Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1497 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1497 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) ALIMI MOHAMED BEN BANANI, N. IL 22/10/1978,
avverso la sentenza n. 1955/2003 pronunciata dalla Corte di Appello di Venezia
il 28/5/2012;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Vincenzo Geraci, che ha concluso per il rigetto
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Venezia ha
confermato la condanna pronunciata nei confronti di Alimi Mohamed Ben Banani
dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia per il reato
di illecita detenzione di quindici grammi di eroina nonché di cessione di una dose
della medesima sostanza a Zennaro Alfonso, commesso in concorso con altra
persona il 27.3.2001.
All’Alimi è stata così inflitta la pena di anni due mesi quattro di reclusione ed
euro 14.000 di multa, determinata previa concessione delle attenuanti
generiche, e di quella di cui all’art. 73, co. 5 T.U. Stup., e computo della
diminuzione prevista per la celebrazione del rito abbreviato.

2. La Corte di Appello, in risposta alla richiesta avanzata con l’atto di
appello, ha ritenuto non concedibile l’attenuante di cui all’art. 73. Co. 5 T.U.

Data Udienza: 17/10/2013

Stup.

perché l’imputato era dedito abitualmente e continuativamente allo

spaccio di sostanze stupefacenti e in considerazione del dato ponderale nonché
del rinvenimento nell’abitazione del medesimo di un bilancino di precisione e di
coltelli recanti tracce di hashish.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione personalmente l’imputato,
che deduce violazione di legge e vizio motivazionale. Dopo aver enunciato che la
Corte di Appello aveva rigettato il motivo di appello con il quale si prospettava la

avuto il ricorrente avviso del rinvio dell’udienza del 26.9.2002 e di quella del
28.1.2003, rinvii disposti per il riconosciuto impedimento dell’imputato a
partecipare all’udienza perché, l’autorizzazione rilasciata dalla Questura ai sensi
dell’art. 17 d.lgs. 286/98 non era stata trasmessa al Consolato competente al
rilascio del visto di ingresso; sicché l’imputato non aveva potuto comparire in
giudizio perché privo del permesso di ingresso nel territorio dello Stato, dal quale
era stato espulso.
Ulteriore doglianza è formulata in merito all’applicazione della diminuzione
per le concesse attenuanti generiche, che si ritiene erroneamente calcolata dal
primo giudice, con errore avallato dalla Corte di Appello.
Si lamenta altresì omessa motivazione in ordine ai criteri utilizzati per la
determinazione della pena base.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato, per i motivi di seguito precisati.

5. Relativamente al primo motivo, appare opportuno innanzitutto chiarire
quale sia stata la situazione venutasi a determinare, per come deducibile dai
verbali dell’udienza preliminare, ai quali questa Corte è legittimata ad accedere
stante la natura del motivo di ricorso, che investe un vizio del procedimento: il
che impone al giudice di legittimità un accertamento di merito.
Orbene, coerentemente a quanto risulta reso esplicito anche dalla Corte di
Appello, all’udienza del 26.9.2012 l’imputato Alimi non comparve ed il giudice, su
richiesta del difensore – che rappresentava di essere stato nominato procuratore
speciale dell’imputato, affermando però che tale procura non era al momento
rinvenibile in atti e che era intenzionato a reperire l’atto o a far rinnovare la
procura speciale dal proprio assistito -, rinviò la trattazione del processo
all’udienza del 28.1.2013 senza formalizzare l’esito della verifica relativa alla
costituzione delle parti. Del pari, non risultano disposizioni in ordine alla
rinnovazione dell’avviso all’imputato.

?

