Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14992 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14992 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BURGIO SEBASTIANO N. IL 12/11/1969
avverso la sentenza n. 2879/2009 CORTE APPELLO di CATANIA, del
27/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. BENEDETTO PATERNO’ RADDUSA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ~.
k
che ha concluso per 520- ~~,
( L)

;

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. n

Data Udienza: 25/03/2014

1. Burgio Sebastiano, tramite i fiduciari , propone ricorso per Cassazione avverso la
sentenza della Corte di appello di Catania con la quale è stata data conferma integrale
alla condanna alla pena di giustizia resa in primo grado dal Tribunale di Siracusa ai
danni del ricorrente, ritenuto responsabile del reato di evasione.
2. In fatto , ristretto agli arresti domiciliari ma autorizzato a svolgere attività lavorativa
dalle 18 alle due di ogni giorno, il Burgio, in esito ad un controllo, è stato rivenuto sul
luogo ove prestava la detta attività autorizzata ma in un orario antecedente quello della
autorizzazione stessa ( le 17,30 piuttosto che le 18).
3. Due i motivi.
3.1 Con il primo si lamenta violazione dell’art 385 cp. Il fatto più che dare luogo ad una
ipotesi di evasione , concretava una trasgressione agli obblighi imposti con la misura
cautelare domiciliare , da sanzionare con la revoca della misura ex art 276 cpp o
violazione del disposto di cui al’art 650 cp. Il ricorrente , è stato infatti rinvenuto
presso il luogo di applicazione della misura , indicato in via sostitutiva rispetto
all’abituale momento di custodia, in ragione della resa autorizzazione lavorativa.
3.2 Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata in punto alle generiche,
denegate. La decisione della Corte territoriale non avrebbe in alcun modo considerato
ontologicamente la condotta ( la violazione in funzione dell’esercizio dell’attività
lavorativa ) e si fonderebbe su considerazioni assolutamente illogiche ( il dolo espresso
e non meglio precisato nella consumazione delittuosa; la pendenza giudiziaria tale da
giustificare il giudizio negativo sulla personalità, per forza di cose immanente
nell’evasione, l’insofferenza agli obblighi prescritti dalla condizione cautelare).
4. IL ricorso è infondato avuto riguardo ad entrambi i motivi di ricorso.
5. Va ricordato che la misura cautelare domiciliare è una misura coercitiva inframurale
equiparata, a tutti gli effetti , alla custodia in carcere. In ragione di un meno stringente
quadro di ragioni socialpreventive , il condannato è ammesso a sopportare in luogo
diverso dal carcere, cioè presso la propria abitazione o altre equipollenti strutture, la
detenzione ma i limiti, di natura spaziale, motoria e relazionale, imposti con la custodia
in carcere allo status libertatis del soggetto condannato sono tuttavia interamente
riprodotti nella detenzione domiciliare.
6. In linea di principio, la fattispecie criminosa è integrata da un reato proprio a forma
libera, nel senso che il bene giuridico protetto, cioè l’esigenza dell’amministrazione
della giustizia di assicurare il costante rispetto delle decisioni giudiziarie limitative
della libertà personale, realizzati con gli strumenti della custodia inframurale, può
essere offeso con qualsiasi modalità esecutiva e quali che possano essere i motivi che
(fatti salvi effettivi e rigorosamente dimostrati stati di necessità o altri eccezionali
eventi) inducono il soggetto ad eludere la vigilanza sullo stato custodiale ed a sottrarsi
alla stessa. Non assumono in conseguenza rilievo alcuno, nella costante esperienza
interpretativa di questa Corte, ai fini del perfezionamento del reato, ne’ la durata
maggiore o minore del tempo in cui il soggetto si sottrae alla misura domestica, ne’ la
distanza maggiore o minore dalla abitazione eletta a sede esecutiva della misura, da cui
si accerti essersi costui allontanato.
7. La situazione non muta poi laddove ci si allontani dal luogo di custodia sia esso
individuato, come nella specie, in quello di esecuzione dell’attività lavorativa all’uopo
preventivamente autorizzata, considerato che, avuto riguardo a siffatta ultima ipotesi,
con tale autorizzazione non si ha una sospensione del regime detentivo, ma una
semplice sostituzione temporanea del luogo di custodia. In tale quadro va tuttavia
rimarcato che l’autorizzazione data a chi si trovi sottoposto agli arresti domiciliari di
allontanarsi dal luogo di detenzione (per accudire alle necessarie esigenze di vita

