Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1468 del 20/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1468 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Miconl Alberto, nato a San Severino Marche il 26.3.56
imputato art. 5 d.lgs 74/00
avverso la sentenza del Tribunale di Camerino del 20.1.07

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Visto il parere scritto del P.G., dr. Rosario Giovanni Russo, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
Visti i motivi aggiunti e la memoria ex art. 121 c.p.p. depositata nell’interesse del
Miconi;

RITENUTO IN FATTO
1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con la sentenza qui impugnata,
il ricorrente ha definito, ex art. 444 c.p.p., l’accusa mossagli di aver violato l’art. 5 divo 74/00.
Nella pronuncia, il Tribunale ha anche revocato la sospensione condizionale che era stata
disposta – anch’essa all’esito di un patteggiamento
con sentenza del 15.11.06 ed ha dichiarato la
pena interamente condonata ex L. 241/06.

2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso, tramite
il difensore, deducendo:

Data Udienza: 20/11/2012

2) inosservanza o erronea applicazione della legge penale perché mancavano le
condizioni per la revoca della sospensione condizionale concessa con la precedente sentenza.
In particolare, si fa notare che la nuova sentenza – qui impugnata – non è ancora divenuta
definitiva ed è stato, invece, affermato (Sez. III, 16.1.86, Ferrarlo) che la revoca della sospensione
condizionale è illegittima se la condanna per il delitto anteriormente commesso (come è appunto
nel caso in esame) divenga irrevocabile dopo il periodo di esperimento decorrente dalla data del
passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio da revocare.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.
In data 11.9.12 il ricorrente ha depositato una memoria con “motivi aggiunti” che anche in replica al parere del P.G. – sostanzialmente, ribadiscono il concetto secondo cui, dal
momento che la nuova sentenza accertativa di un reato commesso anteriormente non è ancora
passata in giudicato (tanto che è in corso il presente giudizio), il giudice avrebbe potuto solo valutare
la meritevolezza o meno dell’eventuale beneficio della sospensione, eventualmente richiesto,
ma non anche delibare in ordine alla revoca della sospensione concessa con precedente
pronunzia. Ciò in conformità a quanto stabilito da Sez. II, 21.10.05 (Melignano, Rv. 232669)
secondo cui «il presupposto di legittimità della revoca della sospensione condizionale per “altra
condanna” in relazione a un delitto anteriormente commesso è che la pronuncia pregiudicante
sia divenuta definitiva».
Con il secondo motivo aggiunto, si denuncia anche una erronea applicazione dell’art. 2,
comma 5 L. 207/03 (o.d. induitino) secondo cui – come da giurisprudenza di questa S.C. (Sez.
17.5.05, Onofri, Rv. 230989) la revoca della sospensione della esecuzione della pena è possibile solo
in presenza di una delle seguenti cause: ingiustificata inottemperanza ad una delle prescrizioni
imposte con il provvedimento sospensivo, ovvero, sopravvenuta condanna definitiva a pena
non inferiore a sei mesi per delitto non colposo commesso nel quinquennio successivo alla
applicazione del beneficio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione – Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
3.1 Il primo motivo è addirittura ai limiti dell’inammissibilità perché, esaminando
la sentenza, non solo è palese l’assenza di alcun accordo pattizio diretto ad escludere il
pericolo che venisse revocata la sospensione condizionale ottenuta in precedenza, ma,
quand’anche esso fosse intervenuto, sarebbe stato irrilevante visto che la norma che disciplina
il c.d. patteggiamento non prevede condizioni diverse da quella della irrogazione del beneficio
di cui all’art. 163 c.p..
Al contrario, poi, di ciò che si afferma in tale motivo, si riscontra nella decisione
impugnata, una esplicita richiesta di applicazione del “beneficio dell’indulto ex art. 1 L.
246/06”. Fermo restando che anche tale richiesta non è vincolante per il giudice, è, tuttavia,
certo che essa (a dispetto di ciò che si sostiene nel ricorso) era stata formulata.
E’, infine, decisamente errata la prospettiva proposta dal ricorrente secondo cui la
sentenza di c.d. patteggiamento escluderebbe al possibilità di revocare il beneficio della
sospensione condizionale della pena.
Come opportunamente ricordato anche dal P.G. nel proprio parere scritto, ciò è
smentito da due sentenze di queste Sezioni Unite del 29.11.05 ( nn. 17781 e 17782 e da Sez. IV, 22,11.07,
2

