Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14990 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14990 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

Data Udienza: 25/03/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BIONDO RICCARDO N. IL 20/08/1965
avverso la sentenza n. 9279/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
05/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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Udito, per la parte

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 marzo 2013, la Corte d’Appello di Roma ha riformato
soltanto in punto pena la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di
Roma il 7 marzo 2013 nei confronti di Biondo Riccardo, in relazione al reato di
cui all’art. 336 cod. pen., commesso in Roma in data 19 gennaio 2007,
concedendo all’appellante le circostanze attenuanti generiche e riducendo la
pena inflitta a mesi quattro e giorni venti di reclusione.

possa ritenersi fondato laddove, valutati unitariamente tutti i segmenti della
condotta e tenendo conto delle modalità complessive in cui si è svolta la vicenda,
non vi sono elementi convincenti per confutare le positive emergenze di prova
che dimostrano come l’imputato inveì, minacciò in modo esplicito ed implicito fomentando la rivolta tra gli avventori del locale -, ed usò violenza nei confronti
degli operanti del Commissariato per costringerli ad omettere la perquisizione
personale. Ne ha quindi inferito che l’iniziale reazione verbalmente aggressiva e
minatoria del Biondo, poi trasmodata in un’aggressione fisica in danno degli
operanti, certamente integra la condotta di reato contestata, mentre deve essere
esclusa l’integrazione del diverso delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, giacché
alle iniziali frasi oltraggiose è seguita una condotta violenta e soprattutto
minatoria. D’altra parte, la Corte territoriale ha ritenuto condivisibile il rilievo
difensivo in punto di mancata concessione delle attenuanti generiche, dovendosi
tenere conto del contenuto della deposizione del superiore gerarchico sulle
positive qualità professionali del Biondo che consentono di ritenere episodica la
condotta di reato, risultando per il resto congrua la pena determinata dal giudice.

2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’Avv. Massimo Biffa,
difensore di fiducia di Biondo Riccardo, chiedendone l’annullamento per i
seguenti motivi:
2.1. Erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 336 cod.
pen., nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione, in relazione alla medesima norma di legge, risultando il vizio dal
provvedimento impugnato.
Lamenta il ricorrente che l’integrazione della fattispecie di cui all’articolo 336
cod. pen. – giusta il bene protetto dalla fattispecie incriminatrice – presuppone,
da un punto di vista oggettivo, l’idoneità della condotta a coartare l’operato del
pubblico ufficiale, da valutare

ex ante.

Tanto premesso, il ricorrente ha

evidenziato come, nella sentenza impugnata, manchi qualsivoglia valutazione in
ordine all’idoneità delle singole condotte poste in essere dal Biondo al fine di

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Il giudice di seconde cure ha rilevato come il primo motivo di gravame non

impedire l’espletamento della perquisizione da parte di pubblici ufficiali e come,
d’altra parte, sia censurabile la valutazione operata dal giudice di seconde cure
allorchè ha trattato le azioni poste in essere dall’imputato come se fossero un
unicum inscindibile.

3. In udienza, il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
In particolare, il ricorrente lamenta la genericità ed il difetto di concretezza
della motivazione del provvedimento, da un lato, riproponendo rilievi di natura
squisitamente di merito, volti a sollecitare una diversa valutazione in fatto,
preclusa in questa fase dalle funzioni di legittimità; dall’altro lato, sollevando
censure del tutto generiche alla ricostruzione dei fatti operata dal giudice di
seconde cure.
Contrariamente a quanto eccepito dal ricorrente, la Corte territoriale non si
è limitata a definire meramente oltraggiosa la condotta tenuta dal prevenuto né
a dare semplicemente conto delle “condizioni di disagio” degli operanti, ma – con
una motivazione puntuale e logica -, ha ritenuto integrato il reato contestato,
giudicando infondate le doglianze mosse dall’appellante in quanto basate su di
una valutazione frazionata e decontestualizzata della condotta posta in essere da
Biondo.
Richiamate le testimonianze rese dagli operanti Nuzzi e Montella D’Airola, il
giudice di seconde cure ha infatti rimarcato come l’imputato, dopo le iniziali frasi
oltraggiose, abbia posto in essere una condotta violenta e soprattutto minatoria
allo scopo di costringere gli operanti del commissariato Trevi Campo Marzio ad
omettere la perquisizione personale nei suoi confronti; come Biondo non si sia
limitato a pronunciare frasi offensive, maleducate ed incivili, integranti il reato di
oltraggio, ma abbia posto in essere una condotta violenta, aggredendo
fisicamente gli operanti al fine di far loro omettere la condotta d’ufficio, e
fomentato la rivolta fra gli avventori sottoposti anch’essi a perquisizione.
Nell’argomentare del giudice a quo

ed, in particolare, nella dichiarata

esigenza di procedere ad una valutazione unitaria dei diversi frammenti in cui si
articolava la condotta posta in essere da Biondo – non emerge alcuna
incongruenza né illogicità, non essendo revocabile in dubbio che le azioni si siano
svolte in un unico contesto spazio temporale, muovendo da frasi di contenuto

3

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offensivo e trasmodando poi, in un’escalation priva di soluzioni di continuità, in
condotte violente e minatorie in danno dei poliziotti.

2. Manifestamente infondata e generica è anche la doglianza relativa al
difetto di motivazione con riguardo all’idoneità della condotta posta in essere dal
ricorrente ad impedire l’atto d’ufficio.
Sul punto, la Corte territoriale ha infatti evidenziato come la condotta
serbata da Biondo ingenerasse negli operanti un timore reale e concreto che li

dell’imputato alla rivolta non potesse essere recepito dagli altri avventori.
Il giudice di secondo grado non si è dunque limitato ad attestare che i fatti come ricostruiti alla luce dell’istruttoria dibattimentale – erano idonei a far
omettere agli operanti la condotta d’ufficio, ma ha dato conto – con una
motivazione logica e completa – del condizionamento “reale e concreto”
dispiegato dall’azione offensiva, minatoria e violenta attuata da Biondo sull’agire
dei pubblici ufficiali.
D’altra parte, non può sottacersi come, secondo la costante giurisprudenza
di questa Corte, l’idoneità vada valutata secondo un giudizio ex ante, a nulla
rilevando il fatto che i concreti destinatari non siano stati intimiditi e che il male
minacciato non si sia realizzato

(ex plurimis Cass. Sez. 6 n. 32390 del

16/4/2008, Martucci Rv. 240650).
Idoneità ex ante che – si ribadisce – risulta essere stata puntualmente
argomentata nel provvedimento in esame.

3.

Dalla inammissibilità del ricorso discende la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della
Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 25 marzo 2014

Il consigliere estensore

Il Presidente

costringeva ad ammanettarlo ed a condurlo in una saletta più isolata, ove l’invito

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