Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14985 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14985 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Albiero Luciano,

nato il giorno 16

maggio 1944, avverso la sentenza 20 giugno 2012 della Corte di appello di
Milano.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
Generale Vito D’Ambrosio che ha concluso per annullamento senza rinvio
della gravata sentenza per intervenuta prescrizione e conferma delle
statuizioni civili, nonché il difensore del ricorrente avv. Alberto Longo che ha
chiesto raccoglimento dell’impugnazione.

Data Udienza: 05/03/2014

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RITENUTO IN FATTO
1. Albiero Luciano, ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la
sentenza 20 giugno 2012 della Corte di appello di Milano che ha confermato

dicembre 2005.
2. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 20.2.2009 ha ritenuto
ALBIERO Luciano e ZERINI Alessandro Palmiro. responsabili dei reati che
seguono:
A) entrambi del reato previsto e punito dagli arti. 110 e 353 c.p.
perché in concorso tra loro ALBIERO Luciano in qualifità di amministratore
unico dell’impresa ALBIERO S.r.l. (con sede a Milano in viale Papiniano -n.
57) e ZERINI Alessandro Palmiro in qualità. di -amministratore unico
dell’impresa ZERAL S.r.l. (con sede a Milano in via- F. Mangone n. 2),
turbavano l’appalto 90/2005 dell’importo di euro 510.835,95 inerente gli
interventi di emergenza e realizzazione degli immobili di proprietà comunale
in carico al Settore Biblioteche; in particolare facevano simulatamente
figurare che le ditte rispettivamente rappresentate erano concorrenti, fra
loro, mentre, in realtà, le stesse erano riconducibili ad un unico centro di
interessi, derivante da specifici collegamenti societari e parentali. Accertato a
Milano il 13 dicembre 2005.
B) il solo Albiero del reato previsto dall’art. 76 del D.P.R. 28 dicembre
2000 un 445: (in relazione all’art. 483 C.P;) e art. 61 n. 2 C.P. perchè, con
specifica dichiarazione sostitutiva di certificazione, presentata nell’ambito
dell’appalto n. 90/2005 di cui al capo A), falsamente escludeva l’esistenza di
forme di controllo e/o collegamento sostanziale con altre imprese
concorrenti; con l’aggravante di aver commesso il fatto per eseguire il reato
di cui al capo A) Accertato a Milano
il 13 dicembre 2005.
C) entrambi del reato previsto e punito dall’art. 76 del D.P.R. 28
dicembre 2000 nr. 445 (in relazione all’art. 483 cp ) e art. 61 n. 2 cp perché

la decisione 20 febbraio 2009 del Tribunale di Milano per fatti del 13

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con specifica dichiarazione sostitutiva di certificazione, presentata nell’ambito
dell’appalto n. 90/2005 di cui al capo A), falsamente escludeva l’esistenza di
forme di controllo e/o collegamento sostanziale con altre imprese

di cui al capo A) Accertato a Milano il 13 dicembre 2005.
2.1. Con la detta sentenza, concesse le attenuanti generiche e ritenuta
la continuazione, i predetti venivano condannati alla pena di mesi 3 di
reclusione ed € 300 di multa ciascuno, pena detentiva sostituita con la
corrispondente pena pecuniaria e così complessivamente € 3720 di multa,
oltre al pagamento delle spese processuali ( p.b. per il più grave reato sub A)
mesi 3, aumentato poi per la continuazione nell’inflitto), pena estinta per
indulto.
2.2. Gli imputati in solido sono stati anche condannati a risarcire i
danni subiti dalla parte civile Comune di Milano, danni da liquidarsi in
separato giudizio, oltre alla rifusione delle spese di costituzione e giudizio
liquidate come da dispositivo . Era anche dichiarata la falsità delle
dichiarazioni sostitutive oggetto delle contestazioni sub B) e C).
3. la Corte di appello di Milano con sentenza 20 giugno 2012 ha
confermato la decisione del primo giudice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente rilevato che i reati contestati risultano estinto
per prescrizione alla data del 13 giugno 2013 e la gravata sentenza va quindi
annullata senza rinvio, ferme restando le statuizioni civili.
1.1. E’ noto infatti che, in presenza di una causa estintiva del reato, il
giudice del gravame è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione ex
art. 129, comma secondo, cod. proc. pen. soltanto se la prova
dell’insussistenza del fatto, della sua irrilevanza penale o della non
commissione del medesimo da parte dell’imputato risulti “evidente” sulla
scorta degli stessi elementi e delle medesime valutazioni che hanno fondato
la sentenza impugnata, senza necessità di nuove indagini e di ulteriori

