Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1475 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1475 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: FRANCO AMEDEO

Data Udienza: 19/11/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto da Jovanosky Sasko, nato in Macedonia 1’1.11.1979;
avverso l’ordinanza emessa il 7 marzo 2013 dal tribunale del riesame di
Torino;
udita nella udienza in camera di consiglio del 19 novembre 2013 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Sante Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Svolgimento de/processo
Con ordinanza del 22 giugno 2010, il Gip del tribunale di Torino applicò a
Jovanosky Sasko la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a
due reati di cui all’art. 73 d.p.R. 309 del 1990. Estradato ed arrestato in Italia,
l’indagato propose istanza di riesame.
Il tribunale del riesame di Torino, con l’ordinanza impugnata respinse preliminarmente l’eccezione di nullità dell’ordinanza applicativa per mancata traduzione in lingua nota all’indagato, osservando che l’eventuale nullità verificatasi sarebbe da ascriversi a quelle di “regime intermedio” e risulterebbe, comunque, sanata per effetto della contestazione nel merito della ordinanza stessa.
Il tribunale accolse invece l’eccezione di incompetenza territoriale e conseguentemente dichiarò l’incompetenza territoriale della AG di Torino per essere competenti quelle di Modena e di Cremona in relazione ai rispettivi episodi. Confermò quindi l’ordinanza applicativa della misura della custodia in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Torino in data 22 giugno 2010 a carico di
Jovanosky Sasko come modificata con provvedimento 22 febbraio 2013 con
l’applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla PG.
L’indagato, a mezzo dell’avv. Roberto Brizio, propone ricorso per cassa-

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zione deducendo violazione dell’art. 143 c.p.p., per omessa traduzione in lingua
nota al prevenuto dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere,
non risultando notificata all’indagato la traduzione integrale del titolo custodiale, né essendo sufficiente la presenza dell’interprete nel corso dell’interrogatorio
di garanzia. Deduce che l’omessa traduzione dell’ordinanza cautelare non è sanabile attraverso la succinta e sommaria traduzione da parte de interprete delle
numerose contestazioni mosse all’indagato e delle ragioni che avevano determinato l’emissione dell’ordinanza, ed ha quindi impedito l’esercizio del diritto di
difesa. Osserva poi che l’eccezione sulla competenza territoriale sollevata dal
difensore tecnico si è attenuta al mero dato descrittivo del forum commissi delieti, senza necessità e possibilità alcuna di addentrarsi nella valutazione di circostanze di fatto. E’ pertanto erronea ed illogica l’affermazione che l’istanza di
riesame avrebbe sanato la nullità e che il fatto di essersi munito di un difensore
compenserebbe la situazione di mancata conoscenza da parte dell’indagato delle
ragioni dell’accusa.
Motivi della decisione
Va innanzitutto precisato e delimitato l’oggetto del presente giudizio di legittimità.
Risulta che l’odierno ricorrente venne tratto in arresto in Serbia ed in esecuzione di mandato d’arresto europeo, in quanto destinatario di ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del tribunale di Torino.
Accolta la richiesta di consegna, alla frontiera di Malpensa fu consegnata per la
prima volta al ricorrente una copia dell’ordinanza impositiva redatta, peraltro,
nella sola lingua italiana. Trattandosi di cittadino macedone, ormai da anni stabilmente residente all’estero, in occasione dell’espletamento dell’interrogatorio
di garanzia ex art. 294 c.p.p., gli venne assicurata l’assistenza di un interprete di
lingua slava.
All’esito dell’interrogatorio il Gip, attesa la risalenza dei fatti, sostituì la
misura carceraria con quella dell’obbligo di presentazione alla PG.
Avvero l’ordinanza impositiva propose istanza di riesame il difensore, eccependo la nullità dell’ordinanza applicativa per la mancata traduzione in lingua nota all’indagato e la incompetenza territoriale del tribunale di Torino.
Con l’ordinanza oggi impugnata il tribunale del riesame di Torino accolse
l’eccezione preliminare di incompetenza territoriale per essere competenti le
AG di Modena e di Cremona ed ordinò, ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., la
restituzione degli atti al PM per la loro trasmissione ai PM competenti. Il tribunale del riesame, quindi, confermò l’ordinanza applicativa della misura della
custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Torino il 22 giugno 2010, come
modificata con l’ordinanza 22 febbraio 2013 con l’applicazione della misura
dell’obbligo di presentazione alla PG.
Ciò posto, è evidente che il presente giudizio ha ad oggetto esclusivamente
la suddetta ordinanza 7 marzo 2013 del tribunale del riesame limitatamente alla
parte in cui ha confermato temporaneamente l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa il 22 giugno 2010, modificata il 22 febbraio
2013 con la sostituzione della misura carceraria con l’obbligo di presentazione.
Non può invece il giudizio incidere anche sull’originaria ordinanza appli-