2

nullità ex art. 178 lett. c) cod. proc. pen. della sentenza impugnata, per non aver

All’udienza del 28.1.2013 il giudice dichiarava la contumacia dell’Alimi
aggiungendo che questi “deve considerarsi contumace già dalla precedente
udienza 26-09-2002”. La difesa dell’imputato ribadiva la volontà dell’imputato di
partecipare al processo e dichiarava che allo scopo era stata inoltrata il
15.1.2003 istanza alla Questura per l’autorizzazione all’ingresso ex art. 17 d.lgs.
n. 286/1998.
Il giudice, senza esplicitarne le ragioni, ma evidentemente accogliendo
l’istanza del difensore dell’Alimi, rinviava all’udienza del 16.5.2003. Anche in tale

predetto imputato.
All’udienza del 16.5.2003, essendo stato appreso che l’autorizzazione era
stata rilasciata dal Questore, non essendo comparso l’imputato, il giudice
autorizzava la discussione e all’esito pronunciava la sentenza.

6. Il ricorso pone il quesito se fosse dovuto avviso all’Alimi per l’udienza del
28.1.2003 e, soprattutto, per quella del 16.5.2003 e se l’eventuale omissione
importi nullità assoluta ed insanabile, con i conseguenti effetti sugli atti derivati.
Per rispondere a tali interrogativi ritiene questa Corte che debbalrendersi le
mosse dalla circostanza che risulta incontestato che l’avviso previsto dall’art. 419
cod. proc. pen. per l’udienza del 26.9.2002 venne regolarmente dato
all’imputato. L’ulteriore dato fattuale da assumere a presupposto è che la
richiesta di rinvio dell’udienza per la volontà dell’imputato di partecipare al
giudizio venne avanzata in quella udienza senza che fosse stata dimostrata la già
avvenuta presentazione dell’istanza di autorizzazione del reigresso, ex art. 17
d.lgs. n. 286/1998; istanza che, d’altra parte, risulta per tabulas essere stata
presentata solo successivamente, il 5.1.2003.
Tanto importa, da un canto, che il difensore non prospettò alcun legittimo
impedimento attuale dell’Alimi (ed infatti argomentò la richiesta di rinvio facendo
riferimento alla necessità di documentare la propria condizione di procuratore
speciale dell’imputato per la proposizione di istanza di rito alternativo); dall’altro,
che alcun legittimo impedimento sussisteva, almeno quale conseguenza
dell’avvenuta espulsione dell’imputato dal territorio dello Stato, atteso che egli
non aveva al tempo ancora manifestato di voler partecipare al processo con la
presentazione dell’istanza di autorizzazione ex art. 17 cit.
In altri termini, sussistendo le condizioni per la dichiarazione di contumacia,
il giudice omise di enunciarla; il che spiega anche la formula utilizzata dal giudice
con la dichiarazione di contumacia resa alla successiva udienza del 28.1.2003:
“deve considerarsi contumace già dalla precedente udienza 26-09-2002”.

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occasione non seguivano disposizioni in ordine a comunicazioni da darsi al

E che la contumacia potesse e dovesse essere dichiarata è indubbio;
ancorchè dalla lettura dei verbali non risulti chiaro quando sia stata disposto il
rito abbreviato nel corso dell’udienza preliminare, essa andava in ogni caso
dichiarata, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte secondo il
quale nel giudizio abbreviato va dichiarata la contumacia dell’imputato assente
anche se il difensore sia munito di procura speciale (Sez. 2, n. 40443 del
21/10/2008 – dep. 29/10/2008, Crapella, Rv. 241873; Sez. 4, n. 26671 del
26/05/2009 – dep. 30/06/2009, Sonnendorfer, Rv. 244508).

