Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14406 del 28/01/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14406 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PADERNI SIMONA N. IL 24/01/1978
avverso la sentenza n. 710/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
07/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;
Data Udienza: 28/01/2014
R.G. 28496/2013
Considerato che:
Paderni Simona ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Brescia del 7/5/2013, confermativa della sentenza del Tribunale di Brescia del
30/11/2012, con la quale era statq condannatq alla pena di mesi dieci e giorni
venti di reclusione ed C 200,00 di multa per il reato di cui all’art. 628 comma 2
cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed
e) cod. proc. pen.; deduce l’erronea applicazione della legge penale e la
di penale responsabilità dell’imputatck in ordine ai reati a 11.4 ascrittéalla luce delle
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doglianze mosse con l’atto di appello. i-t- clodUg2A444- 1-14 ,0 44, 44 ti,“4.,e-4 o Z4.24 4.
(Ami 1£4.44, “, tete 4…a.t.;
Nella sentenza risultano affrontate tutte le questioni dedotte nel ricorso e
che peraltro erano già state proposte in appello. Deve, infatti, a questo riguardo
rilevarsi che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non
possono essere riproposte questioni che avevano formato oggetto dei motivi di
appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori
logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di
riproposizione di una delle dette
questioni con ricorso per cassazione, che la impugnazione deve essere
dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606, terzo comma, ultima parte, cod.
proc. pen. Con particolare riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti
contestati la Corte territoriale ha evidenziato come l’azione di violenza in danno
del vigilante fosse stata poste’ in essere immediatamente dopo
l’impossessamento della merce, senza soluzione di continuità, con l’evidente
finalità di procurarsi l’impunità.
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 28 gennaio 2014
D E- P 0,9 TATA 1
mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riguardo all’affermazione