Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14743 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 14743 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IORIO ANGELO MICHELE N. IL 17/01/1948
CHIEFFO ANTONIO N. IL 03/07/1952
DE MATTEIS ROSARIO N. IL 24/07/1946
PICCIANO MICHELE N. IL 05/12/1957
VITAGLIANO GIANFRANCO N. IL 01/01/1949
avverso la sentenza n. 2336/2009 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di CAMPOBASSO, del 10/04/2013
senti4la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
1ee7entite le conclusioni del PG Dott. C. 2-Ahnh
05L LOgr< Udit i difensor Avv.; • (0 .2".■ et.te- Data Udienza: 06/02/2014 Hanno proposto ricorso per cassazione -Chieffo Antonio - Iorio Angelo Michele - De Matteis Rosario - Picciano Michele - Vitagliano Gianfranco avverso la sentenza emessa il 10 aprile 2013 (depositata il 2 luglio 2013), dal Gup del Tribunale di Campobasso, il quale ha dichiarato non luogo a procedere, nei confronti dei predetti imputati, in ordine ai reati di falsità ideologica e abuso di ufficio in concorso, loro contestati ai capi A) e B), per essere gli stessi estinti per prescrizione . Nei confronti dei ricorrenti, l'azione penale era stata esercitata anche per il reato di cui all'articolo 640 bis c.p. (capo C) e, in ordine ad esso, il Gup aveva disposto il rinvio a giudizio. Successivamente, come documentato dai difensori, relativamente a tale contestazione è intervenuta la sentenza del Tribunale di Campobasso, in data 29 ottobre 2013, di assoluzione di tutti i ricorrenti, perché il fatto non sussiste. Sulla base di tale evenienza, l'avvocato Messere, con dichiarazione effettuata in qualità di procuratore speciale dei suoi tre clienti Iorio, De Matteis e Picciano, e depositata presso questa Corte il 24 gennaio 2014, ha rappresentato la volontà di rinunciare all'impugnazione. La vicenda, così come descritta nella sentenza impugnata, è quella che ha visto coinvolti lo brio, nella qualità di Governatore della regione Molise e Commissario delegato per la ricostruzione post-sisma, gli altri, nella qualità di componenti della Giunta regionale, in comportamenti rubricati come concorso in falsità ideologica ed in abuso d'ufficio, oltre che come truffa ai danni della Regione Molise e dello Stato,sempre in concorso, fatti risalenti ad un periodo compreso fra luglio e dicembre 2005. Osservava il Gip che il Pubblico ministero, in data 11 novembre 2011, aveva chiesto il rinvio a giudizio nei confronti degli imputati, ritenendoli responsabili di avere approvato, il 4 luglio 2005, una delibera di Giunta regionale nella quale, con procedura illegittima ed illecita, era stata scelta, per la esecuzione di lavori, la società per azioni Larivera, quale partecipe di una società mista, a partecipazione anche pubblica (LTM spa), destinataria successivamente del finanziamento di euro 7.000.791 mila, previsto nel programma pluriennale diretto a favorire la ripresa produttiva nel territorio della regione Molise, colpito da eventi sismici e meteorologici fra l'ottobre del 2002 e il gennaio del 2003. Secondo l'ipotesi accusatoria, la individuazione del socio privato era avvenuta sulla base della falsa attestazione, contenuta nella predetta delibera di Giunta, della urgenza della realizzazione del programma: falsa attestazione riconosciuta come tale anche in sede di giustizia amministrativa e finalizzata a superare e quindi violare la necessità del ricorso, in via ordinaria, alla contrattazione secondo evidenza pubblica, prevista dalla normativa di settore, nonché a favorire l'imprenditore Larivera Giuseppe che, oltretutto, difettava dei requisiti morali per avere patteggiato la pena in un processo per truffa. Ebbene il Gup motivava in ordine alla integrazione di tutti gli elementi costitutivi dei reati, sia di falsità ideologica che di abuso d'ufficio e rilevava, tuttavia, che entrambi si erano estinti per prescrizione prima dell'esercizio dell'azione penale: il primo, infatti, esclusa la aggravante dell'art. 476 comma 2 c.p., si era prescritto il 4 luglio 2011, dopo 6 anni dal fatto, in assenza di atti interruttivi della prescrizione, e il secondo, nel luglio o, al più, nell'agosto 2010, dopo 1 FATTO E DIRITTO cinque anni dal fatto, all'atto del conseguimento dell'ingiusto vantaggio, da intendersi come quello dell'insorgere del diritto di