilità su conversazioni telefoniche ricondotte
all’imputato sulla base del riconoscimento vocale operato dal Di Lorenzo,
rilevando che per la giurisprudenza di legittimità la conoscenza da parte
dell’operante della persona la cui voce diviene oggetto di riconoscimento deve
essere pregressa rispetto a questo e non successiva. Peraltro, laddove la Corte di
Appello fa riferimento, in chiave di conferma della attendibilità del Di Lorenzo, a
una serie di atti irripetibili convergenti, non fa alcun riferimento alla persona di
Hamidovic Hall!.
Con un quarto motivo si deduce vizio motivazionale in relazione
all’affermazione di responsabilità del prevenuto per il reato sub B1).
Si richiama al riguardo quanto osservato in merito al riconoscimento vocale e
si aggiunge, con riferimento alle dichiarazioni accusatorie dello Zahirovic, che
questi aveva riferito di fatti dell’anno 2004 laddove il reato di cui al capo B1)
risale al maggio 2005.
Con un quinto motivo si denuncia vizio motivazionale per aver la Corte di
Appello negato la prevalenza delle concesse attenuanti generiche con
l’affermazione della mancata emersione di segni di resipiscenza (affermazione
genericamente riferita a tutti gli imputati) laddove il prevenuto aveva
documentato lo stato di tossicodipendenza e la volontà di dare corso ad un
programma di recupero psico-sociale.
2.6. SE3DIC RENATA

Sejdic Renata è stata giudicata concorrente nell’illecita importazione dalla
Spagna di 2,050 kg. di cocaina risalente al maggio 2005.

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o altra utilità, laddove dagli elementi valutati dalla Corte di Appello emerge che il

Un primo motivo di ricorso è formulato per la violazione di legge che si ravvisa
in relazione alla acquisizione agli atti delle dichiarazioni dello Zahirovic ai sensi
dell’art. 512 cod. proc. pen. Le argomentazioni sono quelle già illustrate in
occasione della superiore ricognizione dei ricorsi dei coimputati.
L’esponente aggiunge che, in ogni caso, quelle dichiarazioni non avrebbero
potuto essere utilizzate ai fini della decisione, ai sensi dell’art. 526, co. 1bis cod.
proc. pen.
Un secondo motivo investe l’affermazione di responsabilità per il reato sub

nessun passo viene esplicitato quale sarebbe l’utenza sulla quale la sua (della
prevenuta) voce sarebbe stata ascolta per la prima volta”.
Un terzo motivo deduce la manifesta illogicità della motivazione resa dalla
Corte di Appello per escludere la prevalenza delle circostanze attenuanti
generiche sulla contestata aggravante: si fa riferimento al fatto che l’attività
illecita sarebbe l’unica fonte di procacciamento di reddito mentre si assolve la
prevenuta dalla contestazione che aveva ad oggetto il reato associativo. Si
lamenta infine l’eccessività della pena.
2.7. HRUSTIC ADEM
Hrustic Adem è stato ritenuto concorrente in un unico fatto di importazione di
droga, connesso alle attività del sodalizio facente capo agli Osmanovic, pur
essendo stato assolto dall’accusa di aver fatto parte di esso.
Con unico motivo lamenta violazione di legge in relazione all’art. 192 cod.
proc. pen. e vizio motivazionale in ordine alla prova della propria responsabilità
per il reato di cui al capo D1). La Corte di Appello ha fondato il giudizio di
responsabilità su un dato incerto, come la riconducibilità delle intercettazioni
telefoniche all’imputato. In presenza della circostanza secondo la quale il Budeci
aveva escluso ogni rapporto illecito con lo Hrustic, la Corte di Appello ha
ricondotto a quest’ultimo le comunicazioni in parola sulla base dell’utilizzo in esse
del nome Adamiza, quindi di un dato incerto che avrebbe dovuto condurre ad
assoluzione, considerato che anche gli operanti hanno confermato di non
riconoscere nella voce intercettata riferita ad Adamiza quella dell’imputato.
2.8. OSMANOVIC SAFET, OSMANOVIC ALEN
Come già espresso, Osmanovic Safet ed Osmanovic Alen sono stati ritenuti
partecipi dell’associazione imperniata su componenti della famiglia Osmanovic
nonché il primo concorrente in uno specifico reato-fine [D34), importazione
illecita di 1,856 chili di cocaina dall’Olanda tra il 25 ottobre e il 1 novembre
2005]; il secondo in quattro reati-fine [D1), importazione dall’Olanda di circa 2
chili di cocaina avvenuta tra il 10 ed il 14 giugno 2005; D25), cessione illecita di
droga a soggetti non menzionanti, tra il 2 e il 5 giugno 2005; D34), importazione