cativa la quale è ormai caducata a seguito della dichiarazione di incompetenza
territoriale del Gip di Torino e di trasmissione degli atti, ex art. 27 cod. proc.
pen., ai giudici competenti territorialmente.
Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «Una volta riconosciuta in sede di riesame l’incompetenza del giudice che ha adottato una misura
cautelare, il Tribunale non può pronunciare annullamento né riforma del provvedimento impugnato, ma, dopo averlo confermato, deve provvedere ai sensi
dell’art. 27 cod. proc. pen.. È pertanto abnorme il provvedimento con cui il
giudice del riesame, avendo escluso la sussistenza del presupposto dell’urgenza
richiesto dall’art. 291, comma secondo, cod. proc. pen., annulli la misura cautelare personale, trasmettendo gli atti al G.i.p. territorialmente competente»
(Sez. VI, 16.5.2005, n. 22480, Francioso, m. 232237; conf. Sez. VI, 5.12.2006,
n. 41006, Cofano, m. 235443); «Una volta riconosciuta in sede di riesame l’incompetenza del giudice che ha adottato una misura cautelare, il Tribunale non
può pronunciare l’annullamento né la riforma del provvedimento impugnato,
ma, dopo averlo confermato, deve provvedere, ai sensi dell’art. 27 cod. proc.
pen., alla trasmissione degli atti al PM presso il Tribunale competente dinanzi
al quale dovranno essere fatte valere tutte le doglianze relative ai provvedimenti emessi dal giudice ritenutosi incompetente» (Sez. II, 29.11.2012, n.
48734, Jelmoni, m. 254160); «Il giudice dell’impugnazione cautelare “de libertate”, che rilevi l’incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il provvedimento, deve estendere il suo controllo anche alle ragioni di urgenza che
legittimano l’intervento cautelare del giudice incompetente. (La Corte ha precisato che il giudice dell’impugnazione, rilevata l’urgenza, deve limitarsi a confermare il provvedimento, che ha l’efficacia limitata ai sensi dell’art. 27 cod.
proc. pen.)» (Sez. II. 18.12.2009, n. 2076 del 2010, Nikolic, m. 246258); «In
caso di incompetenza per territorio del giudice che ha emesso il provvedimento
cautelare, l’ordinanza del tribunale del riesame deve essere annullata, con conseguente liberazione dell’indagato, se ad un preliminare esame dell’ordinanza
impugnata e del provvedimento cautelare non si rilevi la necessaria specificazione dei gravi indizi di colpevolezza e l’indicazione delle esigenze cautelari
connesse con l’urgenza di adottare la misura; nel caso, invece, di riscontro positivo di questi requisiti, il provvedimento, seppur affetto da vizio di motivazione, non va annullato, ferma restando la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente, perché alla Corte non è dato rilevare detto vizio a fronte
dell’incompetenza per territorio del giudice della cautela, sempre che esso non
sia di consistenza tale da travolgere anche il provvedimento impositivo della
misura, a sua volta difettoso nella motivazione» (Sez. II, 27.6.2007, n. 26286,
Rossini, m. 237268).
A parere del Collegio, pertanto, il ricorso non può dichiararsi inammissibile ma va appunto limitato al provvedimento di urgenza con il quale il tribunale
del riesame ha confermato, solo provvisoriamente e temporaneamente, la misura cautelare ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen..
In questi limiti, ritiene il Collegio che il ricorso debba essere accolto. Non
è infatti in discussione la circostanza che l’ordinanza applicativa della misura
cautelare sia stata notificata all’indagato nella lingua italiana e che l’indagat

