Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14938 del 13/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 14938 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
DURANTE Mauro, n. il 13.1.1961;
avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce del 11/10/2012;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30.11.2010, il Tribunale di Brindisi dichiarò Durante
Mauro responsabile del delitto di riciclaggio (avente ad oggetto una
autovettura con numero di telaio e codice di identificazione del motore
contraffatti) e, concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti alla
recidiva contestata, lo condannò alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame, ma la Corte di
Appello di Lecce, con sentenza dell’11.10.2012, confermò la decisione di
primo grado.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:

Data Udienza: 13/03/2014

1)

la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della

motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla ritenuta
responsabilità dell’imputato; deduce, in particolare, che non vi sarebbe
prova che l’autovettura oggetto di contestazione sia di provenienza
furtiva, che l’autovettura non è mai stata intestata al Durante, che non
può escludersi che essa sia il risultato dell’assemblaggio di pezzi di

2) la violazione degli artt. 648 e 648 bis cod. pen., sia in relazione
alla mancanza di prova della provenienza illecita dell’autovettura de qua,
sia in relazione alla mancanza di prova che l’alterazione di essa sia
riconducibile all’imputato;
3)

la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della

motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla mancata
applicazione del comma 3 dell’art. 648 bis cod. pen., con la conseguente
diminuzione della pena;
4)

la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della

motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla ritenuta
partecipazione dell’imputato all’alterazione dell’autovettura.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso sono inammissibili.
Il ricorrente, infatti, critica – sotto mentite spoglie – la valutazione
delle prove da parte dei giudici di merito e le conclusioni cui essi sono
pervenuti in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato. Va ricordato,
tuttavia, che la valutazione delle prove è riservata, in via esclusiva,
all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile
in cassazione; a meno che ricorra una mancanza o una manifesta
illogicità della motivazione, ciò che – nel caso di specie – deve però
escludersi.
E invero come hanno statuito più volte le Sezioni Unite di questa
Corte «L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione
ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza

2

ricambio provenienti da altre vetture avviate alla distruzione;

delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve
essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu °culi”,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e

espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le
ragioni del convincimento» (Cass., sez. un., n. 24 del 24.11.1999 Rv
214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di
argomenti, le ragioni della loro decisione (richiamando, tra l’altro,
l’irrilevanza della mancata intestazione della vettura al Durante e
l’importanza, invece, che sia stato il Durante a dare incarico al Capilunga
di acquistare il rottame di autovettura servita per il riciclaggio); non si
ritiene, peraltro – per ovvi motivi – di riportare qui integralmente tutte le
suddette argomentazioni, sembrando sufficiente al Collegio far rilevare
che le stesse non sono manifestamente illogiche; e che, anzi, l’estensore
della sentenza ha esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che
giustificano la decisione adottata, la quale perciò resiste alle censure del
ricorrente sul punto.
Quanto alla sussistenza della prova del delitto presupposto, la
censura del ricorrente risulta manifestamente infondata, ponendosi
contro il consolidato orientamento di questa Corte suprema, secondo cui
«L’affermazione di responsabilità per il delitto di riciclaggio non richiede
l’accertamento dell’esatta tipologia del delitto non colposo presupposto e,
in particolare, la precisa identificazione del soggetto passivo, essendo
sufficiente la prova logica della provenienza delittuosa delle utilità
oggetto delle operazioni compiute, anche se il delitto presupposto sia
delineato per sommi capi quanto alle esatte modalità di commissione»
(Cass., Sez. 2, n. 546 del 07/01/2011 Rv. 249444; Sez. 5, n. 36940 del
21/05/2008 Rv. 241581).

3

considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non

Da ultimo, va rilevato come il terzo motivo di ricorso risulti
inammissibile ai sensi dell’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., perché
dedotto per la prima volta col ricorso per cassazione.
Invero, la doglianza non risulta essere stata previamente dedotta
come motivo di appello, come si evince dal riepilogo dei motivi di
gravame riportato nella sentenza impugnata (f. 1), che l’odierno

se incompleto o comunque non corretto.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve
essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 13 marzo 2014.

ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso,

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