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B1). La motivazione della Corte di Appello è del tutto carente posto che “in

illecita di 1,856 chili di cocaina dall’Olanda tra il 25 ottobre e il 1 novembre
2005; D41), importazione illecita di 1,286 di cocaina dall’Olanda, tra il 20 e il
21.2.2006].
Vengono proposti due distinti atti di ricorso, dal contenuto tuttavia quasi
integralmente coincidente.
Motivi comuni:
Un primo motivo investe la utilizzabilità delle dichiarazioni di Budeci Ekrem,
acquisite ai sensi dell’art. 500, co. 4 cod. proc. pen. sul presupposto dell’esser

o altra utilità, laddove dagli elementi valutati dalla Corte di Appello emerge che il
Budeci si avvalse della facoltà di non rispondere per il fatto di non aver ricevuto
dall’autorità statuale quanto si attendeva. Si richiama, nei termini comuni ai
ricorsi dei coimputati, la sentenza di assoluzione pronunciata nel giudizio avente
ad oggette le minacce patite dal Budeci.
Si assume, inoltre, l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal Budeci nel corso
delle indagini preliminari per essere stato omesso l’avviso di cui all’art. 64, co. 3
lett. c) cod. proc. pen.
Si rappresenta, quindi, con un secondo motivo, ‘travisamento del fatto’ e
vizio di motivazione in relazione alle dichiarazioni della Sgrò e del Budeci, con
riferimento al reato sub C).
Si svolge la questione del riconoscimento vocale operato dal Di Lorenzo,
rilevando, quanto al Safet, che la conversazione che permise di identificarlo
(nella quale un soggetto disse di aver avuto un incidente; il successivo
accertamento operato dagli inquirenti fece risalire ad Osmanovic Safet) non è tra
quelle trascritte con la perizia, sicchè è inutilizzabile. Inoltre non è stato acquisita
la eventuale relazione di servizio redatta nell’occasione né sentito un teste che
operò. Da ciò deriva l’incertezza sull’accostamento del Safet all’utenza che a lui
si vuole riportare.
Sotto altro profilo, i principi ai quali la Corte di Appello si è richiamata per
risolvere il tema dell’attribuzione delle voci colloquianti non sono stati applicati in
modo coerente, visto che per il Safet non c’è stato un ascolto lungo e continuo
dell’utenza a lui riferita, essendo stato esso limitato a trentadue giorni, durante i
quali si captarono poche conversazioni.
Quanto ad Osmanovic Alen, ricordato che il Di Lorenzo aveva detto che alla
attribuzione al medesimo dell’utenza 3290380506 si era pervenuti perché in
sede di perquisizione a carico di Hamidovic Edo fu trovata un agenda con
l’annotazione del numero e la dicitura Tarzo Alen, l’esponente rileva che la Corte
di Appello ha arbitrariamente collocato tale perquisizione subito dopo
l’operazione che gli inquirenti compirono presso l’aeroporto di Roma, poiché tale

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stato il medesimo destinatario di minacce, violenza, offerta o promessa di denaro

scansione cronologica non è stata operata da alcun teste. Si tratta, per il
ricorrente, di una circostanza essenziale perché se l’agenda fosse stata ritrovata
a distanza di mesi si deve tener conto dell’eventualità che l’utenza in parola
potesse aver cambiato usuario. Inoltre l’ascolto si era protratto per soli 23 giorni
e aveva riguardato poche conversazioni.
Si ravvisa poi inconciliabilità tra le dichiarazioni di Sgrò e quelle del Budeci,
inconciliabilità che il giudice di secondo grado avrebbe risolto in modo arbitrario
e rimuovendo le incongruenze relative a punti essenziali della ricostruzione dei