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da anni stabilmente residente all’estero, non comprendeva l’italiano, tanto che
in sede di interrogatorio di garanzia gli venne assicurata l’assistenza di un interprete. Il ricorrente eccepisce che questa assistenza non poteva certamente ritenersi sufficiente perché era stata necessariamente limitata ad un sintetico riassunto della ordinanza impositiva, del tutto inadeguato rispetto ad una vicenda
processuale di particolare importanza, nella quale erano contestati distinti capi
di imputazione, mentre l’ordinanza cautelare deve essere, invece, e soprattutto,
valutata e considerata dall’indagato anche in relazione alla sua fondatezza fattuale e giuridica, nonché alla rispondenza della misura adottata alle emergenze
indiziarie e cautelari di natura processuale. Essa quindi determina l’insorgenza,
in capo al soggetto indagato e di essa destinatario, del diritto alla verifica, in
fatto e diritto, di tutti i presupposti sottesi all’emissione della stessa. Il ricorrente
aveva quindi eccepito, in sede di ricorso per riesame, che la traduzione sommaria dell’ordinanza cautelare effettuata dall’interprete, in sede di interrogatorio di
garanzia e in forma riassuntiva, non poteva tenere luogo della traduzione, siccome impediva all’indagato di conoscere in ogni suo aspetto il provvedimento
privativo della libertà e di approntare un’adeguata difesa proprio nella fase
dell’interrogatorio, che è strumento sia di contestazione dell’accusa, sia di esplicazione delle ragioni della difesa, non altrimenti manifestabili al giudice.
Il tribunale del riesame non ha contestato nel merito questa eccezione e
non ha ritenuto che nella specie non si fosse verificata una lesione del diritto di
difesa per il motivo che sarebbe stata sufficiente la presenza di un interprete durante l’interrogatorio di garanzia. Al contrario, ha implicitamente ammesso che
si era verificata una nullità, ma ha ritenuto che la stessa si era sanata per effetto
della contestazione nel merito della ordinanza stessa in sede di riesame, richiamando a questo proposito la sentenza della Sez. VI, 22.5.2008, n. 38584, Olebune, m. 241403, massimata nel senso che «La proposizione della richiesta di
riesame ha effetti sananti della nullità conseguente all’omessa traduzione
dell’ordinanza cautelare personale emessa nei confronti dell’indagato che non
conosce la lingua italiana, sempre che la richiesta di riesame non sia stata presentata solo per dedurre la mancata traduzione dell’ordinanza cautelare».Il
principio è stato ribadito anche da altre decisioni (Sez. VI, 20.3.2006, n. 14588,
Ajbari, m. 234036; Sez. II, 7.6.2011, n. 32555, Bucki, m. 250763), specificandosi comunque che la nullità a regime intermedio deve ritenersi sanata qualora
l’interessato abbia successivamente esercitato il proprio diritto di difesa in modo
tale da far presupporre la piena e completa comprensione del provvedimento
cautelare (Sez. IV, 22.11.2007, n. 10481, Parasko, m. 238960).
Orbene, il Collegio ritiene che nel caso di specie il diritto di difesa, esplicatosi mediante il ricorso per riesame, non possa considerarsi esercitato in modo tale da far presupporre la piena e completa comprensione del provvedimento
cautelare. Invero, con la richiesta di riesame era stata innanzitutto eccepita proprio la nullità della ordinanza impositiva per la mancata traduzione. Inoltre,
l’eccezione sulla competenza territoriale sollevata dal difensore tecnico – il quale deve presumersi in grado di esaminare il contenuto del provvedimento a prescindere dalla circostanza che il proprio assistito non possa comprenderlo e che
è tenuto in funzione del proprio ruolo di “tecnico” a rilevare eventuali questioni

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pregiudiziali di carattere strettamente procedurale – si era attenuta al mero dato
descrittivo del /ocus commissi delicti, senza addentrarsi nella valutazione di circostanze di fatto. Non sembra pertanto corrispondere al principio costituzionale
di cui all’art. 24 Cost. l’affermazione della ordinanza impugnata secondo cui, in
fin dei conti, il fatto di essersi munito di un difensore (di ufficio o di fiducia)
compenserebbe la situazione di mancata conoscenza da parte dell’indagato delle
ragioni dell’accusa e del fondamento della limitazione alla propria libertà personale.
L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio limitatamente alla parte in cui conferma l’ordinanza applicativa della misura cautelare.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla parte in cui
conferma l’ordinanza applicativa della misura cautelare.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 19
novembre 2013.

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