credito, determinato dalla delibera, e cioè in una fase anticipata rispetto all'effettivo e materiale conseguimento del vantaggio economico. Ha dedotto il difensore di Chieffo, avv. Cecanese Ad avviso della difesa, il giudice, nel dichiarare la prescrizione dei reati di cui ai capi A) e B), pur sollecitata dallo stesso legale con apposita memoria, era venuto meno al proprio compito, che era quello di dichiarare con immediatezza la prescrizione e non anche-come invece aveva fatto- di valutare la sussistenza degli elementi integrativi di tali reati. Anche con riferimento al reato di truffa contestato sub C), il giudice si sarebbe dovuto pronunciare, esclusivamente, sul piano della sostenibilità in giudizio dell'accusa e non anche della sussistenza del reato. Determinandosi diversamente, il Gup aveva, ad avviso della difesa, emesso una sentenza che poteva essere acquisita e fare stato in ordine a quanto in essa accertato, sia nel processo fissato dinanzi al giudice ordinario, quanto al reato di truffa, sia nel procedimento dinanzi alla Corte dei conti, per presunto danno erariale, in relazione a tutti e tre i reati. In particolare, era stata affermata la sussistenza del dolo intenzionale del reato di abuso d'ufficio, nonostante che, sul punto, non fosse stato sviluppato alcun contraddittorio e senza tenere conto della assoluta ambivalenza delle dichiarazioni raccolte durante le indagini; 2) la violazione di legge come sopra precisata, e il vizio di motivazione con particolare riferimento all'imputazione di truffa, per la quale era stato disposto il rinvio a giudizio. La difesa lamenta che il giudice dell'udienza preliminare, ai fini del giudizio prognostico che gli competeva in relazione alla prevedibile sostenibilità dell'accusa in giudizio, si era espresso sulla sussistenza del reato di truffa senza valutare la richiesta difensiva di acquisizione di una consulenza tecnica, pur sottoposta allo stesso giudice in allegato a una memoria: consulenza che avrebbe dimostrato, invece, l'insussistenza del medesimo reato. In particolare, il reato di truffa era stato ipotizzato tenendo conto, quale artifizio e raggiro, del fatto che la società LTM sarebbe stata costituita facendo apparire, grazie a perizie compiacenti del coimputato Rago, il conferimento proveniente da Larivera spa, superiore al suo effettivo valore. Ebbene, il giudice, dichiarando non luogo a procedere nei confronti del coimputato Rago, aveva riconosciuto la correttezza delle sue perizie determinando, così, il venir meno di uno dei presupposti fondanti per la configurazione dell'ipotesi di truffa: avrebbe dovuto, cioè, riconoscere, nella stessa sede dell'udienza preliminare, che il reato di truffa non sussisteva; 3) la violazione di legge in relazione, ancora, all'imputazione di truffa aggravata. In realtà, tale reato è stato ipotizzato con condotta sovrapponibile in tutto, a quella di abuso di ufficio, ragione per la quale avrebbe dovuto trovare applicazione la giurisprudenza della Cassazione (rv 214553) che, in un caso analogo, ha escluso la sussistenza della truffa aggravata. In data 17 gennaio 2014, l'avvocato Cecanese ha comunicato a questa Corte, via fax, con riferimento al terzo motivo di ricorso, la pubblicazione della sentenza del Tribunale di 2 1) la violazione degli artt. 129 e 425 cpp. Campobasso, in data 29 ottobre 2013, di assoluzione del ricorrente del reato di truffa e, altresì, la motivazione in essa contenuta circa l'insussistenza anche del falso. e poteva semplicemente richiedere l'archiviazione. Operando diversamente, e cioè soffermandosi ad analizzare la sussistenza dei reati poi dichiarati prescritti , il Gup era andato oltre i propri poteri ed aveva leso i diritti difensivi degli imputati; 2) la violazione del diritto di difesa e il vizio della motivazione. Operando come sopra, il Gup aveva motivato, fuori del provvedimento apposito e cioè del decreto che dispone il giudizio, in ordine alla sussistenza del reato di truffa aggravata e alla responsabilità degli imputati, così finendo per violare lo stesso disposto dell'articolo 429 cpp che prevede, per il rinvio a giudizio, un atto non motivato. In tal modo, le osservazioni del giudice avrebbero potuto esercitare la loro influenza sia nel processo penale per il quale era stato disposto il rinvio a giudizio, sia in sede contabile. Ha