‘ora per allora’. Detto altrimenti, il tema che si impone è quello degli effetti
derivanti dalla omissione di una dichiarazione di contumacia per la quale
sussistevano i presupposti.
5.2. La giurisprudenza più risalente, accanto a posizioni ‘sostanzialiste’,
proponeva interpretazioni inclini a riconoscere alla dichiarazione giudiziale natura
costitutiva della contumacia (sotto la vigenza del codice del 1930 tale natura era
stata affermata da Sez. U, n. 3 del 09/05/1964 – dep. 20/07/1964, Langheim,
Rv. 99223). Si è così ritenuto, in ipotesi di “rinvio ad udienza fissa” effettuato
prima del compimento degli atti introduttivi e senza la previa dichiarazione di
contumacia dell’imputato, che l’accertamento del presupposto di fatto del
giudizio contumaciale, vale a dire la assenza di impedimento idoneo a giustificare
la mancata comparizione dell’imputato, non può essere effettuata ex post, con
successivo provvedimento che attesti la ritualità e tempestività della citazione
dell’imputato (Sez. 5, n. 1062 del 17/11/1999 – dep. 01/02/2000, Turani G. ed
altri, Rv. 216494).
Tuttavia è opinione di questa Corte che il tema non si presti a soluzioni
generalizzanti. Come rilevato da Sez. 4, n. 7656 del 16/12/2004 – dep.
01/03/2005, Bertucca, Rv. 231096, vanno distinte perlomeno le ipotesi in cui
l’imputato adduca un suo legittimo impedimento a comparire e quella nella quale
l’imputato non adduca alcun legittimo impedimento a comparire, e questo non
risulti diversamente dagli atti. Nel primo caso incombe sul giudice l’obbligo di
valutare la sussistenza o meno di tale addotto impedimento e di dare, poi,
congrua e logica contezza delle ragioni che lo hanno indotto a ritenere
insussistente tale impedimento, tanto afferendo, funditus, all’accertamento del
presupposto del giudizio contumaciale, in una situazione in cui le allegazioni della
parte ne contestano la sussistenza.
Tale obbligo si è fatto discendere dall’art. 487 cod. proc. pen. (Sez. 2, n.
12564 del 09/05/2000 – dep. 02/12/2000, Folegatti D, Rv. 218571) e può oggi
dedursi dall’art. 420-ter cod. proc. pen.

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Ciò importa la verifica dell’ammissibilità di una dichiarazione di contumacia

Nel secondo, il giudice non ha l’obbligo di espressamente motivare sulla
insussistenza di un legittimo impedimento dell’imputato a comparire, che questi
non adduce affatto e che deve, perciò, ritenersi del tutto insussistente,
conseguendo in tal caso, ex lege, la instaurazione del giudizio contumaciale,
anche a prescindere da una formale dichiarazione di contumacia, atteso che il
sistema delle garanzie approntato dall’ordinamento processuale non si conforma
a criteri di mera formalità, ma a quelli (sostanziali) delle forme funzionali alla
tutela delle varie e riconosciute espressioni del diritto di difesa.

che si versi in ipotesi della ‘seconda specie’) informa la prevalente giurisprudenza
di legittimità, per la quale l’omissione della dichiarazione di contumacia non è
causa di nullità della sentenza, in quanto si tratta di nullità non prevista dalla
legge e dalla quale non deriva alcun pregiudizio alla difesa dell’imputato (Sez. 5,
n. 36651 del 04/06/2008 – dep. 24/09/2008, Ventola, Rv. 241634; Sez. 4, n.
41981 del 15/11/2006 – dep. 21/12/2006, Marzotto, Rv. 235543; Sez. 6, n.
19273 del 21/04/2006 – dep. 01/06/2006, Polinari, Rv. 233973; Sez. 5, n.
15635 del 16/02/2005 – dep. 27/04/2005, Graziani, Rv. 232126; Sez. 5, n. 6487
del 24/01/2005 – dep. 22/02/2005, Manna, Rv. 231421).
Non manca un contrapposto orientamento, il quale assume che integra una
nullità a regime intermedio, pertanto sanabile ex art. 182 comma secondo cod.
proc. pen., l’omissione della dichiarazione di contumacia di un imputato non
presente (Sez. 1, n. 23915 del 08/05/2013 – dep. 03/06/2013, Fialek Damian,
Rv. 255811) e ciò in quanto mancando tale pronuncia, risulta omesso
l’accertamento del presupposto di fatto del giudizio contumaciale, vale a dire
l’assenza di un impedimento idoneo a giustificare la mancata comparizione
dell’imputato (Sez. 7, n. 31646 del 28/05/2002 – dep. 24/09/2002, Capristo, Rv.
222840; Sez. 5, n. 882 del 03/12/1996 – dep. 05/02/1997, Sagliano, Rv.
206906).
Ribaltando tali principi sul piano degli effetti derivanti della mancata
dichiarazione sul regime tipico che scaturisce dalla contumacia, mentre la tesi
maggioritaria conduce a ritenere che l’imputato è rappresentato dal difensore,
secondo quanto previsto dall’art. 420quater, co. 2 cod. proc. pen., e che egli non
deve avere un autonomo avviso del rinvio ad udienza fissa, altre decisioni
segnano un ulteriore contrapposizione interpretativa. Per un primo orientamento,
la mancata rinnovazione della citazione a giudizio all’imputato assente, che non
abbia allegato alcun legittimo impedimento e del quale non sia stata dichiarata la
contumacia, dà luogo ad una nullità di ordine generale e a regime intermedio che
deve essere eccepita dal difensore appena possibile secondo quanto disposto
dall’art. 182 comma secondo cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 13283 del 17/01/2013 –

