Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14394 del 28/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14394 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PULEO MAURIZIO N. IL 17/11/1977
avverso la sentenza n. 3096/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 17/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 28/01/2014

R.G. 28341/2013
Considerato che:
Puleo Maurizio ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Palermo del 17/1/2013, confermativa della sentenza del giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Palermo del 29/5/2012, con la quale è stato
condannato alla pena di anni tre di reclusione ed € 600,00 di multa per il reato
di cui agli artt. 61 n. 5, 628 comma 3 n. 3 quater cod. pen., chiedendone
l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.;

determinazione della pena.
Manifestamente infondato appare al Collegio il motivo di gravame
proposto; difatti il giudice di appello ha ritenuto adeguata la pena determinata
dal giudice di primo grado considerandola bene perequata rispetto al reale
disvalore del fatto, avendo preso in considerazione, a tal fine, le modalità della
condotta e la pericolosità dell’imputato. Nel ricorso si prospettano
esclusivamente valutazioni di elementi di fatto, divergenti da quelle cui è
pervenuto il giudice d’appello con motivazione sintetica, ma congrua ed
esaustiva, previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente
riproposti.
Le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di legittimità,
quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie.
(Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del
31.5.2000, Sakani, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv.
226074 ). Uniformandosi a tale costante orientamento che il Collegio condivide,
va dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 28 gennaio 2014

5TTI TATA
IN CANCELLERIA

deduce la violazione di legge e la carenza di motivazione con riguardo alla

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