Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14399 del 28/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14399 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RESTIVO FILIPPO N. IL 19/09/1970
avverso la sentenza n. 4676/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 11/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 28/01/2014

R.G. 28390/2013
Considerato che:
Restivo Filippo ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Palermo del 11/4/2013, confermativa della sentenza del tribunale di Palermo del
3/10/2012, con la quale è stato condannato alla pena di anni quattro di
reclusione ed C 1000,00 di multa per il reato di cui agli artt. 110, 628 comma 3
nn. 1, 2 e 3 bis cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen.; deduce la contraddittorietà e manifesta

reietera le medesime argomentazioni con motivi aggiunti depositati il 17/1/2014.
Manifestamente infondato appare al Collegio il motivo di gravame
proposto; difatti il giudice di appello ha ritenuto adeguata la pena determinata
dal giudice di primo grado considerandola bene perequata rispetto al reale
disvalore del fatto, avendo preso in considerazione, a tal fine, il ruolo ricoperto
dal ricorrente nella rapina(g-on poteva, sulla base di valutazioni di fatto non
censurabili in questa sede, essere considerato di secondo piano . Nel ricorso si
prospettano esclusivamente valutazioni di elementi di fatto, divergenti da quelle
cui è pervenuto il giudice d’appello con motivazione sintetica, ma congrua ed
esaustiva, previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente
riproposti.
Le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di legittimità,
quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie.
(Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del
31.5.2000, Sakani, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv.
226074 ). Uniformandosi a tale costante orientamento che il Collegio condivide,
va dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

DEPOSITATA’

IN CANCELLERIA

Roma, 28 gennaio 2014

mancanza della motivazione con riguardo agli artt. 62 bis e 69 cod. pen. e

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