Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1494 del 09/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1494 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
PIRASTU ALESSANDRO N. IL 23.09.1974
Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI TRIESTE del 28/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, sentite le
conclusioni del PG in persona del dott. Roberto Aniello che ha chiesto l’annullamento senza
rinvio limitatamente al reato di cui al capo b) perché il fatto non sussiste; rigetto nel resto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 28 novembre 2012 la Corte d’appello di Trieste confermava la
sentenza del Tribunale di Udine in data 4 novembre 2010 appellata da Pirastu
Alessandro. Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena di giustizia per
rispondere dei reati di cui all’art. 186 comma 2 lett. c) Codice della Strada (guida in
stato di ebbrezza)- capo A- e di cui all’art. 187 comma 8 Codice della Strada per
essersi rifiutato di sottoporsi al prelievo del liquido biologico per accertare la presenza di
sostanze stupefacenti e/o psicotrope.
Avverso tale decisione proponeva ricorso il Pirastu lamentando la violazione
2.
dell’art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. quanto alla ritenuta responsabilità per il capo b) e
quanto alla mancata sostituzione della pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. La Corte territoriale non ha concesso la sostituzione della pena con il lavoro di
pubblica utilità, ritenendo che la disciplina di cui alla legge 120 del 2010, introduttiva di
tale previsione, fosse nel complesso meno favorevole rispetto a quella contemplata
dall’art. 186 C.d.S. nel testo precedente, vigente all’epoca del commesso reato, sia per
i limiti edittali di pena contemplati che per la sanzione amministrativa accessoria.
Sul punto il ricorrente si limita a dedurre che la norma sul lavoro di pubblica utilità era
stata già introdotta precedentemente con l’art. 54 del decreto legge n. 274 del 28
agosto 2000. La normativa richiamata tuttavia si riferisce esclusivamente ai

Data Udienza: 09/07/2013

procedimenti innanzi al giudice di pace e l’applicazione dell’istituto in questione nella
disciplina relativa a quei procedimenti, ha comunque presupposti diversi rispetto a
quelli di cui alla legge n. 120 del 2010, richiedendo, ad esempio, l’espressa richiesta
dell’imputato.
Va comunque a riguardo precisato che l’affermazione di cui alla sentenza impugnata
circa il carattere meno favorevole delle disposizioni in materia di cui alla legge n. 120
del 2010 appare in contrasto con i principi espressi da questa Corte (cfr. ex plurimis
Sentenza n. 42485 del 19/09/2012 , Sarullo, Rv. 253731 ), secondo cui non vi è dubbio
che l’applicazione del lavoro di pubblica utilità – anche per gli ulteriori effetti che
derivano dall’esito positivo del suo svolgimento – può risolversi in una disposizione di
favore per il reo, e, in quanto tale, ben può quindi trovare applicazione, ai sensi dell’art.
2 c.p., comma 4, anche in relazione a fatti commessi sotto il vigore della previgente
disciplina, laddove non definiti con sentenza irrevocabile (v. anche Sez. 4, n. 11198 del
17/01/2012, Rv. 252170). Tuttavia, secondo i principi generali, l’apprezzamento del
carattere più favorevole di una disciplina normativa deve essere formulato – come
affermato e costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità – considerando la
stessa nel suo complesso; una volta individuata la disposizione globalmente ritenuta più
favorevole, il giudice deve applicare questa nella sua integralità, non potendo
combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativo dell’altra
legge secondo il criterio del favor rei, perché in tal modo verrebbe ad applicare una
tertia lex di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, violando così il
principio di legalità (“ex plurimis”, Sez. 4, 20 settembre 2004, Nuciforo). Di tal che, e
per quel che qui interessa, il giudice, laddove ritenga di accedere alla richiesta di
applicazione del lavoro di pubblica utilità, considerando in concreto più favorevole la L.
n. 120 del 2010 che tale sanzione sostitutiva ha introdotto, deve avere riguardo, per i
limiti edittali della pena da sostituire, alla qualificazione del fatto commesso
dall’imputato ed alla relativa forbice sanzionatoria stabilita con detta legge. Orbene la L.
n. 120 del 2010 ha stabilito, rispetto alla normativa previgente, per l’ipotesi di cui
all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), – nel cui ambito rientrerebbe, come detto, il fatto
commesso dal Sarullo (avuto riguardo al tasso alcolemico) – differenti parametri edittali
per la pena detentiva. In ogni caso, quindi, se ritenuto più favorevole in concreto, il
novurn normativo di cui alla novella del 2010 avrebbe dovuto essere applicato al Pirastu
nella sua integralità con conseguente riferimento al trattamento sanzionatorio previsto
da tale legge per l’ipotesi di reato di cui al comma 2, lett. c) C.d.S., come più volte
precisato nella giurisprudenza di legittimità, e, con specifico riferimento proprio alla L.
n. 120 del 2010, da questa stessa Sezione (“ex plurimis”: Sez. 4, 1 febbraio 2012, n.
4927, Ambrosi, rv. 251956; Sez. 4, n. 11198/12, già sopra citata quanto
all’applicabilità della nuovo disciplina a fatti commessi anteriormente alla novella del
2010). Ne consegue l’infondatezza del ricorso sul punto.
4. Fondata appare invece la doglianza con riferimento alla imputazione di cui al capo b).
Dalla stessa sentenza impugnata risulta invero che l’imputato, sottoposto a controllo da
parte della polizia municipale ed accompagnato presso il pronto soccorso per eseguire i
prelievi previsti dall’art. 187 comma 3 del Codice della Strada, accettava di sottoporsi al
controllo ematico, rifiutando invece di sottoporsi al prelievo delle urine.
Sul punto la Corte territoriale ha evidenziato che l’urina è la sostanza biologica di prima
scelta nella analisi delle sostanze di abuso perché premette il prelievo non invasivo del
campione, la possibilità di campionare grandi volumi e la possibilità di analizzare sia le
sostanze che i loro metaboliti dopo diversi giorni, laddove invece nel sangue le sostanze
sono presenti per tempi più brevi.
Osserva la Corte: secondo il consolidato indirizzo di questa corte di legittimità, ai fini
della configurabilità del reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti lo stato di
alterazione del conducente dell’auto non può essere desunto in via esclusiva da
elementi sintomatici esterni, così come avviene per l’ipotesi di guida in stato di
ebbrezza alcolica, essendo necessario che detto stato di alterazione venga accertato nei
modi previsti dall’art. 187 C.d.S., comma 2, attraverso un esame su campioni di liquidi
biologici, trattandosi di un accertamento che richiede conoscenze tecniche specialistiche
in relazione alla individuazione ed alla quantificazione delle sostanze (Cass., Sez. 4, n.
47903/2004, Rv. 230508; Cass., Sez. 4, n. 20247/2006, Rv. 234464).

