Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14507 del 09/03/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 14507 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Baldi Carla, n. a Bucine il 6/3/1958
Salucci Mario, n. a Montevarchi il 13/971958

avverso la sentenza del 21/3/2014 della Corte di appello di Firenze

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli che ha concluso chiedendo dichiarare inammissibile i ricorsi
udito per i ricorrenti il difensore, avv. Alberro Rocca che ha concluso chiedendo
l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

i. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha
confermato la sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Arezzo che, concesse le circostanze attenuanti generiche e con la diminuente del
rito abbreviato, ha condannato Baldi Carla e Salucci Mario alla pena, sospesa per
Baldi Carla, di anni uno e mesi quattro di reclusione. Gli imputati sono stati

Data Udienza: 09/03/2016

condannati, altresì, al risarcimento dei danni, da liquidare in separata sede, in
favore della parte civile. Baldi Carla e Salucci Mario sono stati riconosciuti
responsabili del reato di calunnia (art. 368 cod. pen.) per avere, in concorso tra
loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, la Baldi con
denuncia di smarrimento nella quale affermava, contrariamente al vero, di avere
smarrito un assegno bancario che il Salucci aveva consegnato, dopo averlo
completato, a Veneri Luciano, incolpato il predetto, pur sapendolo innocente, del
reato di cui all’art. 648 cod. pen., in Montevarchi il 14.2.2007.

ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., il difensore deduce i vizi di
violazione di legge e vizi della motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza
del dolo concorsuale del reato di calunnia. Evidenzia che il reato di calunnia è
riconducibile a due segmenti, uno, la proposizione della – asserita – falsa
denuncia di smarrimento, ascrivibile alla sola Baldi, in mancanza della prova che
la stessa fosse consapevole della avvenuta negoziazione del titolo, l’altro,
relativo alla negoziazione del titolo, previa compilazione dello stesso nella parte
relativa all’importo ed alla data di scadenza del pagamento, al solo Salucci, in
mancanza di prova della conoscenza da parte di questi della proposizione della
denuncia di smarrimento che, peraltro, sarebbe stata presentata circa due mesi
dopo la consegna dell’assegno al Veneri. Sostiene la difesa che, in difetto della
prova del concerto o accordo intervenuto tra gli imputati non può ritenersi
integrato l’elemento psicologico del reato che presuppone, in capo a ciascuno dei
due agenti, la consapevolezza della falsità della denuncia di smarrimento e la
strumentalità della stessa in ragione dell’avvenuta consegna del titolo a persona
determinata, circostanza questa non nota alla Baldi, che non aveva mai
partecipato alle trattative per i lavori con il Veneri e, la prima, sconosciuta al
Salucci al momento della consegna del titolo, avvenuta circa due mesi prima
della denuncia di smarrimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato / poiché rimette
alla Corte, sotto la parvenza di vizi di violazione di legge e di vizio di motivazione
per manifesta illogicità, questioni di merito, sollecitando al giudice di legittimità
una diversa lettura del materiale di prova in relazione alla sussistenza
dell’elemento psicologico del reato, sul quale si è soffermato diffusamente il
giudice di primo grado con argomentazioni richiamate nella sentenza impugnata,
evidenziando elementi di prova con i quali non si confrontano i motivi di ricorso.
2. La difesa, infatti, a sostegno della illogicità della motivazione, ha

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2. Con i motivi di ricorso, comuni ad entrambi gli imputati e qui sintetizzati

richiamato la prova formatasi intorno al segmento della condotta ascritta a
ciascuno degli odierni ricorrenti pretermettendo, tuttavia, le dichiarazioni rese
dal Veneri, sulla causale e modalità di consegna del titolo da parte del Salucci
dell’assegno recante la sottoscrizione della moglie, Baldi Carla, che era anche
intestataria delle fatture relative ai lavori eseguiti dal Veneri in favore della
coppia di coniugi, e la ricostruzione della successiva circolazione del titolo,
elementi, viceversa, valorizzati dal giudice di primo grado prima e dalla Corte di
appello poi, ai fini della condanna. Dalla sentenza di primo grado si rileva, infatti,

dal Salucci il 3 dicembre 2006, postdatato al 10 febbraio 2007, data in cui il
Veneri lo aveva versato in banca, come convenuto, e che al momento del
protesto dell’assegno, per mancanza di fondi, il Veneri aveva chiamato il Salucci
che aveva tergiversato sul pagamento.
3. Ritiene il Collegio che, con motivazione del tutto logica e congruente, il
Tribunale prima e la Corte di appello poi hanno valorizzato la descritta tempistica
al fine di ritenere comprovata la reciproca consapevolezza dei due imputati della
falsità della proposta denuncia di smarrimento, e, quindi, della sottostante
concertazione tra loro intervenuta, avendo posto in essere azioni tra loro
sinergiche e funzionali ad impedire il pagamento del titolo ed a precludere al
Veneri il diritto di agire in via esecutiva contro il debitore sulla base del titolo
protestato. La ritenuta configurabilità del reato si fonda, dunque, su elementi di
prova indiziari ma univoci e idonei a denotare l’elemento psicologico del reato sia
in capo all’autore materiale della denuncia, cioè la Baldi, che era anche
l’intestataria delle fatture relative ai lavori eseguiti dal Veneri e, quindi, a
conoscenza del pagamento tanto da avere sottoscritto il titolo in questione, che
del Salucci, che aveva consegnato il titolo al prenditore, post datato ai fini
dell’incasso ad epoca prossima a quella in cui la Baldi avrebbe poi proposto
denuncia di smarrimento (14 febbraio 2007), conclusione alla quale il giudice di
merito è pervenuto valorizzando anche il dato che alcuna resipiscenza da parte
degli imputati vi era stata nel momento in cui avevano appreso che l’assegno
era stato posto all’incasso dal prenditore; la inattendibilità delle dichiarazioni
rese dal Salucci, sul sottostante rapporto intercorso con il Veneri, poiché aveva
sostenuto trattarsi di un assegno consegnato “a titolo di cortesia”, onde negare il
danno derivatone al Veneri e dalla Baldi, che aveva sostenuto di avere sporto la
denuncia di smarrimento degli assegni su consiglio del direttore della banca
poiché era sua intenzione chiudere il conto, circostanza smentita dal funzionario
escusso.
4. Consegue alla dichiarazione di inammissibilità la condanna dei ricorrenti,
a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., oltre che al pagamento processuali, al

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che il Veneri aveva riferito che l’assegno gli era stato consegnato in pagamento

pagamento della somma indicata in dispositivo in favore della cassa delle
ammende, essendo imputabile a colpa la determinazione della causa di
inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro millecinquecento in

Così deciso il 9 marzo 2016

favore della cassa delle ammende.

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