Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1465 del 09/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1465 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANTONE ROSARIO N. IL 18/06/1956
avverso l’ordinanza n. 748/2013 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
08/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
LOCATELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.CLQA..uz)’ FÉ1.0i dia.’
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Uditi difensor Avv.;

A

Data Udienza: 09/12/2013

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 8.5.2013 il Tribunale del riesame di Catania,
adito a norma dell’art.309 cod.proc.pen., confermava la misura cautelare
della custodia in carcere disposta dal Giudice delle indagini preliminari nei
confronti di Cantone Rosario, indagato per il reato previsto dagli
artt.81,110, 629 commi 1 e 2 cod.pen. e art.7 legge n.203 del 1991
(concorso in estorsione continuata aggravata in danno dell’imprenditore
Carmeni Salvatore, amministratore unico della Carmedil s.r.I., commessa

al fine di agevolare l’associazione mafiosa ed avvalendosi delle condizioni
previste dall’art.416 bis cod.pen.). Fatto commesso in Mascalucia fino al
marzo 2011.
Il Tribunale del riesame confermava la sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza desumibili dalle dichiarazioni della persona offesa Carmeni
Salvatore e dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Barbagallo
Ignazio;
Avverso l’ordinanza il difensore propone ricorso con esclusivo
riferimento alle ritenute esigenze cautelari, deducendo violazione di
legge e difetto di motivazione nella parte in cui il Tribunale ha richiamato
l’obbligatorietà della misura della custodia cautelare in carcere ai sensi
dell’art.275 comma 3 cod.proc.pen., omettendo di dare alla norma una
interpretazione compatibile con i principi stabiliti nella sentenza della
Corte cost. n.57 del 25.3.2013; la condotta di Cantone non ne
presuppone affatto l’appartenenza alla associazione, trattandosi
solamente di una condotta volta alla agevolazione dell’associazione; con
riguardo al pericolo di reiterazione dei reati, il comportamento
processuale di Cantone, che ha successivamente ammesso gli addebiti
con un memoriale inviato dal pubblico ministero ed allegato al presente
ricorso, consente di ipotizzare un sincero ravvedimento dello stesso ed
una sicura rescissione di ogni tipo di legame con ambienti criminali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il Tribunale del riesame, richiamate le presunzioni stabilite
dall’art.275 comma 3 cod.proc.pen. in materia di delitti aggravanti ai
sensi dell’art.7 della legge n.203 del 1991, ne ha svolto una
interpretazione conforme al dettato normativo risultante dalla pronuncia

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della sentenza n.57 del 2013 della Corte cost., che dichiarando la parziale
illegittimità costituzionale dell’art.275 comma 3, secondo periodo,
cod.proc.pen., con riguardo ai delitti commessi avvalendosi delle
condizioni previste dall’articolo 416 bis cod.pen. ovvero al fine di
agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ha
trasformato da assoluta a relativa la presunzione di adeguatezza della
sola misura della custodia cautelare in carcere, rendendola superabile nel

dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con
misure meno afflittive.
Nel caso in esame il giudice cautelare

ha proceduto ad una

valutazione, riferita al caso concreto, della insussistenza di elementi
fattuali capaci di fondare una prognosi positiva di mancanza di esigenze
cautelari o di adeguatezza di una misura meno afflittiva della custodia in
carcere, considerata la grave natura del delitto contestato, la durata nel
tempo della estorsione, la rilevanza del contributo offerto all’attività
illecita svolta da un pericoloso sodalizio criminoso di stampo mafioso, il
ruolo essenziale ricoperto da Cantone nella condotta estorsiva; inoltre il
Tribunale del riesame ha ritenuto che non mutasse

i termini della

valutazione cautelare la circostanza che Cantone fosse incensurato e
dedito ad una attività lavorativa, avendo utilizzato strumentalmente la
propria attività commerciale di gestore di un distributore di carburanti per
fare da schermo e favorire le attività illecite del clan Santapaola.
Le motivazione svolte dal giudice cautelare sono giuridicamente corrette
e non contengono vizi logici.
A norma dell’art.616 cod.proc.pen. il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
o

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del
provvedimento al direttore dell’ istituto penitenziario, ai sensi dell’art.94
comma 1 ter norme att. cod.proc.pen.

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caso in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto,

Così deciso in Roma il 9.12.2013

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