Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14606 del 12/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 14606 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
MIRAGLIA CLAUDIO nato il 13/01/1963, avverso l’ordinanza del
21/08/2013 del Tribunale del Riesame di Napoli;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Massimo Galli che ha
concluso per il rigetto;
udito il difensore avv.to Gianfranco Polselli che ha concluso per
l’accoglimento.
FATTO
1. Con sentenza n° 27929 del 14/06/2013, la sesta sez. penale di
questa Corte, annullò l’ordinanza con la quale, in data 04/01/2013 il
giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli aveva applicato
a MIRAGLIA Claudio la misura della custodia cautelare in carcere in
quanto indagato per il delitto di cui all’art. 416 bis/1-2-3-4-56-7-8 cod.
pen.

Data Udienza: 12/03/2014

A

Sostanzialmente, questa Corte – dopo aver richiamato i consolidati
principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia
di riscontro delle fonti di prova – annullò la suddetta ordinanza in
quanto «del tutto carente, palesandosi come meramente riproduttiva del
compendio dichiarativo – identicamente esposto nel provvedimento

apprezzamenti circa la sostanziale conformità delle dichiarazioni, loro
estrema precisione e perfetta coerenza. Anche i sopravvenuti apporti
dichiarativi – quelli oggetto della produzione da parte del PM in sede di
udienza – sono considerati sintetizzandone il contenuto ed affasciandoli
nello stesso generico 5. Risulta affermazione priva di reale
giustificazione quella della sovrapponibilità delle dichiarazioni, senza che
essa abbia comportato una analisi del loro contenuto volta ad
individuare le circostanze di fatto – in relazione alle quali predicare la
sovrapponibilità – che consentano di individuare condotte ascrivibili
all’indagato – che, va ribadito, non è attinto da alcuna ipotesi
riguardante reati-fine – idonee a giustificare, sul piano della gravità
indiziaria, l’ipotizzato ruolo partecipativo. 6. Anche quella resa in
relazione ai riscontri alle dichiarazioni è motivazione che sfugge alle
regole prima richiamate quando si limita a rinviare ai controlli effettuati
e ad una sentenza rispetto alla quale non è giustificata la pertinenza
rispetto al tema della partecipazione al contesto mafioso ipotizzato».

2. Con ordinanza del 21/08/2013, il Tribunale del Riesame di
Napoli, pronunciandosi in sede di rinvio, confermò nuovamente
l’ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal giudice per le
indagini preliminari anche alla stregua delle nuove emergenze istruttorie
prodotte dal Pubblico Ministero.

3. Avverso la suddetta ordinanza, MIRAGLIA Claudio, in proprio,
ha proposto ricorso per cassazione deducendo la

VIOLAZIONE DEGLI ARTr.

192 – 273 – 292 COD. PROC. PEN.: il ricorrente, dopo avere premesso che,
nei suoi confronti, avevano reso dichiarazioni accusatorie i collaboratori
Di Lanno Biagio, Chianese Giovanni, Piana Giovanni, Guadagno Vincenzo

2

genetico – il cui contenuto narrativo è suggellato da apodittici

e Pirozzi Giuliano, sostiene che il Tribunale non si era adeguato al
principio di diritto secondo il quale, per assurgere a gravità indiziaria, le
dichiarazioni accusatorie debbono avere riscontri esterni che, però, nella
fattispecie, non erano stati evidenziati.
Il ricorrente sostiene che l’ordinanza impugnata, pur basandosi

conferma delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, aveva,
tuttavia, trascurato una serie di elementi contrari consistenti nella
circostanza che non vi era alcuna prova sulla sussistenza dell’affectio
societatis non essendo, a tal proposito, sufficiente che esso ricorrente
«fosse entrato in rapporti con l’associazione magari traendone
giovamento o che avesse fornito un contributo anche fattivo a singoli
associati».
Il ricorrente, lamenta, infine, la violazione dell’art. 292 cod. proc.
pen. in quanto, a suo dire, il tribunale avrebbe recepito in modo acritico
una nota dei C.C. del 26/07/2013, incappando così nello stesso vizio
motivazionale già censurato dalla sentenza di annullamento.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il Tribunale, colmando la lacuna motivazionale evidenziata nella
sentenza di annullamento, ha ripercorso tutto il compendio indiziario a
carico del ricorrente (dichiarazioni accusatorie di cinque collaboratori di
giustizia; contenuto delle intercettazioni ambientali di dialoghi
intervenuti in carcere) e, dopo un’accurata e minuziosa analisi delle
varie dichiarazioni (riportate per esteso), ha concluso che:
a) le dichiarazioni – precise, dettagliate e specifiche e, quindi,
reciprocamente riscontrate – erano concordi nell’indicare che il Miraglia
era il braccio operativo del clan Ferrara/Cacciapuoti per la gestione del
traffico di stupefacenti, rivestendo un ruolo di fiducia

«per i clan

operanti in zone diverse da Villaricca in contatto con il clan Ferrara;
nonché quello di creare ed assicurare i contatti tra associati e con
trafficanti internazionali»;

3

sugli esiti delle intercettazioni ambientali che costituirebbero una

b) il Miraglia, in numerose occasioni, a seguito di controlli di polizia
era stato trovato in compagnia dei coindagati Maglione, Ciccarelli e Di
Lanno (ossia uno dei principali accusatori);
c) la tesi difensiva con la quale erano state mosse censure al
valore indiziario delle propalazioni del Pirozzi erano infondate;

aggravato a seguito degli esiti delle ulteriori indagini «alimentate dal
contenuto delle intercettazioni ambientali relative ai colloqui in carcere
intrattenuti» dal Miraglia, spiegando le ragioni per le quali quelle
intercettazioni erano pregiudizievoli.
La suddetta motivazione è congrua, adeguata e coerente con gli
evidenziati elementi probatori, sicchè deve ritenersi ampiamente
colmata la lacuna motivazionale evidenziata da questa Corte con la
sentenza di annullamento.
In particolare, il tribunale, adeguandosi ai costanti principi di
diritto enunciati da questa Corte di legittimità in ordine alla valutazione
delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ha chiarito le ragioni per
le quali, le suddette dichiarazioni dovevano ritenersi attendibili e quali
fossero gli elementi di riscontro.
A fronte della suddetta motivazione, il ricorrente si è limitato, per
gran parte, ad una mera enunciazione di pacifici principi di diritto, ma
senza indicare come e perché sarebbero stati violati dal tribunale (cfr
pag. 3-4 del ricorso).
Non spiega, poi, il ricorrente, le ragioni per le quali gli elementi
fattuali evidenziati dal Tribunale non avrebbero alcuna gravità indiziaria
in ordine alla sussistenza dell’ affectio societatis (cfr pag. 4 secondo
motivo del ricorso).
Infine, generica è la censura in ordine alla dedotta violazione
dell’art. 292 cod. proc. pen. (pag. 4 ss : terzo motivo) atteso che il
ricorrente si è limitato ad invocare notorie massime giurisprudenziali ma
senza spiegare le ragioni per le quali dovrebbero applicarsi al caso di
specie.
In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

4

d) il quadro indiziario a carico dell’indagato si era ulteriormente

P.Q.M.
RIGETTA
il ricorso e
CONDANNA

-`‘

il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Roma 12/03/2014
IL PRESIDENTE
(Dott. A

nio Esposito)

Si provveda ai sensi dell’art. 94 ter disp. att. cod. proc. peri.

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