Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14844 del 25/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14844 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal P.m. presso il Tribunale di Sciacca
avverso l’ordinanza del 18/07/2013 del Tribunale di Palermo
1. Fabrizio Aramini, nato a Castelvetrano il 01/12/1975
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi
Riello, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata;
udito l’avv. Antonella Moceri, che ha chiesto la conferma del provvedimento
impugnato;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Palermo con ordinanza del 18/07/2013, ha revocato la
misura dell’obbligo di dimora imposta a Fabrizio Aramini in relazione al reato di
tentata concussione.
2. Ha presentato ricorso il P.m. presso il Tribunale di Sciacca deducendo
erronea applicazione della legge penale, quanto all’individuazione degli elementi
caratterizzanti le esigenze cautelari e contraddittorietà della motivazione sullo
stesso profilo.
Nell’illustrazione del ricorso si contesta in fatto l’asserita mancanza di
motivazione nel provvedimento originario sull’esistenza del pericolo di
inquinamento probatorio, invece richiamato in tale atto con riferimento alla
situazione concreta, che vedeva parti lese ed imputati presenti negli stessi uffici,

Data Udienza: 25/02/2014

situazione che aveva già determinato tentativi di ritrattazione delle denunce
proposte.
Si richiamano a tal fine ulteriori atti dai quali emergeva la costante
informazione degli indagati sull’attività di indagine, oltre che la presenza di
condotte di pressione sui testi, che costituivano fondavano l’imputazione di

Si contesta la congruità della motivazione rispetto agli elementi concreti,
!
, sulla ritenuta insussistenza del pericolo di reiterazione, desunta da un preteso
ridimensionamento dei diversi reati contestati, a fronte della conferma
dell’ipotesi di accusa che ha sostenuto la misura. Si richiama la data a cui
risalivano i fatti illeciti, consumatisi fino a due mesi prima della richiesta della
misura, e la circostanza che era del tutto mancante la prova che la conflittualità
che aveva generato le accuse fosse stata superata, come risultava smentito dalla
compresenza dell’interessato, insieme ai denuncianti, nel medesimo ufficio, dato
che contrastava con la difforme affermazione svolta sul punto dal Tribunale nel
provvedimento impugnato.
3. Si deduce inoltre violazione di legge, per avere il Tribunale, adito in
sede d’appello, svolto le sue considerazioni rivalutando elementi già presenti e
conosciuti al Gip in sede di applicazione della misura, malgrado il decorso del
termine per proporre riesame, in luogo che esaminare i motivi dell’istanza di
revoca non accolta proposta dalla difesa al Gip, che limitava l’allegazione
dell’elemento di novità alla decisione del Tribunale del riesame, riguardante i
coimputati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2.

Come già posto in evidenza in narrativa, il Tribunale adito con

riferimento ad una specifica devoluzione – incidenza del fatto nuovo, costituito
dalla revoca della misura disposta in sede di riesame in favore dei colleghi
dell’interessato sulla misura in corso- si è pronunciato rivalutando
complessivamente gli elementi a sostegno del provvedimento cautelare,
formulando una valutazione del pericolo di reiterazione basata sulla gravità del
fatto e la condizione di incensurato del ricorrente, senza considerare che il
decorso del termine per proporre il riesame imponeva di limitare la propria
cognizione a quanto verificatosi successivamente all’applicazione della misura,
sulla base del dettato di cui all’art. 299 cod. proc. pen.
Deve ricordarsi al riguardo che, a seguito della proposizione del riesame o
della scadenza del termine per proporlo, pur non potendo ritenersi realizzato un

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Cass. VI sez. pen.r.g.n. 44400/2013

tentata violenza privata.

giudicato, la relativa decisione assume carattere di non modificabilità, alle
condizioni date, in assenza di qualsivoglia fatto nuovo (in proposito
Sez. 6, Ordinanza n. 169 del 23/01/1992, dep. 10/02/1992, imp. Fummo,
Rv. 190170), quale naturale conseguenza della perentorietà dei termini di
impugnazione, ed in tal senso, conseguentemente, la valutazione rimessa al
Tribunale, in conformità a quanto richiesto dall’interessato, era esclusivamente la

dei coimputati sulla situazione processuale dell’interessato.
Sotto tale profilo risulta corretta l’impugnazione del provvedimento nella
parte in cui lamenta che in esso, non fermandosi a quanto allegato, il Tribunale
formula una nuova valutazione degli specifici elementi di pericolosità
dell’interessato desumibili dagli atti e già oggetto di analisi in sede di
applicazione della misura, estranei sia alla cognizione del giudice d’appello, che
allo specifico ambito a questi devoluto (vedi Sez. 4, n. 2038 del 27/08/1996 dep. 02/09/1996, Gerotti, Rv. 206294).
3. Il dato processuale supera la rilevanza delle argomentazioni contenute
in ricorso riguardanti la coerenza argomentativa in fatto, rispetto alla quale,
peraltro, deve richiamarsi il sopraggiunto annullamento dell’ordinanza emessa in
favore dei coimputati in sede di riesame, che allo stato priva di consistenza
anche la prospettazione attinente alla presenza del fatto nuovo.
4. Il provvedimento impugnato deve conseguentemente essere annullato,
con rinvio al Tribunale di Palermo per nuova valutazione dell’appello proposto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.
Così deciso il 25/02/2014.

determinazione di incidenza del provvedimento favorevole emesso nei confronti

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