Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14989 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14989 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MANIACI BRASONE CONO N. IL 17/01/1989
RICCIARDO ANTONIO N. IL 03/06/1987
avverso la sentenza n. 1334/2009 CORTE APPELLO di MESSINA, del
04/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. BENEDETTO PATERNO’ RADDUSA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.1—-‘006)—z
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv. n

Data Udienza: 25/03/2014

1. Maniaci Brasone Cono e Ricciardi Antonio impugnano per Cassazione la sentenza della
Corte di Appello di Messina con la quale è stata data conferma alla condanna emessa in primo
grado dal Tribunale di Patti ai danni dei due ricorrenti alla pena di giustizia perché ritenuti
responsabili del reato di cui all’art 337 cp posto in essere ai danni di due appuntati dei
carabinieri, Citarella Pio ed Eramo Romano.
2. In particolare , con minacce e arrecando ai suddetti lesioni meglio descritte nel referto
richiamato nel capo di imputazione, i due ricorrenti si sarebbero opposti all’arresto da parte
dei citati militari intervenuti per sedare una rissa che vedeva coinvolti , tra gli altri, i due
imputati.
3. Si lamenta difetto di motivazione . La Corte , in ragione del contenuto dell’appello ,
meramente reiterativo del tenore della contestazioni sollevate in primo grado e superate dal
primo decidente , si sarebbe richiamata per relationem al tenore della decisione impugnata
senza rispondere in alcun modo ai puntuali motivi di appello caduti sia sul dato in forza al
quale , minacce e violenze si sarebbero verificate successivamente all’arresto sia in ordine
all’elemento soggettivo , giacche non v’erano elementi per affermare che l’intenzione sottesa
all’azione dei due imputati fosse legata alla volontà di opporsi all’atto dei militari . Piuttosto , il
tutto era ampiamente giustificato dalla esigenza di difendersi dall’aggressione dei soggetti
contrapposti nella rissa ( tant’è che anche uno dei militari fu colpito con un pugno non
sferrato dai due ricorrenti ) mentre le frasi profferite trovavano ragione nell’idea dei due
ricorrenti di un intervento reso dai CC non funzionale ad una idonea protezione degli stessi.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è manifestamente infondato.
5. Quanto al momento in cui è caduta la condotta, evidenzia la Corte come entrambi i Giudici
del merito, con ricostruzione coperta da doppia valutazione conforme , fanno risalire la
condotta all’atto dell’intervento dei carabinieri in ragione della rissa e non ad un momento
successivo a quello di realizzazione di tale azione. E,a fronte di tale punto, non suscettibile di
rilievo in questa sede se non a fronte di una motivazione manifestamente illogica o
contradditoria, nel caso comunque non riscontrata, il ricorrente non segnala quali siano gli
spunti fattuali pretermessi o erroneamente valutati utili a giustificare una diversa valutazione
della conclusione raggiunta.
6. Quanto al dolo, la Corte territoriale fornisce una risposta, puntuale e priva di vuoti logici,
rispetto al motivo sul punto sollevato con l’appello. Per quanto evidenziato dai due militari
intervenuti e fatti oggetto dei comportamenti minacciosi e violenti i ricorrenti , all’intervento
delle FF. 00. r lungi dall’interrompere la collutazione e ottenere tutela , continuarono
nell’azione violenta in precedenza posta in essere finendo per coinvolgere nella stessa i
carabinieri tanto da ostacolarne consapevolmente l’azione d’ufficio esercitata.
L’azione e le minacce, per quanto evidenziato dai Militari, erano immediatamente mirate nei
loro confronti, non lasciando spazio al dubbio , per la natura oggettiva di toni e contegni ,
quanto alla intenzione sottesa al detto agire.
La motivazione dunque appare certamente sussistente ed esaustiva ; e del resto il ricorso non
mostra di confrontarsi in alcun modo con l’indicazione probatoria posta a sostegno del
giudizio reso in risposta al rilievo sull’elemento soggettivo.
Del tutto correttamente poi la Corte territoriale ha privato di rilievo logico il senso di
minorata tutela che avrebbe giustificato il tenore dei contegni posti in essere dai due
ricorrenti : si afferma coerentemente infatti che , quale che potesse essere tale sensazione ,
mai avrebbe potuto giustificare l’opposizione all’atto violenta e minacciosa posta in essere.
6. Ne viene la inammissibilità del gravame con condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende
Pqm

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna dtti ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e ciascuno della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 25 marzo 2014
Il Consigliere relatore
IL presidente

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