Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14409 del 28/01/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14409 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LA VARDERA MARCO N. IL 27/06/1980
avverso la sentenza n. 3642/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 24/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;
Data Udienza: 28/01/2014
R.G. 28551/2013
Considerato che:
La Vardera Marco ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Palermo del 24/1/2013, che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di
Termini Imerese sez. dist. di Cefalù del 15/2/2011, rideterminava la pena
inflittagli ad anni due e mesi uno di reclusione ed C 606,00 di multa, riconosciuta
l’ipotesi di cui all’art. 648 cpv. cod. pen, chiedendone l’annullamento ai sensi
relazione all’art. 192 e 125 cod. proc. pen. per essere la motivazione mancante
o apparente.
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più
favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado e
confermata dalla sentenza di appello, che si è limitata a ridurre la pena. In
sostanza si ripropongono questioni di mero fatto che implicano una valutazione
di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi logici; segnatamente dalla lettura della sentenza della Corte
territoriale non emergono, nella valutazione delle prove, evidenti illogicità,
risultando, invece, l’esistenza di un logico apparato argomentativo sulla base del
quale si è pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento
alla responsabilità dell’imputato in ordine al fatto ascrittogli; in tal senso si è
fatto riferimento ad una serie di elementi di fatto dai quali è stata desunta la
prova della contraffazione. Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte
della Corte di legittimità (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez..
U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 28 gennaio 2014
dell’art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen.; deduce la violazione di legge in