dedotto il difensore di Vitagliano premesso il suo interesse alla coltivazione dei gravame, per la influenza che la motivazione della sentenza impugnata avrebbe potuto avere nel giudizio penale e nel giudizio contabile 1) la violazione di legge e il vizio di motivazione nonché l'abnormità della sentenza del Gup il quale, senza attivare alcun contraddittorio, e violando apertamente il disposto dell'articolo 429 c.p. p., aveva motivato, sia pure nell'ottica della prescrizione, la sussistenza dei reati di falso , abuso d'ufficio e truffa; 2) la violazione degli articoli 408 e 411 c.p.p. posto che il giudice a quo avrebbe dovuto limitarsi a rilevare che l'azione penale non poteva essere esercitata, essendo i reati estinti antecedentemente. I ricorsi sono tutti inammissibili. Per quanto concerne i ricorsi presentati nell'interesse di brio, De Matteis e Picciano, l'inammissibilità deriva, da ultimo, dalla rinuncia all'impugnazione effettuata dal procuratore speciale dei ricorrenti, causa di inammissibilità appunto, del ricorso, ai sensi dell'articolo 591 comma uno lettera d) cpp. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna di tali ricorrenti al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in 500 euro, oltre alla condanna al pagamento delle spese del procedimento. 3 Ha dedotto il difensore di brio, De Matteis e Picciano 1) la violazione di legge (articoli 408,411 425 cpp) ed il vizio di motivazione. Il Giudice, nel riconoscere che i reati di falso ideologico e abuso d'ufficio si erano prescritti prima dell'esercizio dell'azione penale, da parte del Pubblico ministero, avrebbe dovuto limitarsi ad adottare la formula ricognitiva della impossibilità dell'inizio di tale azione: infatti, a norma degli articoli 408 e 411 cpp, il Pubblico ministero doveva Ed infatti, la sentenza del Gup qui impugnata non avrebbe potuto produrre effetti nel processo fissato dinanzi al Tribunale, sicchè , specularmente, l'esito finale di quest'ultimo si evidenzia come non influenzabile dal contenuto della sentenza gravata. E' da rilevare, a tal fine, che la sentenza che il Gup emette ai sensi dell'articolo 425 c.p. non è ricompresa fra quelle che l'articolo 651 c.p. p. menziona, quali fonti di accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità o della commissione del fatto ad'opera dell'imputato, anche nel giudizio civile o amministrativo di danno; ed è quantomeno fortemente discutibile che l'art. 238 bis cpp possa essere invocato per la acquisizione di sentenze di non luogo a procedere , per loro natura revocabili ( v. art. 434 cpp). D'altra parte, non può disconoscersi che la sopravvenuta sentenza di assoluzione non ha inciso affatto sull'interesse sotteso ricorso, con il quale erano state dedotte censure anche con riferimento alla motivazione sulla sussistenza del reato di falso e abuso, estranei alla materia del processo dinanzi al Tribunale. Inammissibile, per tardività, è, poi, il ricorso di Vitagliano. Esso è stato presentato il 23 ottobre 2013 quando era ormai scaduto il termine per la relativa presentazione. Invero, la sentenza di non luogo a procedere, emessa dal Gup ai sensi dell'articolo 425 c.p.p., deve essere depositata nel termine ordinario, massimo, di trenta giorni e può essere impugnata entro il termine, susseguente, di 15 giorni, previsto dall'articolo 585 comma primo lettera a c.p. p., rimanendo irrilevante l'eventualità che il giudice abbia irritualmente stabilito un termine più ampio per il deposito della suddetta motivazione. Laddove si verifichi tale eventualità deve essere comunicato o notificato alle parti legittimate all'impugnazione il relativo avviso di deposito e da tale comunicazione o notificazione decorre il termine per impugnare, che resta quello anzidetto (Sez. U, Sentenza n. 21039 del 27/01/2011 Cc. (dep. 26/05/2011 ) Rv. 249670). Nel caso di specie, i 15 giorni per l'impugnazione decorrevano dalla data di notifica dell'estratto contumaciale della sentenza, e cioè dal 25 luglio 2013. Scadevano, dunque, tenuto conto della sospensione dei termini feriali, il 24 settembre 2013. Il ricorrente va condannato al pagamento della somma, determinata in via equitativa in 500 euro, in favore della cassa delle ammende, ex art. 616 cpp, oltre che delle spese processuali. Il ricorso di Chieffo va, infine, dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, con