Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15 del 09/12/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15 Anno 2017
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: PACILLI GIUSEPPINA ANNA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CHAHBOUN MOHAMED n. a OULED YOUSSEF (Marocco) il 1° gennaio 1987,
avverso la sentenza n. 3155/2015 della Corte d’Appello di Milano del 21.4.2015
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita nella pubblica udienza del 9.12.2016 la relazione fatta dal Consigliere
Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di Luigi Birritteri, che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio per il reato di danneggiamento
aggravato e per il rinvio per la rideterminazione della pena quanto all’altro reato.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21.4.2015 la Corte d’appello di Milano ha confermato la
pronuncia emessa in data 24.6.2014 dal Tribunale della stessa città, che aveva
dichiarato l’imputato, in atti generalizzato, colpevole del reato di cui agli artt.
635, comma 2 n. 3 in relazione agli artt. 625, comma 2 n. 7, 61 n. 5, e 81 cpv
c.p. nonché del reato di cui agli artt. 582, 585, 576 n. 1 in relazione all’art. 61 n.
2 c.p.. E’ stato ritenuto, infatti, che la persona offesa, accortasi dei plurimi
danneggiamenti arrecati dall’imputato alle autovetture in sosta (tra cui, quella di
sua proprietà), una volta sceso in strada ed avere subito prima chiamato con il
cellulare il 112, si era imbattuto nell’imputato, che aveva cercato di riportare alla

Data Udienza: 09/12/2016

calma e che, di contro, si avventava contro di lui, colpendolo con un pugno e un
calcio, facendolo rovinare a terra e procurandogli lesioni.
Avverso la sentenza di appello l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,
deducendo:
1) violazione degli artt. 464 bis c.p.p. e 27 Cost. nonché illogicità della
motivazione in relazione al rigetto da parte del Tribunale dell’istanza di
applicazione dell’istituto della messa in prova, motivato sulla base dell’omesso
deposito di un programma concordato con l’UEPE. In particolare, il ricorrente ha
censurato l’illegittimità del rigetto, affermando che il menzionato programma non

era stato presentato incolpevolmente, essendo stata solo di recente introdotta la
normativa in materia; egli, inoltre, aveva dimostrato di avere un reddito,
essendosi procurato un lavoro, e aveva messo a disposizione della persona
offesa la somma di euro 300,00, dichiarandosi disposto a saldare il debito
risarcitorio attraverso versamenti mensili;
2) liceità della condotta – mancanza di antigiuridicità in ordine al reato di
lesioni – presenza di causa di giustificazione – violazione e falsa applicazione
degli artt. 52 e 383 c.p. – travisamento del fatto ed illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, la persona offesa aveva compiuto un tentativo di arresto
dell’imputato, da ritenersi illegittimo in quanto posto in essere a fronte del reato
di danneggiamento, che non consente l’arresto in flagranza neppure da parte di
un privato. La condotta della persona offesa, quindi, integrava i reati di percosse,
lesioni ovvero violenza privata o sequestro di persona mentre quella
dell’imputato era scriminata dalla ricorrenza della legittima difesa;
3) travisamento del fatto – violazione dell’art. 129 c.p.p. – falsa applicazione
degli artt. 588 e 576 c.p., atteso che l’intento dell’imputato non era quello di
assicurarsi l’impunità, bensì quello di sottrarsi ad un’azione illegittima
dell’antagonista, che lo aggrediva e dal quale doveva difendersi, con la
conseguenza che il reato di lesioni era improcedibile per difetto di querela;
4) mancanza di motivazione in relazione alla sospensione condizionale della
pena, negata pur a fronte della totale incensuratezza dell’imputato e della
volontà di accettare i lavori socialmente utili.
All’odierna udienza pubblica è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito;
all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita
in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante
lettura in pubblica udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è integralmente inammissibile perché presentato per motivi non
consentiti, assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni (in

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y

quanto reiterativi di doglianze già esaminate e non accolte dalla Corte d’appello)
e comunque del tutto assertivi. Il ricorrente in concreto non si confronta
adeguatamente con la motivazione della Corte territoriale, che ha riesaminato e
valorizzato lo stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale
e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, con argomentazioni
giuridicamente corrette nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e,
pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede, è giunta alla medesima
conclusione in termini di sussistenza della responsabilità dell’imputato.