concorrenti; .con l’aggravante di aver commesso il fatto per eseguire il reato

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accertamenti, che sarebbero incompatibili con il principio dell’immediata
operatività della causa estintiva (Cass. Pen. Sez. 4, 33309/2008 Rv. 241961
Rizzato). Esclusa tale evenienza, come si vedrà, per palese difetto della

intervenuta prescrizione dei reati per cui vi è stata condanna.
1.2. L’art. 578 cod. proc. pen. prevede che il giudice d’appello o la
Corte di cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o per prescrizione il
reato per il quale sia intervenuta condanna, anche generica, alle restituzioni o
al risarcimento dei danni cagionati, siano tenuti a decidere sull’impugnazione
agli effetti dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.
1.3. Ne consegue quindi, al fine di tale decisione, che i motivi di
impugnazione proposti dall’imputato debbano essere esaminati
compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna al
risarcimento del danno (anche solo generica) dalla mancata prova
dell’innocenza dell’imputato, secondo quanto previsto dall’art. 129 comma
secondo cod. proc. pen. (cass. pen. sez. 6, 3284/2010 Rv. 245876; cass.
pen. sez. 6,31464/2004 Rv. 229385).
1.4. Ciò posto, ritiene la Corte che la gravata sentenza, che ha
confermato integralmente la pronuncia di primo grado, abbia fornito una
congrua e adeguata giustificazione sia della sussistenza dei dati probatori
utilizzati, sia del loro grado di affidabilità e valore agli effetti della pronuncia
di responsabilità, la quale, pertanto, su di essi congruamente basata, non
risulta invalidata dalle predette annotazioni e rilievi critici dell’impugnazione,
nei termini che verranno ora proposti.
2. Con un primo motivo di impugnazione la difesa del ricorrente
deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonché vizio di
motivazione sotto il profilo dell’omessa valutazione del motivo di appello
riguardante il capo B (e C) con riferimento all’art. 76 D.P.R. 28 dicembre
2000, n. 445 in relazione all’art. 483 cod. proc. pen..

necessaria evidenza, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per

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2.1 Con un secondo motivo si lamenta erronea applicazione della
legge penale relativamente alla sussunzione del fatto contestato ai capi C) e
B) di imputazione nell’art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal

3. I due motivi, tra loro correlati, vanno congiuntamente esaminati,
considerato che nella specie è contestato all’Albiero l’approntamento e
l’utilizzo:

al capo B: di una dichiarazione sostitutiva di certificazione,

presentata nell’ambito dell’appalto n. 90/2005 di cui al capo A), contenente
la falsa affermazione dell’inesistenza di forme di controllo e/o collegamento
sostanziale con altre imprese concorrenti;