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Il principio della valenza della situazione effettivamente verificatasi (a patto

dep. 21/03/2013, Bucca, Rv. 255188; Sez. 5, n. 17027 del 23/01/2013 – dep.
12/04/2013, Musciolà, Rv. 255503).
Altro indirizzo evidenzia che la mancata comparizione in udienza
dell’imputato senza indicare alcun legittimo impedimento e senza che il giudice
verifichi i presupposti atti a legittimarne la dichiarazione di contumacia limitandosi ad annotare nel verbale di udienza che l’imputato è “libero assente” costituisce un’anomalia che non consente di ritenere l’imputato rappresentato dal
difensore, ex art. 420 quater, comma secondo, cod. proc. pen., con la

del difensore, implica necessariamente la nuova citazione non solo di
quest’ultimo ma anche dell’imputato assente e che l’omessa rinnovazione
dell’avviso a quest’ultimo determina una nullità assoluta (Sez. 4, n. 47791 del
22/11/2011 – dep. 22/12/2011, Cravana e altro, Rv. 252461). Tal ultima
soluzione ritiene la nullità assoluta in quanto coinvolgente la valida vocatio in ius
dell’imputato: “non è infatti la mancanza della dichiarazione di contumacia ad
assumere rilevanza, ma la ritualità della citazione dell’imputato che, nella
situazione di cui trattasi, non è assicurata”.

6. Ritiene il Collegio che risulti maggiormente persuasiva la tesi che assegna
alla contumacia valore a prescindere da una tempestiva dichiarazione giudiziale.
In primo luogo va ribadita la fondatezza del rilievo operato con la decisione
in causa Bertucca: se la questione della insussistenza dei presupposti per la
dichiarazione di contumacia è stata posta all’attenzione del giudice, l’eventuale
ricorrenza di quei presupposti assume valore regressivo rispetto all’obbligo del
giudice di pronunciarsi sul tema.
Ove, risultando perfezionata la vocatio in ius, le parti non abbiano addotto
circostanze dimostrative della impossibilità dell’imputato di partecipare al
giudizio, l’eventuale mancata pronuncia della dichiarazione di contumacia non
può incidere sullo status da attribuire all’imputato. Con l’effetto che anche
l’imputato in ordine al quale risultino i presupposti per la dichiarazione di
contumacia – omessa – deve essere considerato rappresentato dal difensore e
l’avviso a questi vale come avviso dato all’imputato.
Né ciò lascia temere che si verifichino incolpevoli pregiudizi in danno
dell’imputato. Il processo di parti propone, tra le caratteristiche, quella di
chiamare ciascuna ad una partecipazione attiva, concorrendo con le proprie
scelte – di azione e di inazione – alla celebrazione di un fair trial.