1.1 In particolare, la Corte d’Appello, quanto all’eccepita violazione dell’art.

all’impugnazione dell’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova,
apparendo propendere per la tesi dell’immediata ricorribilità in cassazione di tale
ordinanza a prescindere dal suo contenuto (tesi – invero – non condivisa dal
recente intervento di questa Corte: Sez. U. n. 33216 del 31.3.2016, Imp.
Rigacci, Rv 267237), ha compiuto comunque una valutazione nel merito delle
doglianze dell’imputato, condividendo quanto osservato dal giudice di primo
grado relativamente all’assoluta genericità del programma

“che, se all’epoca

poteva dipendere dalla recente introduzione della disciplina normativa, era
comunque carente dei requisiti minimi, come quello del deposito presso l’UEPE
territorialmente competente”. Ha poi aggiunto che, quand’anche si fosse ritenuta
presentabile anche in appello l’istanza di messa alla prova, la valutazione dei
requisiti di ammissibilità non sarebbe potuta essere che negativa, stante la
persistenza dell’assenza di un programma.

1.2

Quanto alla doglianza relativa al mancato riconoscimento della

scriminante della legittima difesa, la Corte d’appello – dopo aver ricordato che la
tesi dell’imputato era volta a dimostrare che la persona offesa, accortasi dei
plurimi danneggiamenti alle autovetture in sosta, tra cui quella di sua proprietà,
avrebbe tentato di bloccarlo con l’intento di arrestarlo ed egli avrebbe reagito
solo per sottrarsi ad un arresto illegale e, dunque, in presenza della scriminante
della legittima difesa a fronte dei reati di percosse, lesioni, violenza privata e
sequestro di persona dell’antagonista – ha rimarcato correttamente (cfr. pagina
4) che l’imputato ha prospettato

“una ricostruzione dei fatti destituita di

fondamento a fronte della dinamica dei fatti, così come emergente dalle
dichiarazioni della persona offesa, già ritenute attendibili e non contraddette da
alcunché, sulla scorta di riscontri, quali la certificazione medica attestante le
lesioni riportate e la deposizione dell’operante Rizzi”.
territoriale ha ritenuto che

In definitiva, la Corte

“la tesi alternativa dell’imputato si scontra con

l’evidenza dei fatti e i parametri della ragionevole interpretazione degli eventi
che in questo caso danno conto esclusivamente del comprensibile e prevedibile

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464 bis c.p.p., dopo aver prospettato la questione esistente in ordine

comportamento di chi, dopo aver assistito alla commissione di un reato
perpetrato anche ai suoi danni, interviene e si adopera per assicurare il colpevole
alle forze dell’ordine, allertate e prontamente intervenute”,

e non, dunque, al

fine di arrestarlo.

1.3 Con riferimento all’eccepita violazione dell’art. 129 c.p.p., che il ricorrente
fonda sull’asserita insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p., sicché,
difettando la querela, si sarebbe dovuto pronunciare l’improcedibilità dell’azione
con riguardo al reato di lesioni, la Corte d’appello ha rimarcato che le risultanze
probatorie evidenziavano che l’imputato aveva voluto evitare la consegna alle

forze dell’ordine (ai fini dell’identificazione o di un eventuale arresto) e aveva
cercato di guadagnare la fuga, così che “il rapporto finalistico con l’obiettivo
dell’impunità, di palmare evidenza, determina l’applicazione dell’aggravante
contestata e la superfluità della querela, ai fini della procedibilità del delitto di
lesioni”.

1.4 Con riguardo alla mancata concessione del beneficio della sospensione
condizionale della pena, la Corte d’appello ha valorizzato la precedente condanna
dell’imputato per violazione dell’art. 660 c.p., con riconoscimento del predetto
beneficio, e la condotta pervicacemente contra legem del medesimo, che in stato
di ubriachezza aveva posto in essere l’azione vandalica assolutamente gratuita e
insidiosa, approfittando dell’ora notturna e dell’esposizione dei beni colpiti. In tal
modo la Corte territoriale si è conformata all’orientamento di questa Corte
secondo cui il giudice, nel valutare la concedibilità della sospensione condizionale
della pena, non ha l’obbligo di esaminare tutti gli elementi indicati dall’art. 133
c.p. ma può limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (Sez. 3, n. 35852
dell’11.5.2016, Imp. Camisotti, Rv 267639; Sez. II, n. 37670 del 18.6.2016,
Imp. Cortopassi, Rv 264802; Sez. II, n. 19298 del 15.4.2015, Imp. Di
Domenico, Rv 263534).

1.5 Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta
adeguatamente, limitandosi a riproporre una diversa “lettura” delle risultanze
probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza
documentare nei modi di rito eventuali travisamenti.

2. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di euro
nnillecinquecento in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria.

P.Q.M.

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(7′

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento a favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza pubblica del 9 dicembre 2016
Il Consigliere estensore

Il Pr sidente

Giuseppina Anna Rosaria Pacilli

Giaci o Fumu
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