Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14953 del 25/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 14953 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GENTILE MARIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Magri Giuseppe, nato il 24/03/1958

avverso la sentenza del 05/07/2013 della Corte di Appello di Brescia.

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mario Gentile;
Udito il Procuratore Generale, in persona del dott. Giuseppe Volpe che ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Udito il difensore avv. //

Data Udienza: 25/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza emessa il 05/07/2013, in
riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo, in data 09/02/2012 – appellata
dal PG nei confronti di Giuseppe Magri, assolto dal reato di cui all’art. 10 ter
d.lgs. 74/2000 (come contestato in atti) – dichiarava l’imputato colpevole del
predetto reato e lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione; pena

2. L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di
legge e vizio di motivazione, ex art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen.
2.1. In particolare il ricorrente esponeva che nella fattispecie non ricorreva
l’elemento soggettivo del reato contestato, ossia il dolo. Giuseppe Magrì non
aveva corrisposto le somme dovute unicamente perché versava in una situazione
di carenza di liquidità economica, dovuta a debiti pregressi.
Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato.
1.1. La Corte Territoriale, mediante un esame analitico ed esaustivo delle
risultanze processuali, ha accertato che Giuseppe Magri, quale rappresentante
legale dell’omonima ditta individuale – nelle condizioni di tempo e di luogo come
individuate in atti – aveva omesso di versare entro il 27/12/2006 l’imposta sul
valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale relativa all’anno 2005
per l’ammontare complessivo di € 108.172,00, imposta superiore al limite di non
punibilità, pari ad € 50.000,00 (vedi sentenza 2° grado pagg. 2 – 3).

2. Le censure dedotte nel ricorso – circoscritte alla sola sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato (ossia il dolo) – sono infondate per le seguenti
ragioni principali:
2.1. Le asserite difficili condizioni economi che avrebbero determinato la
carenza di liquidità da parte della ditta di cui Giuseppe Magrsi era rappresentante
legale sono state solo prospettate, ma non provato in modo univoco, specifico e
certo.
2.2. Dette precarie condizioni economiche, comunque – almeno che le
stesse non siano determinate da eventi eccezionali e di rilevante dimensione ,
non costituiscono di per sé solo un caso fortuito o di forza maggiore (art. zlif cod.
2

sospesa e non menzione.

pen.), come tale idoneo ad escludere la punibilità o quantomeno il dolo del
reato di cui all’art. 10 ter d.lgs. 74/2000. Invero l’eventuale crisi di liquidità
economica – nell’ambito dell’attività di impresa – di norma non costituisce un
evento imprevedibile e come tale insuperabile. La crisi di liquidità, invece,
rappresenta un evento possibile, concretizzando lo stesso un rischio inerente
all’attività di impresa, cui occorre far fronte tempestivamente con opportuni
interventi sul cosiddetto “flusso di cassa” dell’azienda, quali: a) tempestivi e
frazionati accantonamenti; b) il ricorso all’acquisizione di ulteriori somme

2.3. Sussisteva l’elemento soggettivo del reato de quo, poiché il ricorrente,
Giuseppe Magrì, era pienamente consapevole di omettere il pagamento dell’IVA
dovuta (C 108.172,00) nel prescritto termine del 27/12/2006. L’asserita crisi di
liquidità economica costituiva, tutt’al più, soltanto motivo personale e soggettivo
per il quale il Magrì non effettuava il versamento dovuto. La stessa (cioè la crisi
di liquidità), tuttavia, non era una valida ragione giuridica idonea a giustificare il
mancato pagamento dell’IVA dovuta.

3.Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da Giuseppe Magrì, con
condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 25 Febbraio 2014.

erogate da istituti bancari /o finanziari ed altri.

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