Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14995 del 26/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14995 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAMPUGNANO TOMMASO N. IL 07/10/1976
PRIMAVERA CATERINA N. IL 27/04/1980
avverso la sentenza n. 1938/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
26/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. BENEDETTO PATERNO’ RADDUSA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V i e(.che ha concluso per _e. rct3,(.L o. it,k
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 26/03/2014

1. Lampugnano Tommaso e Primavera Caterina, con un unico ricorso proposto per il
tramite del medesimo fiduciario , impugnano in Cassazione la sentenza della Corte di
appello di Bari con la quale è stata data conferma alla condanna alla pena di giustizia
comminata in primo grado dal Tribunale di Bari ai danni dei detti ricorrenti, ritenuti
responsabili del reato di cui all’alt 73 Dpr 309/90 in ragione della riscontrata
detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo hashish.
2. Si lamenta vizio di motivazione per avere la Corte omesso di rispondere ai rilievi
formulati con l’appello, ribadendo pedissequamente le ragioni valutative espresse dalla
sentenza di primo grado e seguendo linee logiche dell’argomentare manifestamente
illogiche. In assenza della prova diretta di fatti di cessione, la Corte avrebbe dovuto
ponderare con maggiore equilibrio gli elementi istruttori acquisiti prima di escludere
che la sostanza rinvenuta nella disponibilità dei ricorrenti potesse essere
esclusivamente destinata ad uso personale.
In particolare non sembrano determinanti al fine i riferimenti al frazionamento della
sostanza ed alla modesta capienza patrimoniale dei ricorrenti, quest’ultima vista sia in
punto alle disponibilità essenziali per procedere ad una scorta preventiva della sostanza
sia con riferimento agli importi in contanti rinvenuti presso l’abitazione del ricorrente,
volta che si diano per scontati la presenza di una capacità reddituale in capo al
Lampugnano e la abitudine dello stesso a prelevare, per intero e in contanti, il proprio
stipendio. La sentenza poi si mostra in tutta la sua manifesta illogicità laddove rimarca,
a sostegno della responsabilità ascritta alla Primavera due momenti logici , non solo
rilevanti al fine ma anche contradittori tra loro : ci si riferisce al dato del rinvenimento
della busta contenente lo stupefacente sul sedile dell’auto occupato dalla ricorrente e
dalla quale poco prima della perquisizione i due imputati erano scesi , giacchè era
verosimile che ivi la busta era stata riposta dal Lampugnano prima di scendere dall’auto
; ancora a quello legato alla presenza di tracce di hashish nel marsupio rinvenuto nella
immediata disponibilità della Primavera , irrilevante in sé perché, alla luce dell’uso
personale della sostanza , non prova alcun collegamento immediato e diretto con la
droga in contestazione. Del resto, i due momenti sarebbero in contraddizione tra loro
perché non si comprende quale compatibilità vi sia tra i due momenti di detenzione
immediatamente ascritti alla ricorrente.
La sentenza infine denunzia ulteriori vizi argomentativi nella parte in cui vene esclusa
l’attenuante ex art 73 comma V Dpr 309/90 : l’assenza di immeditati comportamenti di
cessione , la modesta quantità e qualità della sostanza avrebbero dovuto portate la Corte
ad una valutazione di segno opposto.
Con memoria versata in atti la difesa dei ricorrenti ha altresi ulteriormente posto a
supporto dell’invocato annullamento gli effetti prodotti sulla fattispecie in processo
dalla sentenza nr 32/14 della Corte costituzionale.
Considerato in diritto
3. I motivi posti a fondamento del ricorso sono manifestamente infondati in limine alla
inammissibilità radicale giacchè ripropongono pedissequamente i temi dell’appello
senza un confronto effettivo con i momenti decisivi della soluzione adottata dalla Corte
territoriale ; laddove poi le doglianze si distinguono dal gravame di secondo grado lo
fanno per prospettare indicazioni in fatto diverse da quelle che ebbero a supportare la
difesa resa in appello. La sentenza va tuttavia annullata in punto al trattamento
sanzionatorio in coerenza alle ragioni segnalate dalla difesa con la memoria aggiuntiva
allegata in atti sul presupposto legato agli effetti prodotti, sulla fattispecie in processo,
dalla sentenza della Corte Costituzionale nr 32/14.