7. Traendo le conclusioni dalle premesse sin qui esposte risulta evidente
come, nonostante la mancata dichiarazione di contumacia all’udienza del

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conseguenza che il rinvio dell’udienza, conseguente all’accertato impedimento

26.9.2012, l’imputato dovesse essere considerato tale e quindi l’avviso per
l’udienza del 28.1.2003 non era dovuto, valendo la regola di cui all’art. 420quater, co. 2 cod. proc. pen., della rappresentanza del difensore.
All’udienza del 28.1.2003 l’imputato risultava oggettivamene impedito a
partecipare al processo; dovendosi considerare già contumace, la circostanza
imponeva unicamente il rinvio del procedimento e l’avviso – per l’udienza del
16.5.2003 – doveva essere assicurato mediante comunicazione al difensore
presente, ai sensi del combinato disposto agli artt. 420-quinques, co. 2 e 420-

8. Per completezza, e tenuto conto che l’esponente fa altresì riferimento ad
un legittimo impedimento derivante dall’omesso rilascio del visto da parte del
Consolato, mette conto rilevare che all’udienza del 16.5.2003 il difensore
dell’Alimi rappresentò che era stato ottenuto da questi il visto di ingresso per
ragioni di giustizia e che “la difesa non è poi più riuscita a mettersi in contatto
con il loro Oege) assistito”.
Sulla scorta di tali allegazioni e sentite le parti il Giudice ribadì la
declaratoria di contumacia dell’Alimi “rilevato che si procede a rito abbreviato
richiesto dal procuratore speciale”.
Pertanto, non vi fu alcuna indicazione di un legittimo impedimento a
partecipare al processo dell’Alimi e comunque, ove in tal senso debba
interpretarsi l’enunciazione del difensore, non fu concretamente provato
alcunché, con l’effetto di risultare incensurabile l’ordinanza pronunciata dal
Giudice.
Pertanto la Corte di Appello non erra quando esclude che si sia verificata
una nullità assoluta ed insanabile. Non è invece condivisibile che si sia
concretizzata una nullità di ordine generale a regime intermedio (peraltro
giudicata sanata dalla mancata eccezione ex art. 182, co. 2 cod. proc. pen.) per
essere stato omesso l’avviso per l’udienza del 16.5.2003, dovuto in quanto
erroneamente dichiarata la contumacia essendo l’imputato impedito a comparire
a tale udienza. Si è già osservato, infatti, che l’imputato doveva considerarsi già
contumace sin dall’udienza precedente.

9.

Parimenti infondati risultano i rilievi concernenti il trattamento

sanzionatorio.
A differenza di quanto dedotto dal ricorrente, non si rinviene alcun errore di
calcolo del primo giudice, avallato dalla Corte di Appello, nella applicazione delle
attenuanti generiche. Queste sono state applicate operando una riduzione della
pena in misura inferiore a quella massima. Il che è ovviamente legittimo, a

7

ter, co. 3 e 4 cod. proc. pen.

condizione che l’operazione sia esplicata con motivazione i cui contenuti sono
tanto più ricchi quanto più ci si allontana dal massimo della riduzione.
Nel caso di specie la censura è aspecifica, posto che non indica alcun
elemento che manifesti l’inadeguatezza della motivazione espressa dal
decidente.
Motivazione che, a differenza di quanto rappresentato dall’esponente, è
stata resa dalla Corte di Appello con effetto integrativo di quella di primo grado.
Il giudice di appello, infatti, in caso di conferma della sentenza di condanna di

alla individuazione della pena base (e/o dell’aumento a titolo di continuazione),
perché, da un lato, l’omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena
non dà luogo ad una nullità ma ad una lacuna di motivazione e, dall’altro, le
sentenze di primo e di secondo grado, ai fini del controllo di congruità della
motivazione, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed
inscindibile (Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007 – dep. 08/02/2007, Conversa e
altro, Rv. 236181).
La Corte di Appello, sia con riferimento alla diminuzione per le attenuanti
che alla misura della pena base – non allineata al minimo -, ha fatto riferimento
al quantitativo di principio attivo (5 gr.), giudicato elevato, e alla condotta
processuale dell’imputato, indicata come ‘non lineare’.

10. Segue, al rigetto del ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17.10.2013.

primo grado, ne può integrare la motivazione, ove riscontri un difetto in ordine

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