condanna al versamento di somma, pari a quella sopra indicata, alla casse delle ammende e al pagamento delle spese processuali. Invero, la difesa lamenta la abnormità della motivazione con la quale è stata confermata, dal Gup, la sussistenza degli elementi integrativi sia del reato di falso e di abuso, poi dichiarati prescritti, sia del reato di truffa per il quale , separatamente, era stato disposto il rinvio a giudizio. Tuttavia, è da rilevare che, quanto alla motivazione spesa in relazione ai due reati poi dichiarati prescritti, il Gup ha applicato, nella sede della udienza preliminare, e nell'instaurato contraddittorio con le parti, la regola dell'art. 129 comma 2 cpp: norma che impone, per la fase successiva a quella delle indagini preliminari, che la rilevazione della causa estintiva del reato debba prevalere su quella di proscioglimento nel merito soltanto quando quest'ultima non sia sorretta dalla "evidenza". 4 Non si apprezza infatti la sopravvenuta perdita di interesse dovuta ad un evento non dipendente dalla loro di volontà, nella specie indicato , dalle parti, nella sentenza completamente liberatoria del Tribunale. Censurabile sarebbe stata, perciò una pronuncia del Gup resa secondo una diversa regola di giudizio, e segnatamente, secondo quella sottesa al disposto dell'art. 411 cpp che impone, solo a sostegno dei una pronuncia di archiviazione, di affermare elusivamente la impossibilità di iniziare l'azione penale, in caso di estinzione del reato precedente all'esercizio della azione penale stessa. Conseguentemente, così come è imposto al Gup di effettuare una valutazione di merito, nella prospettiva dell'art. 129 comma 2 cpp, altrettanto è da escludere che possa dirsi abnorme una motivazione, nello stesso contesto, ad opera dello stesso Gup, estesa fino a ricostruire la vicenda, con l'effetto di far emergere, accanto alla inesistenza di cause di proscioglimento, anche la sussistenza della realtà esattamente contraria. D'altra parte, come anticipato, tale pronuncia e tale motivazione non potrebbero produrre effetti pregiudizievoli in un procedimento civile o amministrativo di danno e neppure in sede penale, ove, come accaduto nel caso concreto, si dibatta di reati affatto diversi. Quanto alla doglianza propriamente incentrata sulla asserita abnormità della motivazione riguardante la truffa, è appena il caso di rilevare che il Gup non ha esorbitato dai propri poteri. Ed anzi egli ha analizzato anche tale ipotesi di reato perché proprio in relazione ad essa, ha pronunciato il non luogo a procedere in favore di uno dei coimputati degli odierni ricorrenti (Rago). Il tema, in altri termini, doveva essere considerato in tutte le sue sfaccettature, tenuto conto che il Rago rispondeva a titolo concorsuale. In secondo luogo è da considerare che il difensore, sostenendo che, con la sentenza de qua, il Gup era andato oltre i poteri riconosciutigli in sede di rinvio a giudizio, ha finito per evocare profili di abnormità che la giurisprudenza di legittimità non riconosce neppure in riferimento al decreto che dispone il giudizio: decreto ritenuto legittimo anche quando contenga la espressa valutazione degli elementi di accusa, tanto da essere considerato, in tale ipotesi , inoppugnabile ( rv 235090). Ad ogni buon conto, oggettivamente, su tale specifico e limitato punto, la sopravvenuta sentenza dibattimentale, di assoluzione dal reato di truffa, ha fatto venir meno qualsivoglia concreto interesse alla coltivazione del gravame, posto che proprio la sentenza penale irrevocabile pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo o di danno, ai sensi dell'art. 652 c.p.p. PQM Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento, ciascuno, delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 500. Così deciso in Roma il 6 febbraio 2014 Il Presidente POS1TATA IN CANCELLERIA i Cons. est. In altri termini, proprio la norma che imponeva al Gup di arrestare, con immediatezza, la progressione processuale, per la presenza di una causa estintiva, è la stessa che lo onerava del dovere di valutare la eventualità della sussistenza ( o meno) di evidenti cause di innocenza: di procedere cioè ad una valutazione del merito secondo la regola della immediata percepibilità di cause di non punibilità.

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