4. In fatto i due ricorrenti furono fermati subito dopo essere scesi dall’auto nei pressi
della loro abitazione . Il Lampugnano venne trovato nella disponibilità immediata di
hashish e danaro in contante; la Primavera aveva con sé un marsupio il quale recava, al
suo interno immediate tracce della medesima sostanza . All’interno della vettura in esito
alla perquisizione della stesa si rinvenne hashish suddiviso in più pezzi, per un peso di
gr 185 , utile a circa 512 dosi e rinvenuto in una busta collocata sul sedile in precedenza
occupato dalla Primavera ; nel cruscotto dell’auto era riposto nastro isolante con tracce
della medesima sostanza . Nell’abitazione dei ricorrenti sono stati rinvenuti importi in
contante per euro 3.500 , altro nastro isolante del medesimo tipo di quello trovato
all’interno dell’auto e rinvenuto all’interno di una pentola ; un bilancino di precisione.
5. Questo il patrimonio indiziario acquisito in processo,
la Corte, del tutto
coerentemente , ha ritenuto esclusa la destinazione ad uso esclusivamente personale
della sostanza in ragione di diverse considerazioni logiche : in primo luogo il dato
ponderale , non indifferente , contrario anche all’ipotesi di una scorta personale in
ragione della stessa deperibilità della sostanza ove non consumata a breve termine
nonché in considerazione delle condizioni economiche del nucleo familiare del
Lampugnano ( monoreddito , sul quale grava altresì il peso di una ipoteca , tale da
garantire al più il mero sostentamento del relativo gruppo familiare ) ; in secondo luogo
per il frazionamento della merce e per la presenza di strumentazione funzionale alla
suddivisione in dosi , elementi logicamente poco compatibile con l’idea di una
destinazione esclusivamente personale ed al contempo certamente più consono
all’ipotesi della destinazione della sostanza allo spaccio, ipotesi resa ancor più corposa
dal rinvenimento e dalla collocazione del nastro isolante, destinato al confezionamento,
rinvenuto in auto e nella casa ( e , in quest’ultima ipotesi, all’interno di una pentola) ; il
considerevole importo in contanti , anche questo incompatibile con le potenzialità di
risparmio del Lampugnano le cui capacita reddituali al più, per quanto accennato ,
garantivano la mera sopravvivenza economica della famiglia di riferimento.
Coerentemente , ancora , la Corte è pervenuta alla conclusione di una sostanziale
condivisione della detenzione illecita della sostanza in esame in capo ad entrambe i
ricorrenti. Nell’ottica della radicale esclusione della connivenza non punibile riferibile
alla Primavera vengono ulteriormente rimarcati il dato legato alla collocazione della
busta contenete lo stupefacente rinvenuta sul sedile dell’auto occupato dalla ricorrente
nella immediatezza precedente la perquisizione ; ancora , le tracce di hashish nel
marsupio del quale la stessa aveva immediata disponibilità.
6. La sentenza non merita censura alcuna,
considerata la forza logica delle
considerazioni espresse a fondamento della ipotesi accusatoria, tutt’altro che incongrue
e in alcun momento messe in crisi dalle obiezioni difensive. La stessa valutazione resa in
ordine alla responsabilità della Primavera appare estranea alle censure utilmente
prospettabili in questa sede. Del resto si consideri che la linea difensiva seguita nelle
fasi di merito fu di segno opposto a quella oggi tracciata e costituisce un evidente motivo
di fondamento della coerenza logica e della correttezza in diritto della decisione assunta.
La Primavera escluse di essere al corrente della presenza della sostanza nella busta
affermando di non essere giunta sul posto ove i due furono fermati dai CC insieme al
marito, dato immediatamente contradetto dal servizio di osservazione che ebbe a
precedere l’arresto ; affermò poi che il marsupio era oggetto da riferire alla disponibilità
esclusiva del marito quando per contro nello stesso ebbe a riscontrarsi la presenza solo
di effetti personali della donna. E tanto vale a corroborare l’idea della comune
detenzione della sostanza vieppiù corroborata da ulteriori elementi in fatto ( gli
strumenti funzionali alla suddivisione in dosi ed alla commercializzazione della sostanza
, rinvenuti presso la comune abitazione ) che rendono definitivamente recessive le

