Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14941 del 13/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 14941 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CHIERICONI Daniela Francesca, n. il 10/10/1963;
avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 28/9/2012;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. Roberta Giannini, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9.10.2008, il Tribunale di Roma dichiarò Chiericoni
Daniela Francesca responsabile dei delitti di ricettazione di un assegno e
di una carta di identità di provenienza delittuosa, nonché di truffa in
danno di Alfonsi Manlio e, unificati i reati sotto il vincolo della
continuazione, concesse le attenuanti generiche, la condannò alla pena di
mesi 8 di reclusione ed C 400,00 di multa.

Data Udienza: 13/03/2014

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame e la Corte di
Appello di Roma, con sentenza del 28.9.2012, confermò la condanna
emessa in primo grado, ma ridusse la pena.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputata, deducendo la
erronea applicazione degli artt. 648 e 640 cod. pen.; deduce, in
particolare, l’assenza di prove della provenienza delittuosa dell’assegno
consegnato dall’imputata all’Alfonsi, considerato che non sarebbe

persona offesa (in quanto mai formalmente acquisito agli atti) e che tale
assegno sarebbe diverso da quello denunciato smarrito da Beltrani
Mauro; neppure le dichiarazioni rese dal teste Argentario, citato d’ufficio
dal Tribunale ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., sarebbero state utili
per provare la provenienza delittuosa dell’assegno.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che, secondo la giurisprudenza elaborata da questa
Corte suprema in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i
motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano
intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della
necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del
provvedimento impugnato, risultando così “aspecifici” (Cass., Sez. 5, n.
28011 del 15/02/2013 Rv. 255568; Cass., Sez. 2, n. 36406 del
27/06/2012 Rv. 253893); cosicché è inammissibile il ricorso per
cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 19951 del
15/05/2008 Rv. 240109).
Pertanto, ai fini della validità del ricorso per cassazione non è
sufficiente che il ricorso consenta di individuare le statuizioni
concretamente impugnate e i limiti dell’impugnazione, ma è altresì
necessario che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con
sufficiente grado di specificità e che siano correlate con la motivazione
della sentenza impugnata; con la conseguenza che se, da un lato il

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utilizzabile il verbale di protesto dell’assegno allegato alla querela della

grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed
assoluta, dall’altro, esso esige pur sempre – a pena di inammissibilità del
ricorso – che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata
vengano contrapposte quelle del ricorrente, volte ad incrinare il
fondamento logico-giuridico delle prime.
È dunque onere del ricorrente, nel chiedere l’annullamento del
provvedimento impugnato, prendere in considerazione gli argomenti

delle censure di legittimità.
Orbene, nel caso di specie, la Corte di Appello ha risposto
puntualmente a tutte le censure oggi riproposte col ricorso per
cassazione, sia in ordine alla utilizzabilità del protesto dell’assegno, sia in
ordine alla corrispondenza dell’assegno consegnato allo Alfonsi a quello
denunciato smarrito dal Beltrani, sia in ordine alla valenza delle
dichiarazioni rese dal teste Argentario.
Il ricorrente non ha minimamente preso in considerazione gli
argomenti svolti dalla Corte di Appello al fine di confutarli, cosicché le
doglianze formulate col ricorso risultano inammissibili.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputatQ, che lo ha proposto deve
essere condannatcval pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P• Q• M•

La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 13 marzo 2014.

svolti dal giudice di merito e sottoporli a critica, nei limiti – s’intende –

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