quotidiana attraverso l’espletamento dell’attività lavorativa ) trova nei riferimenti
cronologici segnati dal Giudice della cautela, ai sensi dell’art 284 comma III cpp, un
limite invalicabile in senso temporale essendo i relativi ambiti da rispettare imposti al
fine di scongiurare strumentalizzazioni di tale maggiore possibilità di movimento
elidendo le possibilità di verifica del rispetto degli obblighi correlati allo stato
detentivo.
8. Muovendo da tale imprescindibile chiave di lettura occorre accertare la presenza di
condotte concretamente e logisticamente eccedenti detti limite tali da incidere sul
rapporto tra il detenuto agli arresti domiciliari e i momenti controllo indefettibilmente
correlati al luogo di esecuzione della misura. Ed in questo snodo valutativo si interpone
il primo motivo di appello.
8.1 Sostiene il ricorrente che il reato contestato non potrebbe ritenersi configurabile
nella specie giacchè , essendo stato rinvenuto il Burgio presso il luogo di lavoro ed in
orario pressochè prossimo a quello della autorizzazione, per questo motivo non sabbe
venuta meno la possibilità di verifica demandata agli organi di poliziona chiamati al
controllo nel caso di specie. Tralascia tuttavia di considerare che l’orario di riferimento
indicato nel relativo provvedimento autorizzativo non è quello di raggiungimento del
posto di lavoro bensì quello di allontanamento dal luogo di custodia ordinaria (
l’abitazione ) ; sino a quel momento il ricorrente non può discrezionalmente
allontanarsi dal luogo di custodia senza incorrere nel reato di evasione giacchè , entro
quel dato temporale, l’attività di controllo legata al rispetto degli obblighi custodiali è
indefettibilmente correlata al detto luogo di esecuzione.
8.2 In tale ottica, non solo assume indifferenza al fine la prossimità tra l’orario del
controllo operato presso il luogo di lavoro e quello a partire dal quale il ricorrente
avrebbe dovuto ivi recarsi in forza della autorizzazione, ma si rivela altresì fuorviante
la stessa prospettazione difensiva con la quale si invoca una sorta di neutralizzazione
delle esigenze di verifica legate al rispetto degli obblighi custodiali sul presupposto del
rinvenimento del Burgio, all’atto del controllo, presso il luogo lavorativo,
temporaneamente sostitutivo , negli obblighi custodiali, al domicilio del ricorrente . E’
piuttosto evidente, infatti, che il ricorrente, in quel momento doveva trovarsi presso
la propria abitazione laddove andavano, in quel frangente , espletati i controlli ; per
contro la mera evenienza che il controllo nel caso venne effettuato presso il luogo di
lavoro non spoglia di oggettività il dato sopra riferito , concretante l’evasione, giacchè,
in violazione della autorizzazione il ricorrente pacificamente , non si trovava in quel
momento presso la propria abitazione.
Da qui l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
9. Quanto infine alle generiche, rileva la Corte che nella motivazione , tra i diversi
spunti argomentativi posti a fondamento della reiezione della relativa richiesta, si fa
un coerente e convincente riferimento alla concreta volontà di sottrarsi agli obblighi
imposti con la misura cautelare ; e nel caso , quale momento idoneo a dettagliare
ancora più marcatamente l’elemento soggettivo connotante, nella specie , la condotta
tenuta dal ricorrente, appare tanto implicito quanto immediato il riferimento alla
autorizzazione a recarsi antecedentemente al lavoro , in precedenza ( alla condotta di
reato contestata ) negata al Burgio . Trattasi , come è di tutta evidenza , di sintomo
logico inequivoco della marcata noncuranza, da parte dell’interessato , al rispetto dei
limiti sottesi alla autorizzazione ad allontanarsi per recarsi al lavoro, utile a sostenere
, anche isolatamente, la decisione di denegare le generiche.
Alla reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25 marzo 2014
Il Prsidente
li Consigliere relatore

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