Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14403 del 28/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14403 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CONDRO’ CARMELO N. IL 14/05/1959
avverso la sentenza n. 420/2010 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 23/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 28/01/2014

R.G. 28431/2013
Considerato che:
Condrò Carmelo ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Catanzaro del 23/4/2013, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Vibo
Valentia sez. dist. di Tropea del 23/9/2009, dichiarava non doversi procedere per
il reato di cui al capo a) 474 cod. pen. perché estinto per prescrizione e
rideterminava la pena per il reato di cui al capo b) 648 cod. pen. in mesi sette di
reclusione ed C 90,00 di multa, chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606,

illogicità della motivazione nonché l’erronea applicazione degli artt. 474, 648
cod. pen. nonché la violazione dell’art. 157 cod. pen.,
Manifestamente infondati appaiono al Collegio i motivi di gravame
proposti. Difatti la sentenza impugnata, anche attraverso il richiamo alla recente
giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, rende adeguata
motivazione in ordine alla ritenuta integrazione, nella fattispecie oggetto del
presente ricorso, del reato di cui all’art. 474 cod. pen. contestato al capo a)
dell’imputazione, dichiarato prescritto e, conseguentemente, anche del reato di
ricettazione contestato al capo b). Il problema dell’inidoneità dei prodotti in
sequestro ad indurre in inganno il compratore è stato ripetutamente affrontato
da questa Corte di legittimità pervenendosi alla conclusione che la sussistenza di
detta circostanza non è idonea ad escludere l’integrazione del reato di cui all’art.
474 cod. pen. Trattasi, difatti, di norma rivolta alla tutela, in via principale e
diretta, non dell’acquirente dei prodotti recanti i marchi contraffatti, ma della
pubblica fede intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni
distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne
garantiscono la circolazione; la norma in esame configura un reato di pericolo,
per la cui integrazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non potendosi,
neppure, ritenere sussistente l’ipotesi del reato impossibile qualora la
grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere
la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (sez. 5 n. 33324 del
17/4/2008, Rv. 241347; sez. n. 20944 4.5.2012, Rv. 252836).
Quanto all’eccepita prescrizione, rileva la Corte che, in tema di
ricettazione, l’ipotesi attenuata di cui al secondo comma dell’art. 648 cod. pen.
non costituisce un’autonoma previsione incriminatrice ma una circostanza
attenuante speciale, con la conseguenza che, ai fini dell’applicazione della
prescrizione, deve aversi riguardo alla pena per il reato base e non a quella per
l’ipotesi attenuata (Sez. U. n. 9567 del 21/4/1995, Cosmo, Rv. 202003; sez. 2 n.
38803 del 14/10/2008, Geminiani, Rv. 241450). Peraltro la nuova disciplina
prevista dalla legge n.251 del 2005, nel caso di specie applicabile per quanto si

comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce la mancanza e manifesta

dirà in seguito, prevede che ai fini del calcolo del termine di prescrizione debba
essere considerato il massimo edittale della pena tenendo conto solo delle
circostanze aggravanti ad effetto speciale o per le quali è prevista una pena di
specie diversa. Ne consegue che il termine massimo di prescrizione nel caso di
specie, ai sensi degli artt. 157 e 161 cod. pen., risalendo il reato al 30/8/2004,
non era ancora decorso all’atto della pronuncia della sentenza di appello. Ed
ancora l’inammissibilità del ricorso per cassazione, che non consente il formarsi
di un valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e

impugnata con il ricorso (Sez. U. n. 33542 del 27/6/2001, Cavalera, Rv. 219531;
sez. U. n. 23428 del 22/3/2005, Bracale, Rv. 231164; sez. 3 n. 42839 del
8/10/2009, Imperato, Rv. 244999).
Le considerazioni sopra esposte impongono la dichiarazione di
inammissibilità del ricorso, cui consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 28 gennaio 2013

dichiarare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza

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