censure mosse in ricorso alla sentenza . E ciò senza senza tralasciare il fatto che in
questa sede la contestazione sottesa al ricorso viene ricostruita in termini diversi,
alternativi e meramente congetturali, diversi dalle versioni in fatto riferite ai giudici del
merito senza comunque inficiare il portato logico sotteso al dato enucleato in sentenza.
8. Correttamente infine la Corte territoriale rimarca la professionalità dell’azione quale
profilo incompatibile con il piccolo spaccio , ancorandosi al fine alla dimensione
quantitativa del denaro in contanti rinvenuto nella disponibilità dei ricorrenti e alla
strumentazione finalizzata allo spaccio , segno sintomatico di una struttura
organizzativa, seppur rudimentale, comunque lesiva , non in termini minimali, del bene
giuridico protetto. Ciò in linea con quanto costantemente osservato da questa Corte ai
fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità
di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990 per la cui sussistenza il giudice è
tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi,
sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che
attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti
oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il
riconoscimento dell’attenuante quando anche, come nel caso di specie, in ragione dei
mezzi e delle circostanze legate all’azione , uno solo di questi elementi porti ad
escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità.
Da qui l’infondatezza anche del motivo legato al mancato riconoscimento del comma V
dell’art 73 Dpr 309/90.
9. Malgrado la infondatezza dei motivi del ricorso la sentenza va comunque annullata in
punto di determinazione della pena.
Giova evidenziare, infatti , in linea con la memoria difensiva depositata, che con la
sentenza n. 32 del 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49; norma
quest’ultima con la quale era stato a sua volta novellato il previgente disposto di cui
all’art 73 Dpr 309/90. Per effetto di siffatta declaratoria , così come evidenziato nel
corpo della motivazione dalla Corte stessa ” riprende applicazione l’art. 73 del d.P.R. n.
309 del 1990 nel testo anteriore alle modifiche con queste apportate”, con conseguente
sostanziale retroattività degli effetti della pronuncia d’incostituzionalità.
Risulta dunque ripristinato il previgente , alla norma dichiarata incostituzionale , dato
normativo con conseguente distinzione giuridica e di pena tra droghe pesanti e leggere.
In particolare, in esito all’intervento demolitorio adottato dalla Corte, per quel che qui
immediatamente interessa , si è reintrodotto un regime sanzionatorio dotato di
maggiore favore per le cosiddette “droghe leggere” tra le quali va annoverata quella che
è stata oggetto della detenzione ascritta ai ricorrenti, essendo prevista la pena della
reclusione da due a sei anni, oltre la multa da 5.146 a 77.468 euro ( la norma dichiarata
incostituzionale, nella indistinta valutazione tra droghe leggere e pesanti , vedeva in sei
anni la pena base di riferimento) .
Gli effetti della decisione della Corte Costituzionale, per come chiarito da questa Corte,
si applicano ai giudizi pendenti in sede di legittimità prescindendo dalla stessa presenza
di un motivo in tal senso articolato, essendo al fine sufficiente che i motivi originari del
gravame abbiano investito il Giudice di legittimità del controllo della motivazione ( cfr
da ultimo Sezione sesta 12727/14). E nel caso, considerando che la pena comminata è
stata considerata prendendo quale riferimento il minimo edittale previsto dalla
disciplina incostituzionale, dato questo che oggi, in ragione della disciplina reitrodotta ,
rappresenta piuttosto il massimo della pena prevista per le droghe quali quelle in
interesse, si rende necessario rimettere il nuovo giudizio alla Corte di merito affinchè la

stessa, muovendo dai più miti limiti edittali previsti oggi per la tipologia di stupefacente
oggetto di imputazione , provveda nuovamente alla determinazione del trattamento
sanzionatorio
PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per
nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
Rigetto nel resto i ricorsi.
Così deciso il 26 marzo 2014
IL Consigliere relatore
Il F’keside

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