Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14859 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14859 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DAMEAN VASILE N. IL 26/05/1979
avverso la sentenza n. 89/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
21/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. C—,19 rei brii; b I M- N &-E1._ 9 oL
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Data Udienza: 27/03/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 21 febbraio 2013 la Corte d’appello di Bologna ha disposto la
consegna di Damean Vasile all’autorità giudiziaria tedesca (Procura della Repubblica di Monaco
di Baviera), in relazione ad un m.a.e. processuale emesso in data 6 settembre 2013 a seguito
di un provvedimento di arresto del 24 giugno 2013 per cinque reati di furto in autovetture
commessi il 30 novembre 2012 e tre reati di tentato furto commessi in autovetture il 10

Ai sensi dell’art. 19, lett. c), della I. n. 69/2005, la Corte ha subordinato la consegna alla
condizione che il Damean, dopo essere stato processato, venga rinviato nello Stato membro di
esecuzione.

2. Avverso la su indicata sentenza ha personalmente proposto ricorso per cassazione il
Damean Vasile, deducendo l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge n. 69/2005,
unitamente a vizi motivazionali, per quel che attiene al contrasto con l’art. 24, atteso che il
reato per il quale si procede in Italia è un concorso in furto aggravato commesso da tre
persone, mentre il procedimento tedesco ha ad oggetto episodi di furto e di tentato furto
commessi dal solo ricorrente.
Altro motivo di doglianza riguarda la mancata applicazione dell’art. 18, lett. r), della legge
su menzionata, il cui disposto, sebbene abbia ad oggetto il m.a.e. esecutivo, ben potrebbe
ritenersi applicabile anche al m.a.e. processuale, in quanto la ratio delle due disposizioni è la
medesima: un regime differenziato porterebbe ad una violazione dell’art. 3 Cost., in quanto si
fonderebbe su una diversità di disciplina assolutamente irragionevole tra il mandato d’arresto
esecutivo e quello processuale, determinando anche una lesione del diritto inviolabile all’unità
familiare stabilito dagli artt. 2, 29 e 30 Cost., con lo sradicamento da un luogo – il territorio
italiano – che per il ricorrente – residente in Bologna dal 2007, ove lavora alle dipendenze di
una cooperativa di trasporti locale – è divenuto di centrale importanza sotto il profilo sociale,
affettivo ed economico.
La terza doglianza attiene alla presunta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, atteso
che il provvedimento cautelare appare fondato su presunti documenti ed accertamenti (una
perizia dattiloscopica) che comunque non sono stati allegati al m.a.e. .
Il quarto motivo di ricorso, infine, contesta l’esistenza dell’esigenza cautelare legata al
pericolo di fuga nel suo Paese di origine, ossia la Romania, nel caso di specie ravvisato senza
offrire al riguardo alcuna motivazione e senza tener conto del fatto che il Vasile è stabilmente
radicato nel territorio italiano (dal quale, peraltro, non si è allontanato pur essendo stato
sottoposto alla misura dell’obbligo di firma).

dicembre 2012.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

4. La prima doglianza, peraltro aspecifica nella sua formulazione, è del tutto infondata,
ove si consideri che la facoltà riconosciuta alla Corte d’appello di rinviare la consegna per
consentire alla persona richiesta in consegna di essere sottoposta a procedimento penale in

valutazione discrezionale di opportunità, che si sottrae al sindacato di legittimità, se sostenuta,
come avvenuto nel caso in esame, da una motivazione idonea e pertinente (Sez. 6, n. 19361
del 20/05/2010, dep. 21/05/2010, Rv. 247097).
Al riguardo, inoltre, deve rilevarsi che del mancato esercizio dei criteri desumibili dall’art.
20 della L. n. 69 del 2005 il consegnando neanche può dolersi, a meno che egli non l’abbia
espressamente sollecitato dinanzi alla Corte di merito, adducendo in tal senso uno specifico
interesse (Sez. 6, n. 35181 del 28/09/2010, dep. 29/09/2010, Rv. 248006).

5.

