Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1496 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1496 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NOTO FABIO N. IL 03/06/1973
avverso la sentenza n. 2555/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 08/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. rutetur
che ha concluso per a 1.(4,tc -.d&k lz.n/l.c• •

Udito, per la
‘ltiisor
Avv.

• ile, l’Avv

Data Udienza: 17/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Palermo ha
confermato la condanna pronunciata nei confronti di Noto Fabio dal Tribunale di
Marsala, sezione distaccata di Castelvetrano, per il reato di illecita detenzione di
4,0929 chilogrammi di hashish, aggravata dalla recidiva reiterata specifica.
Al Noto è stata così inflitta la pena di anni quattro di reclusione ed euro
18.000 di multa, determinata previa concessione delle attenuanti generiche,
ritenute equivalenti alla contestata recidiva, e computo della diminuzione

La Corte di Appello, in risposta alla richiesta avanzata con l’atto di appello,
ha ritenuto non concedibile l’attenuante di cui all’art. 73. Co. 5 T.U. Stup. sia
perché l’imputato era dedito abitualmente e continuativamente allo spaccio di
sostanze stupefacenti, sia in considerazione del dato ponderale e del
rinvenimento nell’abitazione del Noto di un bilancino di precisione e di coltelli
recanti tracce di hashish.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Noto a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Giuseppe Pantaleo.
Egli deduce contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione della
sentenza, da un verso perché la Corte di Appello ha fatto riferimento a
circostanze di natura soggettiva (ovvero i precedenti penali) per l’affermazione di
responsabilità, dall’altro perché la sentenza medesima conferma che l’imputato
era tossicodipendente e titolare di reddito che gli consentiva l’acquisto per sé.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
La Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione della normativa di
settore, come costantemente interpretata dal giudice di legittimità: in tema di
sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza
attenuante del fatto di lieve entità, il giudice è tenuto a complessivamente
valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione
(mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto
materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della
condotta criminosa): dovendo, conseguentemente, escludere la concedibilità
dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti a ‘misurare’ la
lesione del bene giuridico protetto in termini di non “lieve entità”. E in un tale
contesto valutativo, ove la quantità di sostanza stupefacente si riveli

considerevole, la circostanza è di per sé sintomo sicuro di una notevole
potenzialità offensiva del fatto e di diffusibilità della condotta di spaccio (così, in

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prevista per la celebrazione del rito abbreviato.

motivazione, tra le altre, Sez. 4, n. 4948 del 22/01/2010 – dep. 04/02/2010,
Porcheddu e altro, Rv. 246649).
In questa prospettiva, deve ritenersi corretto, oltre che congruamente
motivato, il diniego dell’attenuante che il giudicante ha argomentato
valorizzando negativamente il quantitativo della sostanza stupefacente (oltre
quattro chilogrammi di hashish).
Peraltro, non risponde al vero che la Corte di Appello abbia fatto riferimento
ai precedenti penali del Noto nella valutazione della non lieve entità del fatto:

nell’attualità dedito professionalmente allo spaccio, come dimostra l’associazione
al dato della quantità che subito si compie nella motivazione.
Ed ancora, neppure risponde al vero che la Corte di Appello abbia attribuito
al Noto un reddito compatibile con l’acquisto della sostanza per farne uso
personale; già il giudice di primo grado ebbe ad affermare che la somma di
denaro trovata al Noto (di 340 euro) non era compatibile con lo stato di
disoccupazione del medesimo.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

5. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore
della cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17.10.2013.

l’evocazione degli stessi, infatti, è stata volta a dimostrare come l’imputato fosse

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