divergenze, ritenere che dalle dichiarazioni del Budeci venissero i riscontri a
quelle della Sgrò. Ancora, dall’esame delle dichiarazioni rese al PM dal Budeci
emergerebbe che egli ebbe contati solo con Osmanoviz Zinad, Alen e Sacir, e che
Zinad e Sacir operavano ciascuno per proprio conto, solo concordando l’acquisto
all’estero in via del tutto occasionale e quindi “al di fuori … di un piano operativo
di collaborazione”.
Si deduce poi travisamento delle dichiarazioni della Sgrò e del Budeci,
consistente nel fatto che la Sgrò aveva detto di essersi accorta delle attività di
Budeci nell’estate 2005, mentre la Corte di Appello ha affermato che la
dichiarante parlava per esperienza diretta anche in relazione a fatti precedenti al
2005.
Si sostiene che il Budeci ha assunto la veste di teste de relato con riferimento
all’Alen, sicchè il valore delle sue dichiarazioni è nullo.
Un terzo motivo denuncia vizio motivazionale e violazione di legge, in
relazione alla affermazione di responsabilità dell’imputato Osmanovic Safet per il
reato sub D34), perché fondata solo su conversazioni correnti su utenze non
attribuitegli.
Analogo motivo è stilato per Osmanovic Alen, in relazione all’affermazione di
responsabilità per D1), D34) e D41), lamentando la inintelliggibilità delle
conversazioni intercettate e che l’affermazione di responsabilità è basata su
conversazioni, alcune delle quali attribuitegli nonostante siano state intercettate
su utenze diverse da quella della quale era usuario. Inoltre per il capo D34)
sarebbe del tutto omessa la motivazione. Quanto al D41), si critica il fatto la
Corte di Appello abbia posto la premessa della gestione comunitaria delle
importazioni da parte dei componenti della famiglia Osmanovic per poi derivarne
che anche l’Alen deve essere responsabile del reato in questione. Irragionevole
per l’esponente è la relazione stabilita tra le rimesse in denaro effettuate
ventidue, quindici ed otto giorni prima dell’operazione realizzata tra il 20 ed il 21
febbraio e quest’ultima.

11

fatti. Inoltre, mai la Corte distrettuale avrebbe potuto, stante le accertate

Un ultimo motivo attiene alla determinazione della pena. La Corte di Appello
ha confermato un giudizio di equivalenza tra le circostanze che non ha più
ragione d’essere dopo che la stessa ha escluso tutte le aggravanti di cui al capo
C); ciò avrebbe dovuto comportare una riduzione della pena base perché le
circostanze che riguardano i reati satellite non concorrono al giudizio di
bilanciamento. Si evoca anche la violazione dell’art. 597, co. 4 cod. proc. pen.
2.9. HAMIDOVIC ZAJKO
Hamidovic Zajko è stato condannato per aver preso parte all’importazione di

Con motivo unico lamenta vizio motivazionale in relazione alla valutazione
operata dei contenuti delle poche intercettazioni telefoniche che si sono
ricondotte alla sua persona; contenuti che per l’esponente non sono idonei a
sostenere un giudizio di colpevolezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.1. HAMIDOVIC OSMAN
Il ricorso proposto nell’interesse di Hamidovic Osman è inammissibile, ai sensi
dell’articolo 591 comma 1, lettera d) cod. proc. pen., avendo questi rinunciato
all’impugnazione con dichiarazione presentata personalmente dall’imputato
all’ufficio matricola della casa circondariale di Civitavecchia, datata 5.5.2013.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
3.2. SIMONI GILBERTO, OSMANOVIC SACIR, HAMIDOVIC PLANIKA,
OSMANOVIC PASAGA, SEJDIC HARIJA, HAMIDOVIC JADRANKA
3.2.1. La pretesa violazione dell’art. 141bis cod. proc. pen. per non essere
state documentate con mezzi di riproduzione fonografica e audiovisiva le
dichiarazioni rese da Zahirovic Ahmet il 21.12.2005 è insussistente.
Per parte della giurisprudenza di legittimità la regola dell’inutilizzabilità per
l’omessa riproduzione fonografica o audiovisiva dell’interrogatorio, svolto fuori
udienza, di persona detenuta, è circoscritta al solo ambito cautelare, sicché non
ha alcuna rilevanza nell’ambito dell’accertamento giudiziale della responsabilità
penale (Sez. 1, n. 17422 del 08/03/2011 – dep. 05/05/2011, Funai, Rv.
250322). Si tratta, invero, di un’affermazione che non pare persuasiva perché
identificato un limite che non sembra potersi rinvenire nel testo di legge e
peraltro in contrasto con quanto espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte in
un caso nel quale si discuteva dell’utilizzabilità di dichiarazioni da farsi valere in
giudizio. Nell’occasione il S.C. non ha risolto il tema facendo riferimento
all’ambito dell’accertamento ed ha concluso nel senso che la riproduzione
fonografica o audiovisiva dell’interrogatorio della persona detenuta, svolto fuori
dell’udienza, è prescritta dall’art. 141-bis cod. proc. pen. anche con riferimento

