Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1477 del 22/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1477 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da Zenone Alessandro, n. a Milano il 23/04/1972;
avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Milano in data 16/04/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Volpe, che ha concluso per l’inammissibilltà del ricorso;
RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16/04/2012 il Tribunale del riesame di Milano ha rigettato
l’appello proposto da Zenone Alessandro avverso il provvedimento del Gip presso
Il medesimo Tribunale che, rigettando la richiesta di revoca della misura, ha
sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti
domiciliari per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 1 bis, del Dor n. 309 del 1990.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato lamentando con un primo
motivo la violazione dell’art. 299 c.p.p per mancata valutazione degli elementi a
favore dell’indagato nonché il vizio di motivazione. Osserva che, mentre con

Data Udienza: 22/11/2012

l’atto di appello si era lamentata la mancata valutazione dell’esito negativo delle
perquisizioni personali e locali del 06/03/2012 e delle dichiarazioni rese in sede
di interrogatorio di garanzia, il Tribunale ha fatto riferimento alla mancata
considerazione di visura camerale, mai eccepita, e non ha, quanto al resto, in
alcun modo motivato. Né II Tribunale ha tenuto conto dell’altro elemento
favorevole rappresentato dal fatto che Zenone Alessandro conosceva Ciancia
Con un secondo motivo, relativo alla mancanza di motivazione con riguardo alla
omessa valutazione complessiva degli elementi di prova, premettendo che
l’ordinanza applicativa di misura non può limitarsi ad una mera elencazione degli
elementi di prova ma deve procedere ad una valutazione degli stessi, precisa che
l’ordinanza impugnata si è limitata a richiamare le parole intercettate “30
Zanna”, non corredate da alcun riscontro, pronunciate nel corso di una
conversazione intervenuta il 21/07/2007 tra Ciancia e Aghinelli, e a desumerne
la commissione del reato contestato (acquisto a credito di sostanze stupefacenti)
da parte dell’indagato, essendo questi conosciuto con II nome di “Zanna”.
Zenone avrebbe inoltre fornito puntuale spiegazione dei motivi del denaro
ricevuto.
Con un terzo motivo, volto a censurare la violazione degli artt. 273 e 274 c.p.p.
e l’illogicità della motivazione in ordine alle esigenze cautelari, lamenta che il
Tribunale abbia considerato a tal fine fatti non contestati all’indagato (ovvero il
coinvolgimento del medesimo In altre cessioni -acquisti di stupefacente come
emergenti da conversazioni telefoniche intercettate tra terzi), comunque non
conferenti nel senso ritenuto, posto che farebbero riferimento in realtà a
restituzioni via via effettuate dell’originario debito di 30.000 euro. Contesta
inoltre l’illogica considerazione dell’attività lavorativa come elemento indicativo
del pericolo di reiterazione e il rilievo attribuito alla condizione di assuntore
occasionale di cocaina. Al contrario il Tribunale non ha considerato l’attività
lavorativa e le condizioni di vita familiare e sociale nonché il notevole lasso di
tempo di cinque anni trascorso dai fatti.
Con un quarto motivo lamenta mancanza di motivazione in ordine alla necessaria
proporzione tra fatto e misura applicata; al contrario, essendo Zenone
incensurato ed inserito in un contesto di stabilità affettiva e lavorativa, le
esigenze cautelar’, stante anche il tempo trascorso, ben potrebbero essere
tutelate con misure più lievi,

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Alessandro per motivi di lavoro.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il primo e secondo motivo di ricorso sono infondati.
Quanto al primo motivo, va osservato che il Tribunale ha espressamente
considerato, richiamando anche l’ordinanza del Gip che, sulla base delle
dichiarazioni del’indagato ha mitigato la misura applicata, il contenuto
spiegazione alternativa fornita da Zenone in ordine alle ragioni del ricevimento
della somma di denaro da parte di Ciancio, avendo ritenuto, con motivazione del
tutto logica e dunque esente da censure in questa sede, del tutto incongruo da
parte del Ciancio, in un contesto di conteggi riferiti a traffico di stupefacenti, un
riferimento ad un credito dl natura personale, oltretutto non corredato, pur a
fronte dell’entità della somma, da documentazione di garanzia, e non probante la
documentazione prodotta attestante unicamente il dato esterno dell’apertura di
un’attività commerciale. Quanto all’esito negativo delle perquisizioni domiciliari,
nessuna esplicita motivazione si imponeva al Tribunale, stante la valenza
sicuramente neutra di un tale dato.
Con riguardo al secondo motivo il Tribunale ha puntualmente motivato, a pag. 2
dell’ordinanza, senza alcuna deficienza di ordine logico, sulle ragioni per le quali
la conversazione intervenuta tra Ciancio e Aghinelli, nel corso della quale è stato
menzionato Zanna (ovvero Zenone Alessandro) con accanto la cifra “30”, deve
essere ricondotta a contrattazioni in materia di stupefacenti, valorizzando le
espressioni adoperate che, pur convenzionali, spesso contengono diretti
riferimenti a quantità e qualità della sostanza trattata, sia per la continua cautela
manifestata in relazione a possibili controlli delle forze dell’ordine sia per l’attività
di riscontro data dagli arresti di numerosi dei soggetti individuati quali spacciatori
ed acquirenti della sostanza. Va inoltre ricordato che, con riferimento alla
mancanza di elementi di riscontro, alle indicazioni di reità provenienti da
conversazioni intercettate non si applica la regola di valutazione di cui all’art.
192, comma 3, c.p.p. ma quella generale del prudente apprezzamento del
giudice, non essendo esse assimilabili alle dichiarazioni che il coimputato del
medesimo reato o la persona imputata in procedimento connesso rende in sede
di interrogatorio dinanzi all’autorità giudiziaria (cfr. Sez. 2, n. 4976 del
12/01/2012, Soriano, Rv. 251812; Sez. 6, n. 36218 del 23/09/2010, Pisanello e
altri, Rv. 248290).
4. Il terzo e quarto motivo di ricorso sono fondati laddove lamentano la
violazione di legge e la mancanza di motivazione con riguardo specificamente al
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dell’interrogatorio; ha infatti specificamente posto in rilievo l’inidoneità della

