Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1460 del 28/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1460 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MORANDI LUIGI N. IL 28/08/1954
avverso la sentenza n. 1417/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/06/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
,
5Airk íz:A
11.447-v-Ir)

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/11/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 17.6.2011, la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della
pronuncia del locale Tribunale, ha ridotto a giorni 20 di reclusione la pena detentiva nei
confronti di Morandi Luigi sostituendola con quella pecuniaria di C. 760,00 di multa, in
ordine al reato di cui all’art. 37 della legge 24.11.1981 n. 689 (capo A), di cui
l’Imputato era stato ritenuto colpevole per omessa denuncia mensile all’INPS (Mod. DM
10).
2. Deducendo l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 649 cpp nonchè la

mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (in ordine alla
mancata applicazione della prescrizione), l’imputato, tramite Il difensore, ricorre per
cassazione contro la predetta sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Col primo motivo il ricorrente denuncia la violazione della legge penale in
relazione all’art. 649 cpp osservando che nel caso di specie non poteva essere
promossa l’azione penale per il principio del ne bis in idem, il cui effetto preclusivo non
riguarda esclusivamente le sentenze o i decreti penali Irrevocabili, ma va inteso in
senso allargato, con riferimento quindi ai casi in cui il procedimento sia ancora
pendente.
Questa censura, che non ricostruisce neppure con chiarezza la vicenda
processuale (violando così anche il disposto dell’art. 581 lett. c cpp), è manifestamente
Infondata e quindi inammissibile.

1.2. Dalla sentenza impugnata risulta che l’originario decreto penale (n. 4198/08)
emesso nei confronti del Morandi per le violazioni in materia previdenziale era stato
revocato dal GIP per impossibilità di notifica al domicilio dell’imputato e gli atti erano
stati restituiti al pubblico ministero Il quale successivamente aveva richiesto
l’emissione di altro decreto penale, sfociato poi nel giudizio di opposizione.
Secondo la previsione dell’art. 649 cpp il divieto del ne bis in idem opera in caso di
precedente proscioglimento o condanna dell’imputato con sentenza o decreto penale
divenuto irrevocabile.
Questa Corte non ignora l’orientamento giurisprudenziaie che estende la regola
del divieto del ne bis in idem anche al caso di processi pendenti (anche se in fase o
grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio dei P.M
(cfr. cass. Sez. U, Sentenza n. 34655 del 28/06/2005 Cc. dep. 28/09/2005 Rv. 231800
invocata dal ricorrente), ma rileva che tale orientamento muove da un presupposto di
fatto che qui non ricorre, cioè ‘la duplicazione dei pracessr: infatti, nei caso di specie,
Il procedimento penale era ed è rimasto unico anche dopo la revoca del decreto penale
4198/08 per impossibilità di notifica al domicilio dell’imputato e la restituzione degli
atti al pubblico ministero da parte del giudice per le indagini preliminari. D’altro canto il
ricorrente non spiega neppure quale sarebbe stata nel caso concreto l’iniziativa che il

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giudice avrebbe dovuto adottare qualora avesse ritenuto di non revocare il decreto
penale.
2. Col secondo motivo si deduce il vizio di motivazione (art. 606 comma 1 lett. e
cpp) in ordine al rigetto della richiesta di non doversi procedere per prescrizione,
rilevandosi che il decreto penale revocato non aveva effetto interruttivo della
prescrizione, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, perché l’atto
revocato in forza del potere di ritrattazione di chi l’ha emanato semplicemente non è
più, ripristinandosi così lo status quo ente, con l’ulteriore conseguenza che se Il decreto

penale è manifestazione della volontà punitiva dello Stato, la revoca dello stesso non
può non essere la revoca della medesima manifestazione di volontà punitiva.
La censura, impostata solo sui vizio motivazionale, è inammissibile per manifesta
Infondatezza.
Il controllo del giudice dl legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza
strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico
angomentatIvo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass.
6.6.06 n. 23528).
L’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve
essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il
sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza,
restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni
difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili
con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni
del convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep.
24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Nella fattispede, all’esame della Corte, il giudice di merito ha considerato che
anche il decreto penale successivamente revocato costituisce un atto interruttivo della
prescrizione essendo pur sempre manifestazione della volontà punitiva dello Stato.
La motivazione è logicamente coerente e conforme al diritto perché il decreto
penale di condanna interrompe la prescrizione dalla data della sua emissione e non da
quella della sua notificazione all’imputato (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 40281 del
26/09/2007 Ud. dep. 31/10/2007 Rv. 237885; Sez. 1, Sentenza n. 4896 del
10/04/1996 Ud. (dep. 15/05/1996 ) Rv. 204641;Sez. 1, Sentenza n. 10944 del
05/10/1995 Ud. dep. 04/11/1995 Rv. 202689). Dal giorno della interruzione la
prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere (art. 160 cp).
La successiva revoca del decreto penale non produce alcun effetto ai fini della
interruzione della prescrizione e comunque l’atto interruttivo va considerato nella sua
valenza oggettiva, univocamente denotante la volontà punitiva dello Stato, che è
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irretrattabile (cfr. sulla irretrattabilltà della volontà punitiva, Sez. 5, Sentenza n. 3130
del 12/02/1997 Ud. dep. 02/04/1997 Rv. 207812)
L’inammissibilità del ricorso per cessazione dovuta alla manifesta infondatezza dei
motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude,
pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’art. 129 c.p.p. (cass. sez. 3, Sentenza n. 42839 del 08/10/2009 Ud. dep.
10/11/2009; CASI:. Sez. 4, Sentenza n. 18641 del 20/01/2004 Ud. dep. 22/04/2004;

questione della prescrizione del reato non può essere affrontata.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
Inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna Il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Cosi deciso in Roma, il 28.11.2012.

sez. un., Sentenza n. 32 del 22/11/2000 Cc. (dep. 21/12/2000): pertanto, la

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