12

kg. 2,050 di cocaina dalla Spagna.

alla documentazione delle dichiarazioni rese “erga alios”, a pena di inutilizzabilità
delle stesse sia nei confronti del dichiarante, sia nei confronti dei terzi (Sez. U,
n. 39061 del 16/07/2009 – dep. 08/10/2009, De brio, Rv. 244326).
Meritevole di adesione è quindi l’orientamento per il quale qualunque
dichiarazione resa in sede di interrogatorio, anche se reiterato o effettuato con le
modalità del confronto, da persona detenuta, quale che sia il titolo detentivo, e
anche se relativa a fatti privi di connessione o di collegamento con quelli per cui
l’interrogatorio è stato disposto, deve essere documentata con le formalità

coinvolto in ipotesi comportanti eventuali responsabilità penali. Ove manchi la
riproduzione fonografica o audiovisiva dell’interrogatorio o siano assenti le
previste forme alternative ad essa, l’atto è colpito dalla sanzione di inutilizzabilità
sia nei confronti della persona che lo rende, sia nei confronti di terzi, in quanto è
la registrazione, e non il verbale, redatto contestualmente in forma riassuntiva, a
far prova delle dichiarazioni rese dalla persona detenuta. Siffatta inutilizzabilità
impedisce la valutazione dell’atto sia nel dibattimento a fini probatori, sia in
rapporto ad ogni altra decisione da adottare nei riti alternativi, sia in fase di
indagini preliminari, come elemento apprezzabile a fini dell’adozione di
provvedimenti cautelari e come presupposto per il compimento di ulteriori
indagini (Sez. U, n. 9 del 25/03/1998, D’Abramo, Rv. 210803; Sez. U, n. 10 del
25/03/1998, Savino, non massimata sul punto).
Tuttavia, e sono ancora le S.U. a precisarlo, l’ambito oggettivo di applicazione
del ricordato principio ricomprende il solo interrogatorio, dovendosi intendere
con tale locuzione quello reso davanti all’autorità giudiziaria dall’indagato o da
persona imputata in un procedimento connesso o di reato collegato, restando
esclusi, dall’ambito di operatività della norma, le sommarie informazioni o le
dichiarazioni rese alla P.G. a norma degli artt. 350 e 351 cod. proc. pen., nonché
gli interrogatori assunti da quest’ultima su delega del P.M., le dichiarazioni
spontaneamente rese al P.M. o al giudice e gli interrogatori resi in udienza.
Nel caso che occupa, dalla sentenza impugnata risulta che lo Zahirovic chiese
di essere sentito e che fu sentito dai CC in carcere. Dalla sentenza di primo
grado (pg. 20), inoltre, emerge che si trattò di un colloquio investigativo, al
quale fece seguito l’interrogatorio reso il 1.5.2006 (il cui verbale fu oggetto di
acquisizione ex art. 512 cod. proc. pen. con ordinanza dell’8.4.2010):
interrogatorio operato dai Cc su delega del Pm procedente.
Ne deriva che la prima ricezione delle dichiarazioni dello Zahirovic non era
assoggetta alla regola disposta dall’art. 141bis cod. proc. pen., perché non
eseguita in occasione di un interrogatorio.