Privo di fondamento, inoltre, deve ritenersi il secondo motivo di doglianza,

erroneamente incentrato sulla pretesa equiparazione di situazioni di fatto oggettivamente
diverse e, come tali, diversamente disciplinate, ove si consideri che, mentre l’art. 18, lett. r),
della I. n. 69/2005, regola la consegna in executivis, la norma in esame regola la consegna
disposta ai fini di un’azione penale e concerne, dunque, soltanto la persona per la quale è in
corso un procedimento penale nello Stato membro di emissione (v. Corte Cost., 5 luglio 2010,
n. 237).
In tali ipotesi, la esecuzione del mandato passivo è subordinata alla condizione che la
pena, eventualmente inflitta a seguito della consegna, venga scontata in Italia. In proposito,
peraltro, giova rilevare che l’ellittico e non felice sintagma “dopo essere stato ascoltato”,
impiegato dalla citata norma, deve essere logicamente interpretato [(come si desume anche
dalla sincronica previsione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r)] nel senso che la
riconsegna abbia luogo soltanto dopo la celebrazione del processo nello Stato di emissione del
m.a.e., atteso che una pena o una misura di sicurezza personale non possono che essere
“pronunciate” se non all’esito di un processo (Sez. F., n. 34956 del 04/09/2008, dep.
09/09/2008, Rv. 240919).
Si tratta, pertanto, di una condizione che tiene adeguatamente conto non solo delle finalità
rieducative legate alle – prospettate e riconosciute – esigenze di reinserimento sociale, ma
anche della peculiare posizione processuale della persona richiesta in consegna, in quanto non
ancora giudicata, ma semplicemente sottoposta ad un procedimento penale avviato nello Stato
membro di emissione, sicchè essa configura una speciale forma di consegna temporanea, ma
di natura obbligatoria, nel senso che la Corte d’appello non deve esercitare alcuna valutazione
discrezionale, ma, nel dare esecuzione al m.a.e., deve necessariamente apporre la condizione

2

Italia per un reato diverso da quello oggetto del mandato d’arresto europeo implica una

del reinvio prevista dall’art. 19, lett. c), della L. n. 69 del 2005, quale requisito di legittimità
della stessa decisione di consegna, ogniqualvolta non vi sia una espressa diversa richiesta da
parte dell’interessato (Sez. 6, n. 7108 del 12/02/2009, dep. 18/02/2009, Rv. 243077).

6. Del tutto aspecifica, e come tale inammissibile, deve ritenersi anche la terza doglianza
in ricorso prospettata, a fronte della sufficienza dei dati conoscitivi offerti dall’autorità
giudiziaria richiedente la consegna del Damean Vasile.

europeo, cui è condizionato l’accoglimento della domanda di consegna, non può essere
rigorosamente parametrato – in punto di analitica indicazione degli elementi di colpevolezza e
delle relative fonti di prova – sulla categoria concettuale della gravità indiziaria ricavabile dalla
tradizione ordinamentale italiana (esposizione logico-argomentativa delle significanze e delle
implicazioni del materiale probatorio). Ciò che rileva, infatti, secondo una pacifica linea
interpretativa in questa Sede ormai da tempo tracciata, è che l’autorità giudiziaria emittente il
m.a.e. offra contezza delle cause del mandato di arresto, a tal fine essendo bastevole anche
una sintetica indicazione delle evidenze fattuali a carico della persona di cui è invocata la
consegna. Situazione, questa, senz’altro ravvisabile nel mandato concernente il Damean, come
già puntualmente rimarcato dalla Corte bolognese.

7. Inammissibile, infine, deve ritenersi la quarta doglianza, enunciata solo genericamente
in ricorso, senza tener conto del fatto che, divenendo irrevocabile con la presente declaratoria
di inammissibilità la decisione relativa alla consegna alla richiedente Repubblica di Germania, il
profilo cautelare perde d’interesse, instaurandosi una fase meramente esecutiva che prelude
alla materiale consegna del ricercato allo Stato estero, non offrendo più alcuno spazio per la
deduzione di questioni de libertate (Sez. 6, n. 10054 del 26/02/2013, dep. 01/03/2013, Rv.
254823).

8. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché di una somma in favore della Cassa
delle ammende, che stimasi equo determinare nella misura di euro 1.000,00 (mille).
La Cancelleria provvederà alla tempestiva comunicazione della presente decisione al
Ministro della Giustizia ai sensi dell’art. 22, comma 5, della L. n. 69 del 2005.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della L. 22 aprile
2005, n. 69.

Al riguardo, giova rilevare che il presupposto della motivazione del mandato di arresto

Così deciso in Roma, lì, 27 marzo 2014

ente

Il Consigliere estensore

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