Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14604 del 12/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 14604 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
DE BERNARDIS FABIO nato il 12/07/1962, avverso l’ordinanza del
30/10/2013 del Tribunale del Riesame di Roma;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Massimo Galli che ha
concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alle esigenze
cautelari;
udito il difensore avv.to Vincenzo Galassi che ha concluso per
l’accoglimento
FATTO
1. Con ordinanza del 30/10/2013, il Tribunale del Riesame di
Roma confermò l’ordinanza con la quale, in data 10/10/2013, il giudice
per le indagini preliminari del tribunale di Frosinone, aveva applicato a
DE BERNARDIS Fabio la misura degli arresti domiciliari in quanto
indagato per vari episodi di usura aggravata e di un episodio di
estorsione.

Data Udienza: 12/03/2014

2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo:
2.1. la MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE in ordine:
2.1.1. all’usura ed all’estorsione nei confronti di Cortina Giovanni:

erano affatto marginali e fisiologiche come ritenuto dal tribunale,
essendo, al contrario, gravemente contraddittorie e quelle rese dalle
persone informate sui fatti, erano compiacenti e prive di coerenza. In
realtà, esso ricorrente aveva negato di avere elargito al Cortina un
prestito di C 10.000,00 in denaro contante e di averne ricevuto la
restituzione; in realtà, egli aveva avuto con il Cortina soltanto un
rapporto di lavoro relativo alla ristrutturazione di un locale sito in
Frosinone, che doveva essere adibito ad attività di pub birreria.
L’inconsistenza indiziaria in ordine al reato di usura si riverberava anche
sul reato di estorsione, non essendo possibile configurarlo in mancanza
di indizi sulla promessa o corresponsione di interessi usurari;
2.1.2. all’usura nei confronti di Masi Gianluca: il ricorrente sostiene
che il rapporto con il Masi andava inquadrato nell’ambito di un più vasto
rapporto commerciale fra la GR Auto e la DB Motors avente per oggetto
un contratto di associazione in partecipazione per il commercio di
autoveicoli, a seguito del quale la DB Motors aveva ricavato un margine
lordo del 25%;
2.1.3. all’usura nei confronti di Avella Alfredo: il ricorrente sostiene
che, erroneamente, il Tribunale aveva ritenuto inverosimile la tesi
difensiva, senza essersi soffermato ad esaminare i motivi dedotti;
2.1.4. all’usura nei confronti di Dell’Uomo Monica: il ricorrente
sostiene che il tribunale aveva pretermesso le doglianze dedotte in
particolare quella secondo la quale la società del ricorrente vantava nei
confronti della CM srl di Dell’Uomo, un credito di C 29.750,00 a seguito
di numerosi rapporti lavorativi, essendo consuetudine del ricorrente
affidare i lavori edili a ditte esterne fra cui, appunto, quella di
Dell’Uomo;

2

il ricorrente sostiene che le dichiarazioni accusatorie del Cortina non

2.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

274

COD. PROC. PEN.

per avere il tribunale

omesso qualsiasi motivazione in relazione alle doglianze dedotte in
ordine alla insussistenza delle esigenze cautelari sia sotto il profilo della
mancanza di recidiva, del pericolo di inquinamento probatorio.

1. ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE:

Il tribunale, in cinque pagine, ha

preso in esame, una per una le varie imputazioni a carico del ricorrente
ed ha evidenziato gli indizi, per ciascuna di esse, costituiti
sostanzialmente: a) dalle dichiarazioni accusatorie delle varie vittime; b)
da riscontri testimoniali; c) da riscontri bancari e documentali.
Il tribunale, ha anche preso in esame, di volta in volta, la tesi
difensiva, ma l’ha disattesa con puntuale motivazione spiegandone le
ragioni.
Infine, il tribunale, come ulteriore indizio, ha evidenziato che a
carico del ricorrente sussisteva una

«convergenza delle accuse

provenienti da persone che non risulta si conoscano tra loro, e,
soprattutto, che non risulta che avessero motivo per avanzare denunce
calunniose».
In questa sede, il ricorrente, non ha evidenziato manifeste
illogicità nella motivazione del tribunale, ma ha sostenuto che quella
motivazione sarebbe illogica sol perché aveva disatteso la tesi difensiva.
In altri termini, il ricorrente, non si è misurato con la motivazione
del Tribunale, ma si è limitato a ribadire, per ogni episodio, la propria
tesi difensiva, tentando, quindi, in modo surrettizio, di ottenere in sede
di legittimità, una nuova ed alternativa valutazione di merito dello
stesso compendio probatorio.
Va, infine, osservato che, in questa fase cautelare, è sufficiente la
sola gravità degli indizi e non anche la precisione e concordanza
(peraltro evidenziata dal tribunale con l’osservazione secondo la quale le
accuse erano convergenti in quanto provenivano da diverse persone che
non si conoscevano fra di loro), gravità che deve ritenersi sussistente in
quanto gli indizi indicati dal tribunale, per ogni episodio, sono numerosi.

3

DIRITTO

2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

274

COD. PROC. PEN. :

ugualmente infondata

deve ritenersi la doglianza in ordine alla dedotta violazione dell’art. 274
cod. proc. pen. in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal
ricorrente, il tribunale a pag. 5 dell’ordinanza, sia pure in modo

ricorrente – le ragioni per le quali dovevano ritenersi sussistenti sia il
pericolo di recidiva (derivante dalla circostanza che «i fatti contestati
occupano un periodo di tempo ampio […]» nonché dalla circostanza che
sono attualmente pendenti procedimenti civili contro le vittime
dell’usura con finalità esecutive) che quello di inquinamento probatorio
(desunta, fra l’altro, dalla circostanza che il ricorrente, «per sviare le
indagini, aveva fatto incassare assegni a parenti ed amici ricorrendo a
operazioni extraconto, confezionando falsi contratti e predisponendo
contabili bancarie non corrispondenti al reale atteggiarsi dei rapporti
sottostanti»).
A fronte della suddetta motivazione, il ricorrente, ha ribattuto che
non era vero che aveva promosso azioni esecutive e che il pericolo di
inquinamento probatorio non era più attuale.
Al che deve replicarsi che:
a) è lo stesso ricorrente che riconosce l’esistenza di cause civili
pendenti contro le parti offese, finalizzate ad ottenere, ovviamente, titoli
esecutivi e, in un caso, anche l’intervento in una procedura esecutiva;
b) non è contestata la circostanza che «i fatti contestati occupano
un periodo di tempo ampio»:

il che è indice, come correttamente

stigmatizzato dal tribunale, di un’attività criminosa costante e reiterata
nel tempo che assume una valenza negativa ai fini della prognosi sulla
recidiva;
c) il comportamento tenuto per sviare le indagini non è contestato
ma è stato, in modo singolare, assunto dal ricorrente per sostenere
proprio l’insussistenza del pericolo di inquinamento probatorio e,
comunque, della mancanza di attualità: al che deve replicarsi che il
giudizio del tribunale appare corretto e non censurabile tanto più ove si
consideri che, proprio grazie alla misura cautelare, quei comportamenti,

4

sintetico, ha efficacemente spiegato – disattendendo le censure del

sintomatici

di

un’attività

di

inquinamento

probatorio ancora

potenzialmente attuali per quanto risulta dall’impugnata ordinanza, sono
stati sventati.

3.

In conclusione,

l’impugnazione deve rigettarsi con

processuali.
P.Q.M.
RIGETTA
il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 12/03/2014
IIJPRESIDENTE
(Dott.

Esposito)

conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese

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