w’ .
13

previste dall’art. 141-bis cod. proc. pen. a salvaguardia di chiunque possa essere

Inoltre, stando ancora a quanto affermato dalla sentenza di primo grado e
non contestato dagli odierni ricorrenti, anche le successive dichiarazioni dello
Zahirovic non richiedevano alcuna registrazione, visto che si trattò di atto
delegato dal P.m.
In conclusione, non può ravvisarsi alcuna inutilizzabilità delle dichiarazioni in
carcere dallo Zahirovic; e, di conseguenza, alcuna inutilizzabilità delle
dichiarazioni del 1.5.2006 che ad esse facevano richiamo.
3.2.2. Alcuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata per aver

cod. proc. pen.
Appare opportuno rammentare che, se è principio più volte affermato che,
allorquando venga dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in
procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., la
Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa
questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali (Sez. 1, n. 8521
del 09/01/2013 – dep. 21/02/2013, Chahid, Rv. 255304), esula tuttavia dai
compiti di questa Corte quello di svolgere un nuovo accertamento dei fatti
assunti quale base della valutazione giudiziale.
Nel caso di specie tanto si concreta nell’impossibilità di rivalutare i dati
disponibili ai fini del giudizio incidentale in ordine alla irreperibilità dello
Zahirovic, dovendosi svolgere il sindacato di questa Corte sulla congruenza alle
regole di legge e alla logica della motivazione che esplica le ragioni di quel
giudizio (“In tema di letture dibattimentali, la valutazione sulla non ripetibilità e
sulla imprevedibilità dell’evento che rende impossibile la ripetizione, legittimando
la lettura dell’atto precedentemente assunto, è rimessa al giudice di merito, il
quale deve formulare in proposito un giudizio di cosiddetta “prognosi postuma”,
con motivazione logica ed adeguata”: Sez. 1, n. 45862 del 17/10/2011 – dep.
07/12/2011, P.G., Abbate e altri, Rv. 251581).
Orbene, sul piano dei principi la decisione impugnata è in linea con
l’interpretazione dell’art. 512 cod. proc. pen. espressa da questa Corte. Vale
rammentare, in ragione della pertinenza alla questione in trattazione, che la
mera condizione di cittadino extracomunitario privo del permesso di soggiorno
non è sufficiente, di per sé, a rendere prevedibile il suo allontanamento dal
territorio nazionale e l’assenza dal dibattimento, sicché nei casi di impossibilità
sopravvenuta di ripetizione può darsi lettura delle dichiarazioni rese alla polizia
giudiziaria durante le indagini preliminari (Sez. 3, n. 38342 del 25/06/2013 dep. 18/09/2013, Limani, Rv. 256433); piuttosto, va valutato se la persona di
cui trattasi, specie se cittadina straniera, risulti avere uno stabile insediamento

14

disposto l’acquisizione delle dichiarazioni dello Zahirovic ai sensi dell’art. 512

nel nostro Paese (spunti in Sez. 5, n. 48284 del 10/11/2004 – dep. 15/12/2004,
Nicolini, Rv. 230367).
Facendo applicazione di tali principi la Corte di Appello ha spiegato, con
motivazione immune da censure elevabili in questa sede, che al momento
dell’interrogatorio il cui verbale è stato poi acquisito al giudizio, lo Zahirovic era
detenuto per un grave titolo di reato; aveva un ‘curriculum giudiziario’ che ne
manifestava lo stabile radicamento sul territorio nazionale; che egli era rimasto n
Italia anche dopo la scarcerazione, essendo stato arrestato per furto il