1) violazione di legge e/o illogicità della motivazione nella parte in cui è stata
disposta la revoca della sospensione condizionale. Premesso che, a detta del ricorrente
l’applicazione della pena era stata subordinata alla esclusione della eventualità che venisse
revocato il precedente beneficio, si fa anche notare che l’indulto non era stato richiesto. Si
soggiunge, infine, che una preclusione alla pronunzia di revoca del beneficio della sospensione,
qui impugnata, discenderebbe dal fatto di essere stata pronunciata in seno ad una sentenza
ex art. 444 c.p.p. e, siccome anche la precedente sospensione era stata disposta all’esito di
una sentenza di patteggiamento, non essendo esse vere e proprie sentenza di condanna, non
avrebbero potuto comportare un’applicazione dell’art. 168 c.p.p.;

nelle quali si è, al contrario, sostenuto che, proprio grazie alla equiparazione
legislativa della sentenza di cui al’art. 444 c.p. ad una pronuncia di condanna, il giudice che si
pronunci ex art. 444 c.p.p. ha titolo per revocare, a norma dell’art. 168 c.p., un beneficio della
sospensione condizionale concesso in precedenza. Ciò, in linea con altra precedente decisione
sempre delle S.U. (22.11.00, Rv. 218526) secondo cui il beneficio di cui all’art. 163 c.p. «se già
concesso per pena patteggiata, non solo, non M esser reiterato in relazione a successiva
sentenza, anche di patteggiamento, per fatto anteriormente commesso, dalla quale derivi
l’applicazione di una pena detentiva che, cumulata con la precedente, superi i limiti fissati
dall’art. 163 c.p.» ma «va, addirittura, revocato» in quanto sia il divieto di ulteriore
concessione che la revoca «prescindono dalla natura deliro che vi abbia dato causa».
3.2. Il secondo motivo, (talvolta di difficile intelligibilità per un periodare non sempre lineare),
sembra entrare nel cuore del problema rappresentato, cioè, dalla sussistenza o meno delle
condizioni per la revoca del beneficio precedentemente concesso.
Anche su detto aspetto, però, il ricorso si rivela infondato perché, come risulta
chiaramente dal certificato penale, la sentenza che aveva irrogato la sospensione condizionale
qui revocata è quella del 15.11.06, divenuta irrevocabile il 4.12.06 ed aveva applicato una
pena di 1 anno, 11 mesi e 10 giorni di reclusione, per reati commessi il 14.11.06.
La sentenza qui impugnata ha irrogato una pena di 8 mesi di reclusione per fatti del
2005.
Il cumulo delle due condanne è pari ad un totale di anni 2, mesi 7 e giorni 10 di
reclusione che supera, quindi, il limite di 2 ani di reclusione previsto dalla norma per soggetti
non infra-venticinquenni come è appunto il presente ricorrente (nato nel 1956).
E’, perciò, de plano la prova dell’avvenuto superamento della soglia normativa che
legittima la revoca di una sospensione condizionale evidentemente concessa sulla base di una
prognosi favorevole errata.
Né vale obiettare che la sentenza qui impugnata, con la quale è stata ordinata la
revoca, non è passata in giudicato perché, al contrario, il fatto stesso che il presente ricorso
concerna solo il punto della revoca del beneficio della sospensione condizionale è
dimostrazione del fatto che essa è divenuta definitiva per quel che attiene alla statuizione sulla
pena.
A tale stregua è infondato anche il primo dei motivi aggiunti ed analoga sorte spetta al
secondo motivo che evoca un argomento qui non conferente visto che – come chiaramente ivi
disposto – la L. 1° agosto 2003 n. 207 (c.d. “indultino”) – si applicava (art. 7) «nei confronti dei
condannati in stato di detenzione ovvero in attesa di esecuzione della pena alla data di entrata
in vigore della medesima».
Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 20 novembre 2012
Il Presidente

Rv. 239667)

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