Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14848 del 26/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14848 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto
1.

Rosario Imperiale, nato ad Oliveto Citra il 28/10/1974

avverso il provvedimento del 20/06/2013 del P.g. presso la Corte d’appello di
Napoli
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Eugenio Selvaggi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il P.g. presso la Corte d’appello di Napoli con provvedimento del
20/06/2013, ha respinto la richiesta formulata nell’interesse di Rosario
Imperiale, nei cui confronti era stata disposta l’estradizione verso il Regno Unito
con sentenza definitiva, di estrazione di copia di tutti gli atti contenuti nel
fascicolo del P.g., al fine di sostenere il giudizio di impugnazione del decreto di
estradizione emesso dal Ministro dinanzi al Consiglio di Stato.
2. La difesa dell’Imperiale nel suo ricorso contesta il provvedimento, nella
parte in cui ha argomentato l’impossibilità per l’interessato di ottenere copia
degli atti richiesti per l’esistenza di un segreto, che si ritiene escluso dai principi
generali del nostro ordinamento che, nel porre un limite alla conoscibilità degli
atti, lo sottopone ad ambiti temporali e procedimentali limitati, così da consentire
un costante e generale diritto alla piena conoscenza degli atti, connessa alla
possibilità di concreto esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito.

Data Udienza: 26/02/2014

Si ritiene impugnabile il provvedimento del P.g. per effetto della natura
abnorme dell’atto, conseguente alla sua manifestazione al di fuori degli schemi
normativi tipici.
In replica alla requisitoria del P.g. presso questa Corte, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, la difesa ha depositato memoria nella quale,
richiamando la figura dell’abnormità strutturale, che si assume ricorrente nella

allo svolgersi del procedimento, si conclude ritenendo insussistente il potere del
P.g. di escludere l’interessato dalla cognizione degli atti pervenutigli dal
Ministero.
Si assume in argomento che vi sia per l’interessato un diritto di accesso agli
atti, sia nella fase amministrativa, che giurisdizionale del procedimento, a
prescindere da qualsiasi autorizzazione, individuando nell’art. 703 cod. proc.
pen. il presupposto dell’assenza di elementi di fatto che sia possibile sottrarre
alla cognizione dell’interessato, e conseguentemente l’esistenza del suo diritto di
ottenerne copia.
Si contesta quanto concluso dalla pubblica accusa, in ordine alla possibile
scissione degli atti inviabili alla Corte d’appello, sempre conoscibili
dall’interessato, e quelli del P.g. conoscibili solo in parte, essendo rimesso a
quest’ultimo l’obbligo di trasmettere alla Corte decidente tutti gli atti ricevuti,
mentre proprio dalla lettura del provvedimento impugnato è dato ricavare che
non tutti gi atti sono stati trasmessi alla Corte; tale omissione non può essere
giustificata dalla necessità di preservare gli interessi tra gli Stati, in quanto la
procedura giurisdizionale è prevista proprio a garanzia dell’effettività del
controllo rimesso alla Corte, che non rende possibile opporre il segreto su parte
degli atti provenienti dallo Stato straniero, in presenza di un interesse derivante
dal controllo giurisdizionale sull’atto amministrativo, attivato dal ricorrente.

specie, non richiede per il suo manifestarsi la presenza di un ostacolo funzionale

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente inammissibile, riguardando un atto non
giurisdizionale, la cui emissione risulta sollecitata a procedimento estradizionale
già definito.
2.

Deve ricordarsi in argomento che, secondo i criteri fissati dalla

giurisprudenza (Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005 – dep. 17/06/2005, P.M. in
proc. Minervini, Rv. 231162) l’impugnabilità degli atti abnormi richiede quale
primo elemento indefettibile la presenza di un provvedimento emesso dal giudice
nell’ambito di un procedimento giurisdizionale, che non sia inquadrabile nella
struttura tipica degli atti del procedimento e la cui presenza si ponga quale
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Cass. VI sez. pen.r.g.n. 31816/2013

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ostacolo alla sua definizione. Tale condizione di fatto ha imposto il superamento
della tassatività della nullità e delle impugnazioni. Si è ulteriormente chiarito che
“L’abnormità, quindi, più che rappresentare un vizio dell’atto in sé, da cui
scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, integra
– sempre e comunque – uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale
non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del

26/03/2009 – dep. 22/06/2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590).
Il richiamo ai principi generali in materia di abnormità denota
l’infondatezza del proposto ricorso volto ad impugnare un atto del P.g., al quale
non può riconoscersi funzione giudicante, avendo questi la natura di parte ( S. U.
ud. 11 luglio 2001, dep. il 24 settembre 2001, n. 34536, imp.De Chirico rv
219598), principio che discende dalla disposizione generale dettata dall’art.568,
comma 1, cod. proc. pen. che risulta derogato solo nei casi in cui il P.m. emetta
un provvedimento non rientrante nei suoi poteri, ove invada la sfera
giurisdizionale, sostituendosi illegittimamente al potere del giudice.
Si deve sottolineare nel caso concreto che l’istanza che risulta proposta al
di fuori del procedimento giurisdizionale, posto che, come si è premesso, il
controllo dinanzi alla Corte territoriale risulta indiscutibilmente definito con
sentenza definitiva, situazione che esaurisce la possibilità che sussistano
provvedimenti non definitivi di quel procedimento, impugnabili in questa sede.
3. Per completezza si rileva che la possibilità di riconoscere un diritto di
accesso agli atti amministrativi da parte dell’interessato non produce per ciò
stesso il diritto all’impugnazione di questa sede di qualsiasi atto che abbia inibito
tale conoscenza, e ciò a prescindere dalla corretta individuazione dell’autorità
presso la quale è stata proposta la richiesta, poiché nella specie la relativa
istanza avrebbe dovuto essere formulata all’autorità amministrativa, in possesso
di tutta la documentazione, che risulta trasmessa al P.g ex art. 703 comma 1
cod. proc. pen. all’esclusivo fine, ormai esauritosi, della promozione del
procedimento estradizionale.
4. L’accertamento di inammissibilità del ricorso impone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in
dispositivo, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.

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perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento” (Sez. U, n. 25957 del

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso il 26/02/2014.

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