Si tratta di motivazione non manifestamente illogica e pertanto, il
provvedimento acquisitivo non presenta profili che ne impongano la rimozione.
3.2.3. Il motivo che vede sull’acquisizione delle dichiarazioni del Budeci ai
sensi dell’art. 500, co. 4 cod. proc. pen. è parimenti infondato.
Mette conto rammentare che il Tribunale aveva disposto l’acquisizione delle
dichiarazioni predibattimentali del Budeci in quanto – all’esito dell’accertamento
incidentale apertosi dopo che il collaboratore, all’udienza del 14.1.2010, si era
avvalso della facoltà di non rispondere – aveva ritenuto accertato che siffatto
comportamento processuale era stato causato dalle minacce che il collaboratore
aveva ricevuto da Sgrò Stefania (legata al Budeci da una relazione sentimentale)
e da altre persone collegate al gruppo familiare di alcuni degli imputati,
ricavando tale giudizio dalle dichiarazioni della Sgrò medesima, di Luta Florin e
dal carteggio intervenuto tra il Budeci e la Sgrò.
Le censure difensive, incentrate sul fatto che il Budeci non era mai venuto a
conoscenza delle offerta di denaro e delle minacciate ritorsioni provenienti da
Pajkanovic Vesna; sul carattere generico del timore manifestato dal Budeci nel
carteggio menzionato; sulla circostanza dell’essere intervenuta sentenza di
assoluzione delle persone che erano state imputate di aver operato le
intimidazioni segnalate dalla Sgrò, sono state respinte dalla Corte di Appello.
Con i ricorsi si è lamentato il travisamento del fatto e l’interpretazione
manifestamente illogica dei dati processuali operati dalla Corte distrettuale, in
particolare a riguardo delle parole indirizzate allo Budeci dal codetenuto Giulio
Vanacore e della lettera del 6.10.2009. Si è censurato che la Corte di Appello
non abbia indicato alcun episodio dal quale desumere che il Budeci fosse stato
vittima di manovre inquinanti.
Orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il procedimento
incidentale diretto ad accertare gli elementi concreti per ritenere che il testimone
sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro al fine di
non deporre o di deporre il falso, se anche non richiede una prova certa, deve
fondarsi su elementi sintomatici e rivelatori dell’intimidazione subita dal teste,

15

20.5.2008.

connotati da precisione e persuasività, non potendo ritenersi sufficienti i meri
sospetti o soltanto il timore soggettivo di poter essere minacciato (Sez. 1, n.
39850 del 01/03/2012 – dep. 09/10/2012, Alampi e altri, Rv. 253951). Può
assumere rilievo qualunque elemento sintomatico dell’intimidazione subita dal
teste (tanto i fatti verificatisi in corso di dibattimento quanto gli elementi di fatto
presenti in atti: Sez. 3, n. 48140 del 08/10/2009 – dep. 17/12/2009, F., Rv.
245414), purché sia connotato da precisione, obiettività e significatività, secondo
uno “standard” probatorio che non può essere rappresentato dal semplice

richiesta soltanto per il giudizio di condanna (Sez. 6, n. 25254 del 24/01/2012 dep. 26/06/2012, Alcaro e altri, Rv. 252896; Sez. 6, n. 21699 del 19/02/2013 dep. 21/05/2013, Bruzzese e altro, Rv. 255661).
Se a giustificare la deroga al principio della formazione della prova in
contraddittorio non è sufficiente il timore soggettivo che non si coordini, quale
effetto, ad una causa esogena, non è però richiesto che autore dell’intimidazione
o della profferta di utilità sia il soggetto al quale si indirizza l’accusa
eventualmente contenuta nelle dichiarazioni di cui trattasi. La disciplina posta
dall’art. 111 Cost. e dall’art. 500, co. 4 cod. proc. pen. non trova origine
nell’affermarsi di una logica di tipo sanzionatorio, tale che l’utilizzazione di
dichiarazioni di minor valore epistemologico – perché non scaturite dal
contraddittorio tra le parti – risulti retribuzione penalizzante per chi non ha reso
possibile che il contraddittorio si dispiegasse. Piuttosto, le dichiarazioni
predibattimentali vengono recuperate al materiale utile per il giudizio perché stante l’avvenuta compromissione della genuinità della prova – non vi è più
alcuna necessità di tutelare un contraddittorio che ormai è stata minato nella sua
principale premessa (e non perché, come affermato da un autore, l’attentato alla
integrità della prova dimostri l’attendibilità delle dichiarazioni di cui trattasi). In
questo senso si è espressa la Corte costituzionale (ordinanza n. 453 del 2002), la
quale ha indicato la ratio della deroga al principio che vuole la prova formarsi
nel contraddittorio “nell’impedimento che la <

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