al capo C: di identica falsa

esclusione di forme di controllo e/o collegamento sostanziale con altre
imprese concorrenti.
3.1. Trattasi all’evidenza di critiche inaccoglibili, considerato che il
reato di falso in scrittura privata è configurabile soltanto quando si tratti di
falsità materiale e non quando ricorra come nella specie, la falsità ideologica
(cfr. cass. pen. sez. 5, 42417/2009 Rv. 245393) preordinata, strumentale e
funzionale alla perpetrazione della turbativa d’asta: le censure sono quindi
prive di fondamento.
4. Con un terzo motivo si prospetta erronea applicazione della legge
relativamente all’interpretazione data all’art. 353 c.p. in relazione al capo A)
di imputazione con l’addebito di aver fatto simulatamente figurare che le
ditte, rispettivamente rappresentate, erano concorrenti, fra loro, mentre, in
realtà, le stesse erano riconducibili ad un unico centro di interessi, derivante
da specifici collegamenti societari e parentali.
4.1 Con un quarto motivo si evidenzia erronea applicazione della
legge penale ex in relazione agli artt. 56 e 353 c.p. con riferimento al capo
A) di imputazione.
5. Tali due ultimi motivi, per la loro naturale connessione, esigono
una unitaria disamina, qui subito osservandosi:

privato), in luogo dell’art. 485 c.p. (falsità in scrittura privata).

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a) che, nel caso di collusione, l’offensività del reato si concreta per il
solo fatto che l’accordo sia capace di influenzare l’andamento della gara, sia
sotto il profilo della libera concorrenza, sia sotto il profilo del libero gioco

Adami e altri);
b) che la turbativa può realizzarsi non solo nel momento preciso in
cui la gara si svolge ma anche, come avvenuto nella vicenda, nel complesso
procedimento che porta alla gara stessa, del quale sono protagonisti i
concorrenti, oppure, una volta iniziato il procedimento, fuori dalla gara
medesima quando vi sia un comportamento che provochi una lesione della
libera concorrenza che la norma penale intende tutelare (cfr. Cass. pen. sez.
6, camera di consiglio 23 ottobre 2012 Napolitano).
c) che il delitto di cui all’art. 353 cod. pen. è reato di pericolo e si
configura, non soltanto nel caso di danno immediato ed effettivo, ma anche
in quello di danno mediato e potenziale (cass. pen. sez. 6, u.p. 6 luglio 2011
Loconte e Leone): non è richiesto pertanto l’effettivo conseguimento del
risultato perseguito, poiché, trattandosi di reato di pericolo, esso è integrato
per il solo fatto che gli accordi collusivi siano idonei a influenzare
l’andamento della gara (cass. pen. sez. 6, u.p. 24 giugno 2011 Actis e altri),
senza che, una volta accertata la collusione nella formulazione delle offerte,
sia necessario dimostrare la potenziale rilevanza della stessa sul risultato
della gara stessa (cass. pen. sez. 6, u.p.18 luglio 2012 Mingoia e Mingoia);
d) che, pertanto, l’evento naturalistico del reato non richiede che sia
stato realizzato l’impedimento della gara, ma semplicemente un suo
turbamento, situazione questa che è integrata da una condotta fraudolenta o
collusiva che abbia anche soltanto influito sulla regolare procedura, restando
irrilevante un’effettiva alterazione dei suoi risultati (cass. pen. sez. 6, u.p. 27
settembre 2013 Murgolo e Mangione), posto che, nel caso specifico della
collusione, l’offensività del reato si concreta per il solo fatto che l’accordo sia
capace di influenzare l’andamento della gara sia sotto il profilo della libera

della maggiorazione delle offerte (cass. pen. sez. 6, u.p. 11 marzo 2013

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concorrenza, sia sotto il profilo del libero gioco della maggiorazione delle
offerte (cass. pen. sez. 6, u.p. 11 marzo 2013 Adami e altri);
e) che si ha collusione e mezzo fraudolento insieme quando i soggetti

interessi, dissimulando il collegamento tra le offerte in parola con parvenza di
un rapporto di concorrenza (cass. pen. sez. 6, u.p. 31 gennaio 2013 Messuti
e Blarasin);
f) che, la sussistenza di un unico centro di interesse è quaestìo facti
incensurabile ove, come nella vicenda, la sentenza sia sorretta da congrua
motivazione (cass. pen. sez. 6, u.p. 16 gennaio 2012 Citarella e altri).

