Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15005 del 19/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 15005 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Butikofer Roland, nato a Kernenried (Svizzera) il 19/04/1955

avverso la sentenza del 27/11/2013 della Corte di appello di Bologna

visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna dichiarava
sussistenti le condizioni per l’estradizione verso la Repubblica di Albania del
cittadino svizzero Roland Butikofer, nei cui confronti è stata pronunciata
condanna definitiva alla pena di sei anni di reclusione per il reato di traffico di
veicoli rubati con sentenza del Tribunale di Shkoder in data 29 luglio 2009.
La Corte rilevava che la grave malattia da cui risultava affetto l’estradando
(neoplasia alla prostata con metastasi agli arti inferiori) non costituiva ostacolo

‘2,9i

Data Udienza: 19/03/2014

all’accoglimento della domanda, posto che con nota del 26 luglio 2013 le autorità
albanesi avevano dichiarato che il sistema penitenziario vigente in quel Paese
offre le garanzie necessarie per tutelare la salute dei condannati, in particolare
presso strutture speciali del servizio sanitario penitenziario all’interno di un
centro ospedaliero universitario, improntato ai migliori standard europei, idoneo
alla cura di ogni tipo di patologia.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’estradando, con atto personalmente

comma 1, ultima parte, e 705 cod. proc. pen., posto che nell’ordinamento
albanese non sono previste cause di differimento dell’esecuzione della pena in
presenza di gravi malattie analoghe a quelle contemplate dagli artt. 146, 147
cod. pen. e 47 ter Ord. Pen.

Inoltre, come rilevato dal Procuratore Generale presso la Corte distrettuale,
che aveva concluso dando parere contrario all’accoglimento della domanda, il
servizio sanitario penitenziario albanese non offre alcuna garanzia circa la
sottoposizione dei detenuti a cure adeguate.
Tale realtà è attestata da ripetuti rapporti di Amnesty International, relativi
all’ultimo quinquennio, da cui si ricava che i detenuti in stato di custodia
cautelare nelle carceri albanesi sono spesso maltrattati e torturati dagli agenti di
custodia, e, per ciò che concerne più specificamente i sottoposti ad esecuzione
della pena, che i luoghi di detenzione sono caratterizzati da mancanza di igiene e
di scarsa manutenzione, al di sotto degli standard minimi europei.
Quanto alle attrezzature mediche, esse sono per lo più inadeguate e
raramente idonee per un trattamento specialistico dei detenuti affetti da
patologie mentali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Non costituisce di per sé violazione dei diritti fondamentali della persona,
evocati dall’art. 698 cod. proc. pen. e dall’art. 3 della Convenzione europea dei
diritti umani del 3 settembre 1953, la mancata previsione, nell’ordinamento dello
Stato richiedente la estradizione, di casi di rinvio obbligatorio o facoltativo della
esecuzione della pena, analoghi a quelli stabiliti nell’ordinamento italiano dagli
artt. 146 e 147 cod. pen. per il caso di soggetti affetti da grave infermità fisica,
essendo solo da accertare, salve le ipotesi in cui le condizioni di salute siano
radicalmente incompatibili con un regime carcerario di qualsiasi tipo (v. Sez. 6,

019,

sottoscritto, denunciando con un unico motivo la violazione degli artt. 698,

n. 35892 del 12/07/2004, Sumanschi, Rv. 229964), se il trattamento
penitenziario dello Stato richiedente assicuri adeguate esigenze di cura (v. Corte
Edu, 20 gennaio 2009, Slawomir Musial c. Polonia; Idem, 7 luglio 2009, Grori c.
Albania).

3. Nella specie, le condizioni patologiche descritte dal ricorrente (neoplasia
alla prostata con metastasi agli arti inferiori) non evidenziano di per sé alcuna
radicale incompatibilità con il regime carcerario, ove nelle strutture penitenziarie

Al riguardo va considerato che le autorità albanesi hanno affermato che il
sistema penitenziario offre idonee garanzie per tutelare la salute dei condannati,
eventualmente presso strutture speciali del Servizio sanitario penitenziario
all’interno di un Centro ospedaliero universitario, improntato ai migliori standard
europei.

4. Il ricorrente, senza contestare specificamente le riferite assicurazioni,
osserva che da plurimi rapporti di Amnesty International si ricaverebbe che i
detenuti in stato di custodia cautelare nelle carceri albanesi sono spesso
maltrattati e torturati dagli agenti di custodia, e, per ciò che concerne più
specificamente i sottoposti ad esecuzione della pena, che i luoghi di detenzione
sono caratterizzati da mancanza di igiene e di scarsa manutenzione, al di sotto
degli standard minimi europei.
Ora, da un lato, siffatte deduzioni attengono alla condizione degli imputati in
stato di custodia cautelare, spesso ristretti negli uffici di polizia (ove essi
sarebbero sottoposti a illegittime pressioni, anche di tipo fisico, finalizzate ad
ottenere una loro confessione o collaborazione), situazione non riferibile al caso
di specie, che attiene a una espiazione di pena derivante da condanna definitiva;
dall’altro, la denuncia circa le condizioni di mancanza di igiene o di scarsa
manutenzione che caratterizzerebbe in genere gli istituti penitenziari albanesi
non si estende alla indicazione di particolari carenze o inadeguatezze delle
speciali strutture del Servizio sanitario penitenziario esistenti all’interno di un
Centro ospedaliero universitario, relativamente alle quali ha dato particolari
assicurazioni la Parte richiedente.

5. Ciò detto in sede giurisdizionale circa la infondatezza del ricorso, è ben
evidente che le particolari forme patologiche di cui risulta affetto l’estradando
potranno essere considerate, ai fini della decisione circa l’emissione di un decreto
di estradizione, in sede di valutazione discrezionale da parte del Ministro della
giustizia.

%-/

del Paese richiedente siano assicurate adeguate condizioni di cura.

6. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod.
proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del b spese

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod.
proc. pen.
Così deciso il 19/03/2014.

processuali.

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