Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14854 del 26/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14854 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Hyseni Glerian, nato in Albania il 28/11/1977

avverso la sentenza del 28/10/2013 della Corte di appello di Venezia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Venezia dichiarava
l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione
presentata dalla Confederazione Elvetica nei confronti del cittadino albanese
Glerian Hyseni in relazione all’ordine di arresto emesso il 27/09/2012 dal
Pubblico Ministero di Kriens, Cantone di Lucerna, nell’ambito del procedimento
nel quale il prevenuto è indagato in relazione al reato di cui all’art. 10, comma

Data Udienza: 26/02/2014

12, della legge elvetica in materia di stupefacenti, per avere fatto parte di una
banda interessata al traffico di droga trasportata dai Balcani e dai Paesi Bassi in
Svizzera.
Rilevava la Corte di appello veneziana come sussistessero tutte le condizioni
previste tanto dalla disciplina codicistica, quanto dalla Convenzione europea di
estradizione di Parigi del 1957, ratificata e resa esecutiva in Italia dalla legge 30
gennaio 1963 n. 300, per accogliere quella richiesta di estradizione passiva
processuale. In particolare, osservava come il reato per il quale si procede in

nel nostro ordinamento, rientrasse nel novero di quelli per i quali è consentita
l’estradizione; e come per quei fatti gli elementi di prova segnalati dall’autorità
giudiziaria straniera (consistenti nelle dichiarazioni accusatorie di due coindagati
e nella documentazione fotografica acquisita dagli inquirenti) fossero tali da
evocare le ragioni per le quali poteva ritenersi probabile che l’estradando aveva
commesso i reati addebitatigli.
Aggiungeva la Corte veneta come non fosse di ostacolo all’estradizione la
circostanza che lo Hyseni fosse detenuto in Italia in esecuzione di pena
irrogatagli con sentenza definitiva di condanna per altro reato commesso nel
nostro Paese.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso lo Hyseni, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Alberto Di Mauro, il quale, formalmente con quattro
distinti punti, ha dedotto i seguenti due motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione all’art. 705 cod. proc. pen., e vizio di
motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la
Corte di appello erroneamente ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a
carico del prevenuto, benchè le dichiarazioni accusatorie rese dai due coindagati
risultino scarsamente attendibili sotto l’aspetto intrinseco e non siano state
suffragate da alcun elemento obiettivo esterno.
2.2. Violazione di legge, in relazione all’art. 709 cod. proc. pen., e vizio di
motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la
Corte distrettuale riconosciuto sussistenti le condizioni per l’estradizione dello
Hyseni, nonostante lo stesso risulti detenuto in Italia in espiazione di una pena
definitiva e destinatario di altra richiesta di estradizione formulata dalla
repubblica di Albania, in relazione ad altra pronuncia di condanna, che pure è
stata accolta dall’autorità giudiziaria italiana.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.

2

Svizzera nei confronti dello Hyseni, corrispondente ad analogo illecito previsto

3.1. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio
secondo il quale, in tema di estradizione processuale, in presenza di una
convenzione che non preveda la valutazione da parte dello Stato richiesto dei
gravi indizi di colpevolezza, l’autorità giudiziaria italiana non deve limitarsi ad un
controllo meramente formale della documentazione allegata alla domanda
estradizionale, ma deve accertare che in essa risultino evocate le ragioni per le
quali è stato ritenuto probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello
il

reato oggetto

dell’estradizione (così, tra le tante, Sez. 6, n. 26290 del 28/05/2013, Paredes
Morales, Rv. 256566; Sez. 6, n. 8609 del 22/01/2010, Maksymenko, Rv.
246173).
Di tale pacifica regula iuris la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione
rilevando, con motivazione congrua e priva di vizi di manifesta illogicità, come,
nel caso di specie, l’autorità giudiziaria della Confederazione elvetica – firmataria
della Convenzione europea di estradizione di Parigi del 1957, ratificata e resa
esecutiva in Italia dalla legge 30 gennaio 1963 n. 300 – avesse reputato lo
Hyseni raggiunto da gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato addebitatogli
posto che lo stesso era stato raggiunto da convergenti indicazioni accusatorie
rese da due suoi coindagati, deposizioni che avevano trovato adeguato riscontro
nella documentazione fotografica raccolta dalla polizia che aveva permesso di
avere conferma della presenza del prevenuto proprio nei luoghi segnalati dai suoi
correi.

3.2. Anche il secondo motivo del ricorso è manifestamente infondato, in
quanto, dalle disposizioni dettate dagli artt. 697, comma 2, e 709, comma 1,
cod. proc. pen., si evince con chiarezza come non siano di ostacolo
all’accoglimento di una richiesta di estradizione passiva né il concorso di più
domande di estradizione, né la circostanza che l’interessato debba scontare in
Italia la pena per reati diversi da quello per il quale l’estradizione dovesse essere
concessa, spettando al Ministero della giustizia ogni valutazione tanto sull’ordine
di precedenza delle più domande (in questo senso anche Sez. 6, n. 13118/08 del
13/12/2007, P.G. in proc. Herrina, Rv. 239151), quanto sull’eventuale
sospensione o sulla consegna temporanea del soggetto in espiazione di pena
irrogatagli dall’autorità giudiziaria italiana (in questi termini, ex plurimis, Sez. 6,
n. 9119 del 25/01/2012, Topi, Rv. 252040).

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
3

Stato richiedente, che l’estradando abbia commesso

delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa
delle ammende di una somma che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.
Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi di cui all’art.
203 disp. att. cod. proc. pen.
P. Q. M.

spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc.
pen.
Così deciso il 26/02/2014

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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