Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14920 del 09/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14920 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ANGELO BIAGIO N. IL 27/03/1966
avverso la sentenza n. 4725/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 14/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;

Data Udienza: 09/12/2013

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto:
a) con riguardo al primo motivo, lo stesso non presenta alcun riconoscibile
collegamento con la decisione adottata, in punto di determinazione della pena, dalla
corte territoriale, risultando dalla sentenza impugnata che, a seguito dell’avvenuto
riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p., valutata come equivalente
all’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 ed alla recidiva, la pena è stata determinata, in
piena adesione al dettato normativo di cui all’art. 69, comma III, c.p., con esclusivo
riferimento a quella prevista per il reato non circostanziato, senza alcun aumento,
quindi, né per la suindicata aggravante né per la recidiva;
b) con riguardo al secondo motivo, nella parte concernente la ritenuta
configurabilità del tentativo punibile, le proposte doglianze, limitandosi a
considerazioni puramente astratte, passano del tutto sotto silenzio il fatto che,
secondo quanto risulta dal testuale tenore del capo d’imputazione, l’imputato fu
sorpreso nell’atto in cui, dopo essersi introdotto nei locali del museo, stava “iniziando
a rovistare fra il materiale — attrezzatura fotografica e altro — collocato in un vano
adibito a deposito —magazzino”; condotta, questa, che, all’evidenza, non poteva
certamente essere riguardata come meramente preparatoria del progettato furto;
c) sempre con riguardo al secondo motivo, nella parte in cui si lamenta la mancata
concessione delle attenuanti generiche, vale osservare che tale doglianza, nel
denunciare il mancato riferimento “alle questioni sollevate con i motivi di gravame”,
non fornisce la benché minima indicazione circa la specifico contenuto di tali
questioni, per cui viene a risultare priva dell’indispensabile requisito della c.d.
“autosufficienza”, di cui più volte questa Corte ha rammentato la necessità, anche in

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza la corte d’appello di Palermo, nel confermare il
giudizio di penale responsabilità di ANGELO Biagio in ordine al reato di tentato
furto di oggetti custoditi nei locali di un museo, riconobbe in favore dell’imputato
l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p., valutata come equivalente all’aggravante di cui
all’art. 625 n. 7 ed alla contestata recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, e,
per l’effetto, ridusse la pena da mesi sei e giorni venti di reclusione, più euro 60 di
multa, a mesi tre di reclusione, ferma restando la misura della multa;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, denunciando:
1) erronea applicazione di legge penale, per non avere la corte d’appello escluso, in
presenza della riconosciuta attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. e dell’aggravante ad
effetto speciale di cui all’art. 625 n. 7 c.p., l’aumento di pena per la recidiva, previsto
solo come facoltativo dall’art. 63, comma IV, c.p.;
2) vizio di motivazione in ordine alla ritenuta configurabilità del tentativo punibile,
a fronte degli arresti giurisprudenziali secondo i quali essa sarebbe possibile solo in
presenza di atti esecutivi e non meramente preparatori, come pure in ordine alla
mancata concessione delle attenuanti generiche;

materia penale (ved., per tutte, Cass. VI, 8 —26 luglio 2010 n. 29263, Capanna ed
altro, RV 248192);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2013.

P. Q. M.

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