Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1484 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1484 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
– LANGELLA ROSSELLA n. 3/02/1966 a Napoli

avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di NAPOLI in data 28/05/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALDO POLICASTRO, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv.

Data Udienza: 03/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 28/05/2013, depositata in data 3/06/2013, il Tribunale del
riesame di NAPOLI, decidendo sulla richiesta di riesame promossa dall’odierna
ricorrente, respingeva la richiesta di riesame avverso il provvedimento

preventivo delle seguenti opere: manufatto realizzato in aderenza ad un
preesistente muro di contenimento in pietre a tufo a forma trapezoidale
costituito dal solo piano terra, delle dimensioni di mt. 6,00 x 5,00 x 2,00, per
un’altezza variabile da mt. 3,00 a mt. 2,00, completo di pavimentazione,
impianto elettrico, e copertura di legno e tegole a tetto spiovente; in aderenza a
tale struttura, presenza di una tettoia poggiante da un lato su muratura e,
dall’altro, su due travi in legno, completa di pavimentazione e copertura in legno
e tegole delle dimensioni di mt. 4,00 x 2,00 per un’altezza variabile di mt. 2,00
x. 3,00; realizzazione, a fianco della tettoia, di un varco mediante l’installazione
di un cancello in ferro delle dimensioni di mt. 1,25 circa per un’altezza di mt.
2,70 circa e una pedana di accesso al piano sottostante in marmo delle
dimensioni di mt. 1,80 di lunghezza per mt. 1,10 di larghezza; il manufatto
risultava essere utilizzato come garage e deposito attrezzi vari e la zona risulta
sottoposta a vincolo paesaggistico, come tutto il territorio del comune di
Pozzuoli.

2. Ha proposto tempestivo ricorso l’indagata a mezzo del difensore – procuratore
speciale cassazionista, impugnando la suddetta ordinanza e deducendo un unico
motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, in particolare, la ricorrente, la violazione e la falsa applicazione
dell’art. 181, comma 1 – bis, D. Lgs. n. 42/2004, dell’art. 44, d.P.R. n. 380/2001
e dell’art. 321 c.p.p.; in sintesi, l’ordinanza impugnata risulterebbe
assolutamente carente di motivazione, in quanto il tribunale avrebbe fatto
discendere dalla ritenuta astratta configurabilità della fattispecie di cui all’art.
181, D. Lgs. n. 42/2004, la sussistenza delle esigenze cautelari ex art. 321
c.p.p., senza motivare in ordine alle specifiche ragioni giustificative del vincolo
reale in ragione delle esigenze cautelari; difetterebbe, in particolare, il perículum
in mora, trattandosi di opere ultimate ed, inoltre, difetterebbero le esigenze
cautelari, avendo lo stesso tribunale dato atto dell’assenza di aggravio del carico
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19/04/2013, con cui il GIP del Tribunale di NAPOLI disponeva il sequestro

urbanistico; quanto, poi, al reato paesaggistico, in mancanza di aggravio del
carico urbanistico, non sussisterebbe alcuna esigenza di impedire l’utilizzazione
del manufatto anche dopo la sua ultimazione, tenuto conto che il sequestro
preventivo sarebbe applicato in relazione ad un reato le cui conseguenze
dannose non consistono nella perdurante offesa al carico urbanistico, ma dalla
realizzazione del’immobile senza la preventiva autorizzazione dell’autorità

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.

4. Le censure proposte dalla ricorrente riguardano la sussistenza dei presupposti
di legge per disporre il sequestro preventivo del manufatto in questione,
costituito dalla realizzazione di un manufatto realizzato in aderenza a muro
perimetrale di contenimento consistente nel solo piano terra coperto da tettoia
spiovente. Va premesso, peraltro, che con l’ordinanza impugnata, il tribunale del
riesame aveva già escluso la configurabilità del periculum in mora in relazione
alle opere abusive riguardanti la violazione dell’art. 44, d.P.R. n. 380/2001, in
considerazione della loro ultimazione e del fatto che la relativa destinazione non
determinasse carico urbanistico.

4.1. Così delimitato il perimetro al cui interno può svolgersi il sindacato di
legittimità di questa Corte in ragione della natura parzialmente devolutiva
dell’impugnazione di legittimità, è sufficiente, quanto al

fumus del reato di cui

all’art. 181, D. Lgs. n. 42/2004 (unico di cui può discutersi nel presente
procedimento impugnatorio cautelare di legittimità, essendo stata confermata la
necessità dell’apposizione del vincolo cautelare da parte del giudice del riesame
unicamente per il reato paesaggistico), rilevare che dal provvedimento
impugnato risulta che l’abuso edilizio di cui si discute, venne eseguito in zona
sottoposta a vincolo, come tutto il territorio del comune di Pozzuoli. Orbene, è di
palmare evidenza che la tipologia dell’abuso realizzato è opera destinata ad
incidere negativamente sul paesaggio: l’impatto negativo dell’intervento eseguito
sull’originario assetto paesaggistico del territorio è, infatti, oggettivo. Il reato di
pericolo previsto dall’art. 181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 è integrato
anche dalla realizzazione di interventi edilizi non determinanti aggravio del carico
urbanistico, essendo assoggettabile ad autorizzazione ogni intervento

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preposta.

modificativo, con esclusione delle condotte che si palesino inidonee, anche in
astratto, a compromettere i valori del paesaggio.

4.2.

Quanto al

periculum

(e, dunque, all’eccepita insequestrabilità a fini

preventivi del manufatto abusivo per l’assenza di esigenze cautelari, in
conseguenza del fatto che, essendo già il manufatto ultimato, ciò avrebbe

determinano alcun aggravio del carico urbanistico), invece, devesi richiamare
quanto già reiteratamente affermato da questa Corte nel senso che il sequestro
è sì consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il
pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato dal giudice
con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e
le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano
connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi
dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la
condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con
l’accertamento irrevocabile del reato (v., per tutte: Sez. U, n. 12878 del
29/01/2003 – dep. 20/03/2003, P.M. in proc. Innocenti, Rv. 223721).
Orbene, sotto tale profilo, l’ordinanza impugnata non presenta il denunciato vizio
di carenza motivazionale (peraltro, da valutarsi unicamente come vizio di
violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen., secondo l’autorevole
insegnamento delle Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov,
Rv. 239692), in quanto, con riferimento all’art. 181 D. Lgs. n. 42/2004, è ormai
pacifico nella giurisprudenza di questa Sezione che in tema di sequestro
preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva
integra il requisito dell’attualità del pericolo indipendentemente dall’essere
l’edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed
all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio, perdura
in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata (v., da
ultimo: Sez. 3, n. 24539 del 20/03/2013 – dep. 05/06/2013, Chiantone, Rv.
255560).
Risulta, peraltro, una — adeguata -, motivazione sul punto della configurabilità
del periculum, come emergente dalla lettura dell’ordinanza impugnata, in cui si
fa riferimento al fatto che la libera disponibilità delle opere abusive da parte della
ricorrente possa aggravare le conseguenza del reato paesaggistico, non solo
protraendo il danno urbanistico provocato, ma determinando la protrazione e
l’aggravamento di un reale pregiudizio del territorio e la lesione del bene
giuridico protetto, in ragione dell’impatto che le opere abusive, attese le
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impedito di disporre il sequestro preventivo e che, ancora, le opere non

dimensioni e la relativa conformazione, riversano in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico.

6. Al rigetto del ricorso, segue la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2013

Il Consi liere est.

Il Presidente

P.Q.M.

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