presentino offerte formalmente diverse ma imputabili ad un unico centro di

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5.1. Principi tutti rigorosamente applicati dai giudici di merito e
che non risultano affatto contrastare con la sentenza 19 maggio 2009

commercio di Milano), la quale escluderebbe, ad avviso del ricorrente,
l’ipotizzabilità di un « divieto assoluto di partecipazione simultanea e
concorrente ad una medesima gara di appalto, da parte di imprese tra
le quali sussista un rapporto di controllo o collegamento”.
5.2. Trattasi invero di decisione che non ha affatto escluso la
ricorrenza del reato in esame, considerato che il Giudice della Corte di
giustizia ha semplicemente stabilito che nella legislazione nazionale non
vi debbano essere «automatismi», in grado di impedire ai partecipanti
di dimostrare in concreto che il rapporto tra le società non ha influito sul
loro rispettivo comportamento nell’ambito di quella stessa gara.
5.3. Orbene, nella vicenda, risulta che le difese non hanno a tal
fine prospettato alcuna circostanza specifica, in una situazione in cui
collegamento è stato affermato, non in via generica e astratta, bensì è
stato correlato all’atteggiarsi delle due società rispetto alla specifica
gara, quale evidenziato dall’insieme degli elementi indicati dai giudici di
merito nella doppia conforme pronuncia di responsabilità, tra l’altro non
impugnata da uno dei due condannati.
5.4. Infine, non è stata provata e neppure profilata una
ragionevole giustificazione alla partecipazione di entrambe le società,
circostanza questa che rafforza, sul piano logico-esperenziale, l’ipotesi
d’accusa che vi sia stata, da parte delle stesse, una necessaria previa
valutazione di convenienza ed opportunità, suggerita proprio dalla
prevista possibilità di alterare l’esito della gara attraverso offerte
concordate e coordinate.
5.5. Considerazione

quest’ultima, che, non limitandosi ad

evidenziare il mero dato del collegamento sostanziale, giova anche a

della Corte di Giustizia della Comunità europea (Assitur-Camera di

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superare le critiche basate dall’interpretazione della decisione
comunitaria dianzi citata, intesa, comunque e principalmente, a valutare
le ricadute a livello di procedimento amministrativo e non tanto

5.6. Per concludere: l’insieme delle emergenze processuali
consente di affermare che il collegamento sostanziale esistente tra le
due società integra ed esprime un unitario centro -di interessi e
decisionale- in grado di condizionare la concreta redazione e
confezionamento delle domande di partecipazione, invalidandole; il tutto
in una realtà probatoria nella quale non risultano essere stati opposti
dati ed elementi in grado di smentire in concreto siffatta evenienza, pur
avendone avuto le parti la piena possibilità e, ciò, in linea con la
decisione della Corte di Giustizia Ce e-538/07 del 19.5.09
6. Tanto premesso, ritiene questa Corte, all’esito di una analitica
e complessiva disamina delle emergenze processuali e della
corrispondente valutazione e giustificazione offerta dai giudici di merito
sulle parti oggetto di critica, ed in perfetta aderenza alle regole dianzi
indicate (§.5, lettere da “a” ad “f”) che ricorrano gli estremi del reato
dal quale la parte civile fa discendere il proprio diritto e sia stata del
pari adeguatamente accertata la sussistenza di tale diritto con
conseguente conferma del fondamento della condanna alle restituzioni o
al risarcimento pronunziata dal primo giudice (Sez. 1, 40197/2007, Rv.
237863 , Formis; Cass. Sez. 1, 3 ottobre 1994, Zamai, rv 199625;
Cass. Sez. 4, 3 febbraio 2004, rv. 228597).
7. In definitiva, la gravata sentenza va annullata senza rinvio, per
intervenuta estinzione degli illeciti contestati e confermate le statuizioni
civili a mente dell’art. 578 cod. proc. pen..

l’incriminazione delle condotte.

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P.Q.M.

estinto per prescrizione, ferme le statuizioni civili.
osì deciso in Roma il giorno 5 marzo 2014
Il3ons. est.
Luigi La

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è

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