Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14381 del 28/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14381 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FRANCAVILLA CIRO N. IL 13/09/1974
avverso la sentenza n. 512/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
18/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 28/01/2014

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 18/12/2012, la Corte di appello di Bari, confermava — quanto alla
responsabilità la sentenza del Tribunale di Foggia, in data 18/10/2010, che aveva dichiarato
Francavilla Ciro colpevole di ricettazione di una patente di guida, ma riduceva la pena
rideterminandola in anni due, mesi due e giorni venti di reclusione ed C. 1.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato deducendo violazione di legge e vizio della
motivazione in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio.

Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti nel giudizio
perchè manifestamente infondati.
Sono manifestamente infondate, in fatti, sono le censure in merito al trattamento
sanzionatorio in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi in cui la
determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice
ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove
adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si
richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 33773 del
29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’ stato, poi, ulteriormente precisato che la
specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata„ specie in
relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di
gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del
tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità
del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/W2009 Ud.
(dep. 18/09/2009) Rv. 245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della
misura media di quella edittale, ciononostante la Corte ha specificamente motivato
sull’entità della pena, chiamando in causa i pessimi precedenti penali dell’imputato fra i
quali va annoverata anche la condanna per partecipazione ad associazione di tipo mafioso.
Pertanto nessuna censura può essere mossa, sotto questo profilo,alla sentenza impugnata.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso, il 28 gennaio 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

CONSIDERATO IN DIRITTO

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