Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14964 del 11/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14964 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LEONE ADRIANO N. IL 08/04/1986
FURIO GIUSEPPE N. IL 28/07/1991
AGHILAR CRISTOFORO N. IL 18/09/1983
BATTAGLINI ROCCO N. IL 09/09/1989
avverso la sentenza n. 1066/2015 TRIBUNALE di PISTOIA, del
22/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE;

Data Udienza: 11/03/2016

RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’articolo 444
cod.proc.pen., venne applicata a Leone Adriano, Furio Giuseppe, Aghilar
Cristoforo e Battaglini Rocco per il reato di furto pluriaggravato in concorso la
pena concordata con la Pubblica Accusa;

gli imputati, Battaglini Rocco e Leone Adriano sia personalmente che a mezzo del
difensore mentre Aghilar e Furio solo personalmente, denunciando tutti l’erronea
qualificazione dei fatti e il mancato proscioglimento, il solo Battaglini anche la
mancata concessione della sospensione condizionale della pena

CONSIDERATO IN DIRITTO

-che la possibilità di impugnare la sentenza di patteggiamento per
denunciare l’erronea qualificazione giuridica del fatto ha dato luogo ad
interpretazioni contrastanti, risolte da un intervento delle Sezioni Unite (v. Cass.
Sez. Un. 19 gennaio 2000 n. 5), le quali hanno statuito che con il ricorso per
cassazione può essere denunciata l’erronea qualificazione del fatto come
prospettata dalle parti e recepita dal Giudice, e ciò perché è lo stesso articolo
444 cod.proc.pen., comma 2, ad imporre siffatto controllo, funzionale ad evitare
che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati. Tuttavia, proprio in
considerazione della natura del patteggiamento e dello scopo del controllo
affidato al Giudice, la giurisprudenza ritiene che l’impugnabilità per l’erronea
qualificazione del fatto debba essere limitata ai casi in cui quella prospettata
dalle parti sia palesemente erronea ovvero ai casi in cui la contestazione
originariamente delineata dal solo Pubblico Ministero sia anch’essa
manifestamente erronea. Quindi, la ricorribilità della sentenza di patteggiamento
è ammessa nelle sole ipotesi di errore manifesto, ossia quando sussiste
realmente l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati,
sicché deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti
margini di opinabilità: l’errata qualificazione giuridica del fatto può essere fatta
valere solo dinanzi ad un evidente error in iudicando che “dissimuli un’illegale
trattativa sul nomen iuris”, ma non in presenza di una qualificazione che presenti
oggettivi margini di opinabilità (tra le tante v. Cass. Sez. Sez. IV 11 marzo 2010
n. 10692 e Sez. VI 27 novembre 2012 n. 15009).

1

– che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione tutti

- che in ogni caso, deve riconoscersi la correttezza del controllo operato
dal Giudice del patteggiamento, controllo che in questa sede deve essere
valutato in rapporto allo stato degli atti del procedimento al momento
dell’accordo tra le parti come risultante dalla stessa sentenza impugnata. In sede
di legittimità la verifica dell’osservanza della previsione contenuta nell’articolo
444 cod.proc.pen., comma 2 avviene esclusivamente sulla base dei capi di

ricorso, non potendo certo spingersi la Corte ad esaminare gli atti del
procedimento o i documenti estranei ad esso.
– che nel caso di specie, non emerge alcun elemento per ritenere che si
sia trattato di qualificazioni manifestamente erronee;
– che in diritto si afferma pacificamente come: “nel procedimento di
applicazione della pena su richiesta delle parti (articoli 444 e seg. cod.proc.pen.),
(queste) non possono prospettare con il ricorso per cassazione questioni
incompatibili con la richiesta di patteggiannento formulata per il fatto contestato
e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto
l’accusa come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione.
L’applicazione concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far
valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti
alla richiesta di patteggiamento e al consenso a essa prestato. Cosicché, in
questa prospettiva, l’obbligo di motivazione del Giudice è assolto con la semplice
affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini
dell’accordo intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli elementi di
cui all’articolo 129 cod.proc.pen. conformemente ai criteri di legge”. (v. Cass.
Sez. II 14 gennaio 2009 n. 5240 e Sez. V 25 marzo 2010 n. 21287).
Nella specie, questa volta in fatto, il Tribunale ha dato conto del controllo
effettuato circa la sussistenza dei fatti e la loro qualificazione giuridica e, quindi,
dell’impossibilità di addivenire ad una pronuncia di proscioglimento ai sensi
dell’articolo 129 cod.proc.pen.;
– che quanto alla mancata concessione al Battaglini della sospensione
condizionale non risulta dall’atto impugnato né dal ricorso stesso che
l’applicazione della pena fosse subordinata alla suddetta concessione;
– che la ritenuta inammissibilità dei ricorsi comporta le conseguenze di cui
all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano
ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende;

2

imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel

P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese del processuali e ciascuno della somma di euro 2.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso 1 1 11 marzo 2016.

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