Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14947 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 14947 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Pollini Mauro, nato a Faenza il 23/01/1962
avverso la sentenza del 19/03/2013 della Corte di appello di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato

DEPOSITATA IN CANCELLERIA’

IL

– i A7 2014

Data Udienza: 28/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza emessa in data 19 marzo
2013, confermava la decisione resa in data 15 aprile 2011 dal Tribunale di
Ravenna, in composizione monocratica, appellata da Mauro Pollini che era stato
condannato in primo grado alla pena di mesi tre di reclusione ed euro 300,00 di
multa per il reato di cui all’art. 2 Legge n. 638 del 1983, perché, nella sua qualità
di Amministratore unico del “calzaturificio Azzurro s.r.l.”, ometteva il versamento

sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, per complessivi C 16.416,00, relativi
ai seguenti periodi:da “Aprile 2006 a Settembre 2006”; da “Novembre 2007 a
Dicembre 2007”; da “Febbraio 2007 a Marzo 2007”.

2. Per l’annullamento della sentenza impugnata ricorre per cassazione, per il
tramite del proprio difensore, Mauro Pollini, affidando il gravame ai seguenti due
motivi.
2.1. Con il primo motivo, si deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett.
e), cod. proc. pen. per assoluta mancanza della motivazione in ordine ai motivi
aggiunti depositati dalla difesa prima del giudizio di appello.
Si sostiene che, in data 28 febbraio 2013, il difensore dell’imputato
depositava motivi aggiunti, aventi ad oggetto i medesimi capi e punti della
sentenza impugnata già enunciati nell’originario gravame e, in particolare, il
punto concernete l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato per il
delitto a lui ascritto. Nel caso specifico, i motivi nuovi vertevano sul tema
dell’irritualità della notifica dell’avviso di accertamento relativo al reato di
omesso versamento delle ritenute previdenziali, poiché la suddetta notifica non
avvenne personalmente nelle mani del Pollini, bensì nella mani della moglie, con
cui, all’epoca, era già in corso separazione personale tra coniugi.
Non vi era dunque nessuna prova certa circa l’effettiva conoscenza, da parte
dell’imputato, dell’avviso di accertamento notificato nelle mani della moglie.
Né il giudice di secondo grado ha verificato se l’imputato fosse stato o meno
raggiunto, nel corso del giudizio penale da un atto equipollente all’avviso
dell’ente previdenziale, tale da consentirgli, sul piano sostanziale, di esercitare le
facoltà di legge.
Sulla base di entrambi i rilievi, la Corte territoriale avrebbe dunque dovuto
rimettere nei termini il ricorrente ma, in ordine a tale motivo nuovo, la
motivazione è stata del tutto omessa, ravvisandosi in ciò, secondo il ricorrente,
la fondatezza del vizio denunciato.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione dell’art. 606, comma 1,
lett. e), cod. proc. pen. per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
2

delle ritenute previdenziali ed assistenziali, operate in qualità di datore di lavoro

motivazione rispetto agli atti del processo nonché travisamento delle risultanze
processuali e violazione dell’art. 533 cod. proc. pen.
Si premette come il delitto di cui all’art. 2 della Legge n. 683 del 1983, non
sia configurabile in assenza del materiale esborso delle relative somme ai
lavoratori dipendenti a titolo di retribuzione.
Nel caso di specie, sia il Giudice di prime cure che la Corte d’appello hanno
ritenuto, nonostante i diversi esiti dell’istruttoria dibattimentale ed in violazione
del criterio di ripartizione dell’onere della prova, che l’imputato avesse

oggetto di contestazione e che, conseguentemente, risultasse integrato
l’elemento materiale del reato.
Sennonché la motivazione sul punto sarebbe carente, illogica e
contraddittoria, nonché contrastante con i principi in materia di distribuzione
dell’onere della prova, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto di
addossare l’onere della prova circa l’esistenza di un fatto negativo alla difesa.
Al contrario, tale onere probatorio spettava, secondo il ricorrente, al
pubblico ministero, avendo l’imputato assolto all’onere, su di lui incombente e
pienamente osservato, di mera allegazione del fatto.
Ed invero l’allegazione difensiva circa il mancato pagamento delle
retribuzioni ai lavoratori dipendenti in ragione dello status di difficoltà economica
non è stata superata dall’accusa, neppure può ritenersi superata dalla
presentazione di modelli DM 10 e tantomeno dagli esiti dell’istruttoria
dibattimentale, conseguendo da ciò la fondatezza del motivo denunciato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

2. Va precisato, quanto al primo motivo di gravame, come dagli atti
processuali non risulti il deposito di motivi aggiunti.
In ogni caso, ed il rilievo deve ritenersi assorbente, se anche fosse stato
aggiunto il motivo circa la mancata conoscenza da parte dell’imputato dell’avviso
a regolarizzare la posizione previdenziale, si osserva come il giudice di primo
grado abbia specificamente attestato la regolarità dell’avviso stesso e come la
circostanza dedotta dal ricorrente sia rimasta completamente sfornita di priva.
Il ricorrente ha puramente e semplicemente allegato il fatto di non essere
stato posto nella condizione di fruire della causa di non punibilità in quanto
l’avviso ex art. 2 legge n. 638 del 1983 non era stato da lui ricevuto, essendo
stato notificato a mani della moglie, con la quale era, all’epoca, in corso un
giudizio di separazione personale.

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regolarmente proceduto al pagamento delle retribuzioni ai dipendenti nei periodi

A fronte di una regolare (e, sotto tale profilo, neppure contestata)
spedizione dell’avviso de quo e dunque a fronte di oneri probatori pienamente
osservati dall’accusa, quanto ai fatti costitutivi della pretesa, va ricordato come,
ai sensi dell’art. 187 cod. proc. pen., i fatti processuali e, per quanto qui
interessa, i fatti che si riferiscono alla punibilità devono essere oggetto di prova,
onere che il ricorrente non risulta avere osservato neppure attraverso
l’asseverazione di corrispondenti fatti positivi rispetto a quelli negativi
meramente dedotti.

3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
La giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso che, in tema di
omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, gli appositi
modelli attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e gli obblighi
contributivi verso l’istituto previdenziale (cosiddetti modelli DM 10), hanno
natura ricognitiva della situazione debitoria del datore di lavoro e la loro
presentazione equivale all’attestazione di aver corrisposto le retribuzioni in
relazione alle quali è stato omesso il versamento dei contributi (Sez. 3,
10/04/2013, n. 37145, Deiana ed altro, Rv. 256957).
Ciò è quanto è stato accertato nel caso di specie, ove la prova della effettiva
corresponsione della retribuzione ai dipendenti, è stata ricavata dalla
presentazione da parte del ricorrente all’INPS del modello DM 10, con la
conseguente manifesta infondatezza del motivo proposto.

4. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 136 della Corte
costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità, alla relativa declaratoria, segue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla cassa delle
ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 28/01/2014

Ne consegue la manifesta infondatezza del primo motivo.

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