Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1444 del 14/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1444 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA GRADITO N. IL 25/12/1973
avverso l’ordinanza n. 532/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
03/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ‘è- .
14Q. y.R
che ha concluso per ft& ott ckeeckTocUL
Yete—Oir9,9

Udito, per la parte civile, l’Avv
(

Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 14/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. In data 8 giugno 2010 il GUP del Tribunale di Pescara dichiarava Bevilacqua
Gradito responsabile del reato di cui all’art. 9 comma 2 legge n.1423 del ’56 per
essere stato rinvenuto – in data 10 aprile 2009 – in luogo diverso da quello ove
gli era stato imposto il soggiorno.
In sede di decisione il GUP escludeva la concedibilità delle circostanze attenuanti

inizialmente tenuta dal Bevilacqua in sede di controllo di p.g. (l’imputato aveva
per due volte indicato false generalità).
La pena – applicata la diminuente del rito -veniva determinata in mesi dieci di
reclusione.
Avverso tale sentenza veniva proposto appello.
La Corte d’Appello di L’aquila con ordinanza emessa in data 3.5.2012 – oggetto
del ricorso qui in trattazione – ne dichiarava l’inammissibilità.
A parere della Corte territoriale i motivi addotti a sostegno del gravame esclusivamente incentrati sulle denegate attenuanti generiche – risultavano
generici, mancando la necessaria correlazione critica tra le ragioni espresse dal
giudice di primo grado e gli assunti apodittici e congetturali dell’appellante.
Da qui l’applicazione del principio posto dall’art. 581 comma 1 lett. c cod.
proc.pen, con conseguente declaratoria di inammissibilità.

2. Ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore – Bevilacqua
Gradito, articolando un unico motivo con cui si deduce violazione di legge e vizio
di motivazione.
Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale avrebbe fatto cattivo uso dei principi
evocati, confondendo la non condivisione delle argomentazioni esposte con il
vizio di aspecificità. L’atto d’appello indicava chiaramente i punti della decisione
impugnata – relativi alle modalità di determinazione del trattamento
sanzionatorio – ed esprimeva puntuali doglianze. Si rappresenta, pertanto,
l’esistenza di un vizio di travisamento dei contenuti dell’atto di appello, di certo
sindacabile in sede di legittimità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato, per le ragioni che seguono.
Nel caso in esame va fatta applicazione del principio – più volte ribadito da
questa Corte – secondo cui risulta generico il motivo d’appello che si limiti ad una
2

generiche, in ragione dei numerosi precedenti penali a carico e della condotta

generica illustrazione delle disposizioni normative di riferimento, senza
esplicitare in modo chiaro le censure mosse e che non illustri le ragioni
dell’asserita erronea valutazione delle prove, arrestandosi alla prospettazione di
astratte plurime spiegazioni dei comportamenti all’imputato (di recente, Sez. VI
n. 21873 del 3.3.2011, rv 250246).
A tal proposito, può dirsi che l’obbligo di specificità dei motivi si traduce in un
dovere di «adeguata confutazione» delle ragioni esposte nel provvedimento
impugnato a sostegno della decisione presa.

delle circostanze attenuanti generiche, non soddisfano tale requisito, come
osservato dalla Corte territoriale, posto che risultano formulate in astratto e con
mera elencazione di precedenti giurisprudenziali, senza tuttavia contenere
adeguato riferimento ai motivi (rilievo dei precedenti e condotta tenuta dal
Bevilacqua in sede di primo controllo) che secondo il giudice di primo grado
portavano ad esprimere il diniego.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Le censure mosse dal Bevilacqua nell’atto di appello, al diniego di riconoscimento

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