Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14973 del 27/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 14973 Anno 2014
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi proposti dal difensore di:
Aiello Claudio, nato a Catanzaro, il 21/6/1980;
Lazzaretti Edoardo, nato a Catanzaro, il 15/10/1984;

avverso la sentenza del 10/6/2013 della Corte d’appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Oscar
Cedrangolo, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito per gli imputati l’avv. Antonietta Greco, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 27/02/2014

1.Con sentenza del 10 giugno 2013 la Corte d’appello di Catanzaro confermava la
condanna in giudizio abbreviato di Aiello Claudio e Lazzaretti Edoardo per il concorso
nel reato di furto pluriaggravato di materiale in rame e cavi elettrici, nonché per quello
di porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere e del solo Aiello per quello di possesso
ingiustificato di strumenti da scasso, reato quest’ultimo dal quale, in parziale riforma
della pronunzia di primo grado, la Corte distrettuale assolveva invece il Lazzaretti,
provvedendo conseguentemente a rimodulare il trattamento sanzionatorio riservato al

2. Avverso la sentenza ricorrono entrambi gli imputati a mezzo del comune difensore.
2.1 II ricorso dell’Aiello articola quattro motivi. Con il primo vengono dedotti vizi
motivazionali della sentenza impugnata in merito alla ritenuta responsabilità degli
imputati per il reato di furto, rilevandosi in proposito come la Corte distrettuale non
avrebbe in alcun modo risposto all’obiezione sollevata con il gravame di merito circa
l’intrinseca inidoneità degli attrezzi trovati nella disponibilità dell’Aiello e del Lazzaretti a
consentire l’asportazione dei cavi di rame. Non di meno i giudici d’appello non
avrebbero sufficientemente motivato sulla prova dell’effettiva addebitabilità agli
imputati della recisione dei cavi, trascurando in tal senso che nel luogo della presunta
sottrazione vennero recuperate alcune matasse che sarebbero state illogicamente
abbandonate se effettivamente gli imputati le avessero in precedenza asportate dal loro
sito. Conseguentemente del tutto immotivata sarebbe la sentenza anche in relazione
alla ritenuta sussistenza delle contestate aggravanti di cui ai nn. 2 e 7 dell’art. 625 c.p.
2.2 Oltre all’errata applicazione della legge penale, analoghi vizi vengono denunciati
con il secondo motivo in relazione al reato di cui all’art. 707 c.p., evidenziando il
ricorrente come la Corte distrettuale abbia del tutto ignorato il rilievo difensivo circa
l’inidoneità allo scasso degli attrezzi sequestrati, tale dunque da determinare un difetto
di tipicità del fatto accertato.
2.3 Con il terzo motivo ulteriori censure alla motivazione della sentenza vengono mosse
in relazione alla ritenuta sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 4 I. n.
110/1975, atteso che nuovamente la sentenza avrebbe ignorato i rilievi difensivi circa
la sussistenza di un giustificato motivo al porto delle cose sequestrate, utilizzate dagli
imputati per svolgere la loro attività di recupero di materiale ferroso abbandonato.
2.4 Con il quarto motivo, infine, il ricorrente lamenta il difetto di motivazione sul
mancato riconoscimento delle pur concesse attenuanti generiche con giudizio di
prevalenza sulle contestate aggravanti e sulla recidiva, nonché sul mancato
riconoscimento della invocata attenuante di cui al terzo comma dell’art. 4 I. n.
110/1975.
2.5 D ricorso del Lazzaretti articola invece tre soli motivi, in tutto sovrapponibili al
primo, terzo e quarto del ricorso dell’Aiello, alla cui illustrazione pertanto si rinvia.

medesimo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili.
1.1 Quanto ai motivi comuni ad entrambi i ricorrenti, il primo deve ritenersi
manifestamente infondato, atteso che la presunta incompatibilità degli attrezzi
sequestrati con l’asportazione dei cavi oggetto di sottrazione dalla loro sede naturale
era stata solo assertivamente contestata con i motivi d’appello senza alcun riferimento

(riferimento che peraltro nemmeno i ricorsi hanno saputo prospettare). La genericità
del rilievo e la conseguente genericità della doglianza esimevano dunque la Corte
territoriale dall’esaminarla.
1.2 Manifestamente infondate sono poi le censure mosse alla motivazione della
sentenza con riguardo alla configurabilità del reato di furto. I giudici d’appello hanno
infatti desunto che gli imputati abbiano asportato i cavi dai pozzetti in cui si trovavano
originariamente da una serie di circostanze logicamente convergenti verso il risultato
probatorio accolto, mentre la critica difensiva si limita assertivamente a ribadire la tesi
del rinvenimento dei cavi abbandonati, la quale trova conforto esclusivamente nelle
dichiarazioni degli stessi imputati e contrasta con il resto dell’evidenza disponibile.
Quanto poi al rilievo attribuito dai ricorrenti al rinvenimento di alcuni cavi nella pineta,
deve osservarsi che la sentenza ha logicamente ricondotto il fatto alla fretta con cui
l’Aiello e il Lazzaretti hanno dovuto allontanarsi dal luogo in quanto scoperti da un
carabiniere fuori servizio, argomentazione del tutto trascurata nei ricorsi.
2. Parimenti inammissibile è anche il terzo motivo del ricorso dell’Aiello (secondo in
quello del Lazzaretti), atteso che i ricorrenti hanno apoditticamente attribuito il porto
degli oggetti rinvenuti nel cassone del motocarro ad una presunta attività lecita svolta
dagli imputati senza premurarsi di individuare con la dovuta specificità la fonte
probatoria della circostanza di cui lamentano la mancata valutazione. E analogo
giudizio deve essere riservato all’ultimo motivo di entrambi i ricorsi ad oggetto la
motivazione del trattamento sanzionatorio. In proposito va infatti evidenziato come le
censure dei ricorrenti risultino del tutto assertive e generiche e comunque come la
Corte territoriale abbia giustificato le ragioni che giustificavano il riconoscimento delle
attenuanti generiche solo equivalenti alle contestate aggravanti e come abbia
implicitamente escluso la sussistenza dell’invocata attenuante di cui al secondo comma
dell’art. 4 I. n. 110/1975 in ragione della pluralità degli strumenti oggetto di porto
ingiustificato.
3. Anche il secondo motivo del ricorso dell’Aiello, infine, risulta manifestamente
infondato e generico. Deve infatti ribadirsi come, in tema di possesso ingiustificato di
chiavi alterate o grimaldelli, l’espressione “strumenti atti ad aprire o forzare le

a concrete emergenze processuali in grado di prospettare un dubbio di tal genere

serrature”, contenuta nell’art. 707 c.p. vada intesa nella sua accezione più ampia ed
incondizionata, sì da farvi rientrare tutti gli arnesi idonei di per sé ad aprire le serrature
ed altri analoghi congegni dotati di attitudine potenziale ad operare sulle medesime (ex

multis Sez. 2, n. 48172 del 28 settembre 2012, Novara, Rv. 253900). In tal senso,
dunque, correttamente i giudici di merito hanno ritenuto integrato il reato in questione
dal possesso di un crick, due martelli, una raspa, un punteruolo ed un coltello.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la

della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento ciascuno delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 27/2/2014

condanna dei ricorrenti al pagamento ciascuno delle spese processuali e al versamento

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