Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1443 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1443 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Ciccone Raffaele, nato a San Giuseppe Vesuviano il 12.3.1974,
avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli, in data 11.6.2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott.ssa Elisabetta
Cesqui, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza del 19.3.2013, la Corte d’Assise di Napoli rigettò la richiesta
di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare ai sensi dell’art.
297 comma 3 cod. proc. pen.

Data Udienza: 09/01/2014

Avverso tale provvedimento l’imputato propose appello, ai sensi
dell’articolo 310 cod. proc. pen., ma il Tribunale di Napoli, con ordinanza in data
11.6.2013, respinse l’impugnazione.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto, premesso che:
a) nei confronti di Ciccone Raffaele (iscritto nel proc. 50096/R/1/C per il
reato di cui all’art. 630 cod. pen. in data 30.9.2010, ma già destinatario
di indagini nel proc. 539673/2019 mod. 44 in relazione al sequestro

Buglione) era stata emessa il 22.9.2010 dal G.I.P. presso il Tribunale di
Nola ordinanza di custodia in regime di arresti domiciliari (a seguito di
perquisizione del 18.9.2010, nel corso della quale erano stati rinvenuti e
sequestrati una carta d’identità falsa ed un codice fiscale intestati a Raiola
Raffaele e di arresto del 19.9.2010) per il reato di cui all’art. 497 bis c. 2
cod. pen.;
b) nei confronti dello stesso Ciccone in data 25/10/2011 fu emessa
ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 630
cod. pen. commesso dal 12 al 14.9.2010, sulla base di elementi già in
possesso della Procura della Repubblica a far data dalla ordinanza del
22.10.2010, indicata sub a);
il Tribunale avrebbe affermato l’assenza di connessione qualificata fra i
reati oggetto delle due ordinanze indicate, sull’assunto che il documento
intestato a Raiola Raffaele non sarebbe stato utilizzato nella condotta
contestata nel secondo procedimento; la falsificazione dei documenti
rientrerebbe in un unico programma criminoso comprendente anche la
falsificazione di altri documenti strumentali all’acquisto di schede
telefoniche per il compimento del sequestro di persona; tale sequestro si
è consumato il 12.9.2010 e da ciò conseguirebbe la retrodatazione della
seconda ordinanza posto che il collegamento di cui all’art. 81 prescinde
dalla conoscibilità al momento della prima ordinanza (Cass. Sez. 6^ n.
2482/1996 Rv. 205895);
2. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la retrodatazione
opererebbe anche in procedimenti di competenza di autorità giudiziarie
diverse ove non sussista la connessione qualificata ove sussistano
l’anteriorità dei fatti e la desumibilità degli stessi prima del rinvio a
giudizio; il Tribunale ha escluso che dagli atti fossero desumibili elementi
per l’emissione della seconda ordinanza a far tempo dalla emissione della
prima; risulta invece che da epoca antecedente l’emissione della prima
ordinanza era stata accertata la riconducibilità a Ciccone dell’utenza
3319957828 (usata per il sequestro) ed il rinvenimento nel computer

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dello stesso di copia della carta d’identità Maresca, con al quale erano
state attivate le utenze utilizzate per il sequestro di persona; tale
elemento o sarebbe irrilevante, facendo venir meno uno dei presupposti
più importanti dell’ordinanza di custodia cautelare, oppure avrebbe
dovuto condurre alla tempestiva richiesta di tale misura; peraltro in una
pen drive rinvenuta in possesso di Ciccone erano scannerizzati molti
documenti d’identità e ciò connoterebbe di connessione qualificata i reati

di cui alle due ordinanze.

Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso è infondato.
La Corte d’assise prima ed il Tribunale in sede di appello poi, hanno escluso
che nel caso in esame fosse ravvisabile una connessione qualificata dal momento
che la carta d’identità contraffatta intestata a Raiola Raffaele non era stata
utilizzata per il sequestro di persona.
Tale valutazione è corretta, posto che nel brano della sentenza del
Tribunale di Noia, citato nel ricorso, si afferma che Ciccone era inserito in circuiti
criminali costantemente dediti alla falsificazione di documenti.
Questa Corte ha infatti chiarito che la unicità del disegno criminoso,
necessaria per la configurabilità del reato continuato e per l’applicazione della
continuazione in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale tendenza a
porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita che implica
la reiterazione di determinate condotte criminose, atteso che le singole violazioni
devono costituire parte integrante di un unico programma deliberato nelle linee
essenziali per conseguire un determinato fine, richiedendosi, in proposito, la
progettazione “ah origine” di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti
almeno nelle loro caratteristiche essenziali. Deve, dunque, escludersi che una
tale progettazione possa essere presunta sulla sola base del medesimo rapporto
di contrasto esistente tra i soggetti passivi e l’autore degli illeciti, come pure
sulla base dell’identità o dell’analogia dei singoli reati o di un generico contesto
delittuoso, ovvero ancora della unicità della motivazione o del fine ultimo
perseguito, occorrendo invece che il requisito in questione trovi dimostrazione in
specifici elementi atti a far fondatamente ritenere che tutti gli episodi siano frutto
realmente di una originaria ideazione e determinazione volitiva. (Cass. Sez. 2^
sent. n. 18037 del 7.4.2004 dep. 19.4.2004 rv 229052).
Il secondo motivo di ricorso è infondato.
In tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare
in caso di più misure emesse nei confronti della stessa persona, non deve

3

confondersi il concetto di desumibilità dei fatti, contenuto nel comma terzo
dell’art. 297 cod. proc. pen., con i concetti di conoscenza o conoscibilità. Detto
concetto presuppone una valutazione riconducibile a una “quaestio facti” che il
giudice di legittimità può esaminare esclusivamente sotto il profilo della logicità e
coerenza descrittiva delle emergenze processuali e probatorie, nonché sotto il
profilo della congruenza e non contraddittorietà delle valutazioni operate dal
giudice di merito. (V. Cass. Sez. 6, sent. n. 12676 del 20.12.2006 dep.
27.3.2007 rv 236829).

l’arresto di uno dei coimputati il 3.11.2010 (quindi dopo il rinvio a giudizio in
data 2.10.2010 per il primo reato) e dalla informativa della polizia giudiziaria.
In tale motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma

1

ter,

delle

disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa
sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi
ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo
94.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter, disp. att. co proc. pen.

Così deliberato il giorno 9.1.2014.
Il Consigliere estensore
Pierc.

se

oavigo

Il Tribunale ha affermato che tale desumibilità è intervenuta soltanto con

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