Così deciso nella camera di consiglio del 9 luglio 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

E’ stato altresì sottolineato come lo stato di alterazione del conducente dell’auto non
debba essere necessariamente accertato attraverso l’espletamento di una specifica
analisi medica, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici
dimostrativi dell’avvenuta precedente assunzione dello stupefacente, unitamente
all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato
(Cass., Sez. 4, n. 48004/2009, Rv. 245798).
Or dunque, sebbene questa corte di legittimità abbia affermato che ai fini della
configurabilità della contravvenzione di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti,
è necessario che lo stato di alterazione del conducente dell’auto venga accertato nei
modi previsti dal comma 2 dello stesso articolo, attraverso un esame tecnico su
campioni di liquidi biologici, escludendo la rilevanza dei soli elementi sintomatici esterni
(Cass., Sez. 4, n. 14803/2006, Rv. 234032), la stessa non ha ritenuto indispensabile
l’espletamento di una specifica analisi medica per affermare la sussistenza
dell’alterazione, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici,
unitamente alle deposizioni raccolte e dal contesto in cui il fatto si è verificato. Ciò in
perfetta assonanza con le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale, la quale
affrontando il tema della legittimità dell’art. 187 C.d.S. ha affermato trovarsi “in
presenza di una fattispecie che risulta integrata dalla concorrenza dei due elementi,
l’uno obiettivamente rilevabile dagli agenti di polizia giudiziaria (lo stato di alterazione),
e per il quale possono valere indici sintomatici, l’altro, consistente nell’accertamento
della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o
psicotrope, a prescindere dalla quantità delle stesse, essendo rilevante non il dato
quantitativo, ma gli effetti che l’assunzione di quelle sostanze può provocare in concreto
nei singoli soggetti” (C. Cost., ord. n. 277/2004)” (Cass., Sez. 4, n. 48004/2009, Rv.
245798, cit).
Sulla base delle considerazioni che precedono, deve pertanto ritenersi che avendo il
Pirastu comunque accettato di sottoporsi al prelievo ematico (in conferente appare
pertanto il rilievo della Corte territoriale circa il carattere meno invasivo dell’esame delle
urine) ed essendo questo pienamente sufficiente, ai fini dell’accertamento
dell’assunzione di sostanze stupefacenti, non si rendeva indispensabile il compimento di
un’analisi su due diversi liquidi biologici dell’imputato, come sostanzialmente ritenuto
dalla Corte territoriale, deve escludersi la sussistenza del ritenuto rifiuto.
5. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente al
capo b) perché il fatto non sussiste. Ai sensi dell’art.(«tpuò procedersi alla eliminazione
della pena principale di mesi due di arresto e di € 1000,00 di ammenda, nonché della
sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un
anno.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo b)
perché il fatto non sussiste ed elimina la pena principale di mesi due di arresto e di €
1000,00 di ammenda, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione
della patente di guida per un anno; rigetta nel resto il ricorso…

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