profilo della incidenza, sulla sussistenza e/o sul grado delle esigenze cautelar’ e
sulla individuazione della misura, della distanza temporale tra momento di
commissione del fatto e momento di applicazione della misura coercitiva. L’art.
292 lett. c) c.p.p. prevede che in sede di adozione dell’ordinanza che dispone la
misura cautelare il giudice debba considerare, in relazione alla individuazione
delle specifiche esigenze cautelari (oltre che degli indizi di colpevolezza), il
osservato, che, a fronte di una norma il cui presupposto logico risiede nel fatto
che il passaggio di un tempo considerevole dal fatto costituisce di per sé indizio
di diminuzione delle esigenze cautelar’, il giudice deve individuare in modo
particolarmente specifico e dettagliato gli elementi concludenti atti a cogliere
l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione criminosa (Sez. 3, n. 4374
del 15/12/1997, Di Giorgi, Rv. 209859) anche evidenziando il perdurante
collegamento dell’imputato con l’ambiente in cui il delitto è maturato e, quindi, la
sua concreta proclività a delinquere (Sez.6, n. 10673 del 15/01/2003, Khiar
Mohamed Zenab e altro, Rv. 223967) sicché è imposto un rigoroso obbligo di
motivazione sia in relazione all’ attualità dell’esigenza cautelare, sia in relazione
alla scelta della misura (Sez. 6, n. 27865 del 10/06/2009, Scollo, Rv. 244417;
Sez. 2, n. 21564 del 08/05/2008, Mezzatenta e altro, Rv. 240112). Da ultimo,
anche le Sezioni Unite hanno posto in rilievo che la disposizione dettata dall’art.
292, comma 2, lettera c), c. p. p. impone al giudice di motivare circa il profilo
temporale menzionato sotto il profilo della valutazione della pregnanza della
pericolosità del soggetto in proporzione diretta al

tempus commissi delicti,

dovendosi ritenere che ad una maggiore distanza temporale dei fatti corrisponda
un affievolimento delle esigenze cautelar’ (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009,
Lattanzi, Rv. 244377). Nella specie, a fronte dell’intervenuto decorso di un
tempo di cinque anni dalla commissione dei fatti, il Tribunale ha posto in
evidenza, quale dato evidentemente ritenuto idoneo a controbilanciare il
significato di affievolimento delle esigenze legato al decorso del tempo, la gravità
intrinseca dei fatti tale da rendere prevedibile la irrogazione di una elevata pena
edittale e l’allarmante contesto criminale nel quale gli episodi contestati si
collocano nonché la dedizione al consumo di cocaina quale elemento in grado di
consentire a Zenone, ove non sottoposto a misura custodiale, una ripresa dei
contatti con il circuito del narcotraffico; ma tali ragioni non appaiono integrare la
specifica esaustiva motivazione richiesta posto che non si spiega, da un lato,
perché il decremento di intensità delle esigenze cautelari conseguente al
passaggio del tempo, nella specie particolarmente lungo, e che consentirebbe
l’adozione di misure anche non custodiali non possa operare anche con riguardo
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“tempo trascorso dalla commissione del reato”. Sul punto questa Corte ha già

a fatti gravi, e, da un altro, perché lo stato di incensuratezza, le condizioni di vita
lavorativa e la mancanza di elementi, non emergenti dal provvedimento, che
denotino una effettiva ripresa, nel predetto arco temporale indicato, di contatti
dell’indagato con il contesto criminale nel quale sono maturati i fatti, debbano
restare recessivi rispetto alla circostanza rappresentata dalla dedizione al
consumo di cocaina. L’ordinanza impugnata va conseguentemente annullata con

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia al
Tribunale di Milano.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2012
Il Consigliere stensore

Il Presidente

rinvio per nuova deliberazione sul punto.

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